01-09-2011, 15.46.36 | #71 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Risparmiatevi la pena, madame…” disse De Jeon fissando Melisendra “… l’anima non esiste.” Fece un cenno col capo e alcune guardie portarono via le due prigioniere.
Malisendra e Giselle furono così messe su una tetra carrozza con le sbarre di ferro al posto dei finestrini. Questo sinistro mezzo attraversò le stradine della capitale, tra la folla che, riconosciuta la carrozza ed i suoi passeggeri, gridava ed inveiva contro i tiranni aristocratici e i corrotti ecclesiastici. Nella carrozza con le due donne vi erano altre due persone: un nobiluccio di mezz’età, ormai ammutolito ed intontito per lo spavento e l’ecclesiastico che i lettori hanno incontrato nella prigione del casermone, il vescovo de Touls. La carrozza prese allora una deviazione, penetrando nelle viuzze più interne, per tagliare poi verso la periferia e prendere la strada verso la famigerata fortezza di Arblues, luogo destinato ai nemici politici e avvolto da una sinistra fama di dolore, disperazione e dannazione. “Siamo perduti…” mormorò fissando il vuoto il nobiluccio fino ad allora perso nel suo silenzio. Giselle abbracciò la sua padrona e scoppiò a piangere. “Facciamoci forza, fratelli…” sospirò il vescovo “… anche Nostro Signore fu condannato dai Suoi carnefici… confidiamo nella Sua Misericordia e nella Sua Gloria…” “Hanno ragione i Ginestrini!” Urlò all’improvviso il nobiluccio, come vinto dalla disperazione più profonda. “Non vi è nessun Dio! Altrimenti sarebbe qui a salvarci! A salvare noi che l’abbiamo servito per tutta la vita!” E scoppiò a piangere. “Io… io ho combattuto con i Veneziani in Grecia contro i Turchi infedeli, per proteggere Costantinopoli e le sue reliquie… e così la Fede mi ripaga… non voglio morire…” “Fattti forza, amico mio…” scuotendolo il vescovo “… fatti forza…”
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01-09-2011, 16.27.10 | #72 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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La giornata era luminosa e addolcita da una lievissima e delicata brezza, che ammansiva l’ultimo caldo di stagione e portava nell’aria il profumo delle colline.
L’uomo dalla maschera saltò giù dal carro e si avvicinò ad un cipresso, restando a fissare malinconico le verdi colline. “Ehi, amico mio…” avvicinandosi il vecchio Essien “… su, non c’è tempo, dobbiamo provare… sai bene che solo tu potresti insegnare un po’ della nostra nobile arte al buon Renart…” “Una volta qualcuno mi disse che l’Autunno è la stagione che meglio di tutte rende giustizia alla bellezza delle colline…” e sorseggiò del vino in una bottiglia che aveva sotto la giubba. “Ora non è il momento di bere, accidenti a te!” Tentando di strappargli la bottiglia da mano il vecchio Essien. “Al diavolo, Essien!” Tirandola a sé l’uomo mascherato. “Mi paghi per recitare sul palco! Quello che faccio quando scendo da esso è affar mio!” “E sia, sciocco guascone!” Sbuffando Essien. “Ma bada che fra qualche minuto si comincia! E ti voglio lucido, o finirai per infilzarlo davvero il povero Renart!” Si voltò allora verso gli altri. “Avanti, si comincia! Gobert, prepara il monologo iniziale! E mi raccomando enfasi! Fantine, la parrucca deve essere bruna, no giallo sbiadito! Renart, la spada! La spada, accidenti a te! Sei il Capitano dei Dragoni di Florence, non un damerino del Delfino di Francia! Ah, perderò il senno dietro di voi!” Sbuffò di nuovo. “Talia!” Chiamò poi fissando il carrozzone. “Basta truccarsi! Non puoi diventare più bella di come la natura ti ha già fatta! Forza, in scena!” Il sipario allora si alzò e Gobert, nei colorati e rappezzati panni di Arlecchino, cominciò a recitare: “E’ questa la storia più vecchia del mondo E come per ogni storia, Amore ne è lo sfondo! Tre cuori in bilico, tra sentimenti, paure, passioni! E queste cose muovono il tutto, tra emozioni e scossoni! Il Capitano di Florence ama la bella e dolce Colombina, ma qualcuno non ci sta e per amore di lei tutto lui combina...” E recitati questi versi, la buffa maschera saltò via oltre il sipario. “Entra in scena, Colombina” Gridò Essien, come il più ispirato e lunatico dei registi. “Entra e decanta il tuo amore per il bel capitano!”
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01-09-2011, 18.27.13 | #73 |
Cittadino di Camelot
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Scesi dal carrozzone in tutta fretta, appena in tempo per udire Gobert terminare il suo pezzo e Essien che mi chiamava in scena... mi precipitai verso il palco ed entrai lentamente da sinistra con passo leggero, le mani appena allacciate dietro la schiena e lo sguardo che si perdeva oltre un orizzonte immaginario.
Il palcoscenico era stato montato rivolto a sud, in modo da poter godere anche dell’ultimo raggio di sole della sera, e perciò da esso erano visibili le verdi colline che circondavano la piccola valle in cui era adagiata la città di Cardien. I miei occhi le scorsero un istante, poi iniziai a parlare... “Dove sarai, mio amato?” chiesi con un piccolo sospiro, come parlando a me stessa, o forse ad un sogno “Dove sarai, anima mia? Lontano... lontano da me, dai miei occhi, dalle mie mani... tu, mio adorato... tu che solo mi fai battere il cuore, tu che mi fai volare sulla cresta delle nubi...” I miei occhi, persi in un sogno immaginario, incrociarono d’improvviso quelli chiari dell’uomo con la maschera, poco lontano dal palcoscenico... solo un attimo, prima che lui distogliesse i suoi e restasse per me solo una sagoma scura contro il verde brillante del paesaggio... E di nuovo, quasi d’istinto, tornai a chiedermi quale fosse il suo segreto... La mia voce vacillò appena mentre, quasi senza accorgermene, continuavo il mio monologo... ma Essien, forse, avrebbe preso quell’esitazione per uno di quei picchi di pathos che tanto amava farci inserire nelle nostre parti. “Talia!” la voce della Madre Superiora mi fece sussultare “Talia... possibile che sia sempre tu? Non cambierai mai, tu. Vero? E dove pensi che ti porterà questo tuo modo di fare, me lo dici? Dove? Io... io non ho mai conosciuto una bambina più testarda, più disubbidiente e più cocciuta di te!” Alzai gli occhi di scatto, risentita, e avrei probabilmente azzardato una risposta se la porta non si fosse aperta e non ne fosse entrata l’unica persona capace di farmi desistere da quell’intento. Pochi minuti dopo stavo seguendo a testa bassa quella stessa persona per il lungo e buio corridoio che conduceva alla mia stanza all’Istituto. “Io non volevo fare niente di male, Soeur Amélie...” azzardai ad un tratto. Non mi importava di essere stata sgridata né di nient’altro, ma non volevo che lei fosse arrabbiata con me. Non Suor Amélie! “Io volevo soltanto andare a vedere se... beh, insomma... io ero soltanto curiosa!” mi giustificai. La giovane suora mi lanciò un’occhiata obliqua, mi valutò per un istante, infine sorrise... “Lo so, Talia! Lo so!” disse alla fine “Tu eri soltanto curiosa.” D’un tratto si fermò, si inginocchiò in modo da essere alla mia altezza e mi poggiò entrambe le mani sulle spalle: “Vedi, Talia... la curiosità non è un peccato. Ma dovresti usarla con cautela!” sospirò “Promettimi che non disubbidirai più alla Madre Superiora. Per favore!” Quel ricordo mi attraversò la mente in un lampo... e, mio malgrado, un sorriso mi illuminò il volto. Mi voltai e, per fortuna, vidi che Essien aveva fatto cenno a Renart di entrare in scena sul finire del mio pezzo, che ormai meccanicamente avevo portato quasi a termine, così potei dissimulare quel sorriso spontaneo... “Oh... la Sorte mi è amica!” declamai “Eccolo che giunge. Eccolo, il mio amato!”
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
01-09-2011, 21.05.12 | #74 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Nel palazzo di lord Tudor, in un attimo, era accaduto di tutto.
Daniel era stato preso dai servitori, ma era riuscito a liberarsi, per fuggire al piano superiore del palazzo. “Presto, acciuffate quel valletto!” Urlò lord Tudor ai suoi. “Non voglio avere un pazzo libero di andare in giro per il palazzo! Non ora che lady Gonzaga è ritornata a casa! La sua incolumità prima di tutto!” Tutti allora, servitori e guardie, si misero alla ricerca di Daniel. “Cercate in ogni angolo!” Disse Jalem. Cominciarono allora i controlli in ogni stanza. All’ultimo restò da ispezionare solo quella di lady Gonzaga. Ma, nella stanza, all’improvviso il giovane Daniel, nascosto in un grosso baule, udì una voce: “Ehi, Christian… sono io, John… presto, esci da lì e calati con me… sono alla finestra e ti farò nascondere nel giardino… presto, prima che entrino nella stanza…”
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01-09-2011, 21.19.35 | #75 |
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Ero paralizzato.. Avevo paura.. Uscivo piano piano dal baule... John mi esortava a muovermi.. Ma i muscoli si erano indolenziti.. Stavo per uscire quando sentii delle voci dietro la porta della camera.. Senza pensarci due volte mi rificcai nel baule.. Chi era? La polizia? La Dama? Il Capitano? O addirittura il lord in persona?
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01-09-2011, 22.47.33 | #76 |
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"Dove credete di andare ?"
Dissi entrando nella mia stanza a avendo cura che nessuno mi avesse sentito. Con un cenno di mano feci segno alle guardie di lasciar perdere la mia stanza. "Adesso uscite dal mio baule, vi sedete e mi spiegate che state combinando e in che guaio vi siete messo. Ma badate bene, la storia che mi dovete raccontare deve essere molto convincente , se volete che vi aiuti con lord Tudor. Allora ? Prima di tutto il vostro nome...quello vero però...." Detto ciò mi sedetti accanto alla finestra della mia camera, l'idea era riposarmi un po, ma tutto questo era assai più importante . C'era qualcosa in quel ragazzo che mi spingeva a tenderli una mano...
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01-09-2011, 23.13.14 | #77 |
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La Dama si sedette accanto alla finestra e io uscito dal baule mi sedetti sul letto e dissi:
<<Il mio vero nome è Daniel.. Vengo da questa stessa città.. Un giorno in uno scontro per strada in cui sfortunatamente siamo stati coinvolti io e la mia famiglia i Ginestrini uccisero i miei genitori.. Io fui portato in un orfanotrofio.. ma la gente era cattiva e l'ambiente ostile.. Sonio scappato e sono arrivato qui..>> prese un respiro e gli raccontò anche dell'ingresso nelle cucine fino all'incontro con il capitano dove era presente anche la dama.. Durante il racconto ogni tanto guardavo la dama negli occhi.. Lei sembrava sempre fissare i miei occhi gli piacevano? <<Questa è la verita..>> diissi sperando che mi avrebbe creduto..
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01-09-2011, 23.14.34 | #78 |
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" Ma ditemi...chi erano i vostri genitori?"
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01-09-2011, 23.15.57 | #79 |
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Ero ammutolita e sempre più debole.
La carrozza sobbalzava durante il viaggio e le sbarre ai finestrini lo rendevano ancora più angoscioso. "Coraggio, Giselle..." cercai di farle forza. Mi dispiacque per lei, che avrebbe potuto salvarsi, invece di condividere con me quelle umiliazioni. Mi misi a pregare sottovoce, anche se le parole del nobiluomo avevano risvegliato degli interrogativi che mi perseguitavano da tempo ormai e che faticavo a perdonarmi. Mi domandai quanto tempo sarei riuscita a sopravvivere reclusa in una cella. Era davvero così terribile il luogo in cui ci stavano portando? Ero persa tra quei pensieri, quando la carrozza prese un sasso e sobbalzò improvvisamente. In quel momento sentii qualcosa pungermi la vita. Avevo quasi scordato dei gioielli di mia madre che Giselle aveva cucito nella fodera del mio corpetto. Quando Loyanna di Wendron era giunta nella terra del suo promesso sposo recava con sè una ricca dote: un feudo oltremare e meravigliosi gioielli di famiglia. Di qui gioielli Giselle era riuscita a salvare dodici brillanti grandi come il nocciolo di una ciliegia che erano stati il vanto di mia madre e l'invidia di molte dame. Ma la vera meraviglia era un grande diamante blu. Portai la mano al petto e sentii i diamanti premere contro la pelle proprio nelle cuciture dove erano stati celati. Sospirai. Forse avrebbero potutto salvarmi, ma sarei morta piuttosto che consegnarli nelle indegne mani di quegli uomini.
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Ama, ragazza, ama follemente... e se ti dicono che è peccato, ama il tuo peccato e sarai innocente. |
01-09-2011, 23.16.46 | #80 |
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<<Beh mia madre lavorava presso una baronessa credo.. Mio padre era un contadino.. Quando si sono sposati avevo vissuto un pò in questo palaz..>> Spalancai la bocca e guardai la dama <<Gonzaga? Sei tu?>>
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