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Vecchio 12-10-2009, 02.56.34   #71
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
ARDEA DE' TADDEI

XIX

“Vuoi davvero conoscere il
mio volto? Ebbene sappi che
non differisce dal tuo. Per ideali
e valori siamo assai simili. Nel mio
volto mireresti la grandezza di
questa tua città.”
(L’Imp, libro I)


Il terzo ed ultimo giorno del torneo tutto era pronto per il gran finale.
Una folla ancora più numerosa delle giornate precedenti aveva preso posto nelle alte tribune e tutti attendevano trepidanti l’inizio dell’ultimo scontro.
Cesco della Salice, in groppa al suo stallone caivanese e bardato della sua lucente corazza, era sceso nell’arena e scalpitante attendeva il suo avversario.
Ad un tratto ci fù il boato del pubblico ed il cavaliere detto violaceo apparve nella lizza.
Il piumato elmo, sotto i raggi del Sole, emanava forti bagliori, mentre i riflessi della sua splendida corazza diffondevano ovunque un intenso alone.
I marescialli di campo fecero i controlli di rito e subito dopo diedero il via alla giostra.
In un attimo i due sauri che conducevano i valenti sfidanti si lanciarono, in una nuvola di polvere, l’uno contro l’altro.
La terra e le impalcature delle tribune tremavano ed oscillavano sotto l’incedere di quelle possenti cavalcate.
La terra che separava i due contendenti fù in breve divorata dal quel terrificante galoppo, mentre i cavalieri tenevano ben tese le lunghe lance in attesa del fatale impatto e gli scudi alti per proteggersi dal forte scontro.
L’impatto fù immane e un forte boato si diffuse nell’aria.
Le lance andarono in mille pezzi contro i pesanti scudi, i quali però non tennero quei duri colpi.
Così lo scudo di Cesco fu perforato e si lacerò in due, mentre quello del cavaliere misterioso, sotto il colpo subito, si accartocciò attorno a ciò che restava della lancia del suo avversario.
Ma l’effetto di quell’impatto non fu nocivo solo alle armi, ma anche a chi le impugnava.
Infatti entrambi i cavalieri furono disarcionati.
Tutti i presenti balzarono in piedi.
In un attimo e con agilità i due però furono subito in piedi e raccolsero le armi che ciascuno degli scudieri condusse loro.
Cesco fendeva l’aria con una solida scure, mentre il suo avversario brandiva un’agile spada.
Con rapido scatto Cesco raggiunse il suo nemico e lo colpì con tale forza che quasi la spada del cavaliere violaceo, usata di piatto per parare il colpo, si incrinò.
Ancora Cesco tirò uno, due, tre, quattro colpi all’avversario che, sotto la forza del rivale, indietreggiava con difficoltà.
Allora, facendo leva sulla sua velocità, il cavaliere violaceo schivò l’ennesimo attacco e con rapido movimento raggirò Cesco, trovandosi alle sue spalle.
Menò allora un fendente contro il suo elmo prima e sulla sua spalla sinistra poi, facendo barcollare l’avversario.
Questi si chinò nella polvere come intontito, mentre il cavaliere misterioso gli fu sopra intimandogli:
“Ti ritieni sconfitto cavaliere? Ti ritieni sconfitto?”
Cesco in un primo momento non rispose nulla.
Ancora l’avversario gridò:
“Ti ritieni sconfitto cavaliere?”
“Si” rispose finalmente Cesco, mentre la testa gli sanguinava abbondantemente “sono alla tua mercè!”
Ci fu allora il tripudio del pubblico che esultante salutò il vincitore.
Il cavaliere violaceo allora avanzò verso il palco reale e salutò con un inchino.
Tutti erano rimasti colpiti dal valore e dall’abilità di quel misterioso cavaliere. Ed ora ne invocavano ad alta voce il nome.
Ma, coperto dalle urla della folla, rapido come un serpente, Cesco si rialzò dalla polvere nella quale l’aveva gettato il suo avversario e impugnando la sua scure si avventò contro di lui.
E tra i canti e il tripudio generale, come un eco, il cavaliere udì la voce del suo scudiero.
“Attento!”
Ma non fece in tempo a voltarsi che Cesco lo colpì con forza sull’elmo spaccandoglielo in due.
Quell’attacco fu tanto forte quanto subdolo e gettò a terra il cavaliere senza nome.
Cesco allora, gonfio d’ira, gli si gettò sopra per finirlo, ma il cavaliere violaceo ebbe il tempo di raccogliere la sua spada e trafiggergli un costato.
Cesco cadde così, ferito, di nuovo nella polvere. E questa volta non si sarebbe rialzato con le sue gambe.
Il pubblico salutò con un boato, dopo lo spavento, la grandezza di quel cavaliere, ma l’attenzione generale si posò presto sul suo volto ormai scoperto.
E tra lo stupore, la meraviglia e l’esaltazione generale fu svelata l’identità di quello straordinario cavaliere.



(Continua...)
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Guisgard non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 12-10-2009, 22.06.46   #72
llamrei
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
...svelato. Ha vinto
llamrei non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 14-10-2009, 02.32.22   #73
Guisgard
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ARDEA DE' TADDEI

XX

"Molto egli oprò co l'senno e con la mano,
molto soffrì nel glorioso acquisto;
e in van l'Inferno vi si oppose, e in vano
s'armò d'Asia e di Libia il popolo misto."

(La Gerusalemme Liberata, I, 3)


I lunghi capelli bruni sudati, il bel volto provato per la fatica, lo sguardo stanco ma fiero ed orgoglioso.
Stava la, davanti a tutti, con la spada ancora in pugno, ansimando per lo sforzo ma con la consapevolezza di aver mostrato il suo valore.
Mentre il pubblico a gran voce acclamava:
“Violaceo! Violaceo!”
Il re e tutti i nobili che occupavano la tribuna reale, saltarono in piedi davanti a quel volto.
Ma prima che qualcuno potesse dire qualcosa, Ardea si avvicinò al nobile palco e si inginocchiò.
“Mio re” cominciò a dire “e voi tutti, nobili baroni e graziose dame. Perdonate la mia audacia e la mia imprudenza, ma la volontà di mostrare il mio valore e la mia fedeltà al re ha reso impaziente ogni proposito imposto dal protocollo e dalle gerarchie.”
“Fai silenzio!” Lo interruppe adirato il re. “Ciò che hai fatto oggi è contrario ad ogni regola nobiliare e cavalleresca!”
Ardea chinò il capo in segno di rispetto e mortificazione.
“Hai ingannato questa nobile compagnia e questo prestigioso torneo!” Continuò il re. “Ti sei spacciato per cavaliere quando invece fino a ieri eri un poco più di un valletto! Ti sei confrontato con i migliori con l’inganno e la menzogna! Se non fossi il figlio di colui a cui dobbiamo gran parte del benessere di questo paese, saresti già stato bannato da queste terre! Ora prendi la tua roba e lascia il palazzo!”
Un silenzio tanto profondo quanto irreale, nell’arena, aveva ascoltato le parole del re ed a quella dura sentenza si levò un mormorio generale.
“Sire” disse Ardea prendendo la parola “la vostra sentenza, benché dura, accetterò senza esitare. Ma sappiate che non ritengo disonorevole il mio operato. Volevo mostrarvi il mio valore per donarvi i miei servigi. Il giovane falco non si lascia forse andare quando già tende fiero le fresche ali? Ecco, mio signore, io ero pronto a spiccare il balzo verso la cavalleria!”
Il re non commentò quelle parole e fece cenno ai marescialli di campo di condurre via quel giovane troppo ardito.
Poi uno dei baroni, prendendo la parola, disse:
“Sire, data l’inevitabile squalifica del vincitore, occorre ora proclamarne un altro.”
“Concordo, maestà” intervenne uno dei dignitari di corte “ma chi? Cesco della Salice si è macchiato di fellonia con il suo gesto verso il cavaliere che l’ha vinto!”
“Allora decideremo con calma!” Rispose il re. “Per ora ritiriamoci.”
Intanto Ardea e Biago, nella loro tenda erano intenti a raccogliere le proprie cose e lasciare i padiglioni che ospitavano i partecipanti al torneo.
“Cosa farai ora?” Chiese Biago.
“Tornerò a casa da mio padre.” Rispose Ardea, mentre raccoglieva le sue cose.
“E la cavalleria?”
Ardea non rispose nulla e continuò a prepararsi.
Poi, dopo alcuni istanti, chiese:
“E tuo padre invece che dirà a te?”
“Mi punirà severamente!” Rispose con fare guascone Biago.
“Scusami, amico mio.” Disse Ardea con lo sguardo mesto.
Biago l’abbracciò forte.
“Sei un grande cavaliere! Sono certo che troverai una nobile spada che ti investirà di tale onore!”
“Credimi” gli rispose Ardea “la tua amicizia non la baratterei neanche per l’armatura di un Orlando o di un Tristano!”
Poi per un momento ripensò a suo padre ed al gran dispiacere che il suo gesto avventato gli avrebbe procurato.
Allora, nel suo cuore, insieme alla tristezza, scese anche un sordo dolore.


(Continua...)
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Vecchio 14-10-2009, 14.38.54   #74
llamrei
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
..............dopo tutto questo? Ha dimostrato di essere il più forte, il più valoroso......davanti a tutti.....non può mollare tutto....deve continuare a seguire il suo sogno...e suo padre ne andrebbe fiero....e poi...mi sono comperata e ho indossato un bellissimo abito color porpora per l'occasione....
llamrei non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 14-10-2009, 14.45.47   #75
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Ehm, milady...gli uomini come il nostro Ardea sono troppo sensibili al fascino femminile...e voi con quell'abito color porpora siete troppo sensuale...
Così rischiate di distrarre il nostro eroe...
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Vecchio 14-10-2009, 14.55.13   #76
llamrei
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
......come volete, caro amico. Mi ricompongo...però, vi prego, continuate...
llamrei non è connesso   Rispondi citando
Vecchio 15-10-2009, 03.29.06   #77
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ARDEA DE' TADDEI

XXI

“Credi a me e non dubitare delle mie
parole quando ti dico che ogni regno
ha un suo Santo, un suo re ed un suo eroe.
Come ogni uomo non possiede altro che una
donna, un nemico e la propria Fede.”
(Antico Lai)


Intanto, nella sala del trono, il re, alcuni baroni ed i marescialli di campo decidevano sull’esito del torneo.
“In realtà” disse uno dei baroni “nessuno degli sconfitti potrebbe vantar pretese sulla vittoria finale!”
“Concordo!” aggiunse uno dei marescialli di campo.
“Ma il torneo non può chiudersi senza un vincitore!” Intervenne il re.
“In realtà, vostra maestà sa bene che il campo ha espresso il suo verdetto…”
“Cosa intendete dire, ser Torio?” Chiese stupito il re. “Sapete bene che il risultato della giostra è viziato!”
“Maestà” aggiunse il nobile barone “viziato si, ma nella forma, non nella sostanza.”
Il re lo guardò con aria turbata.
Ma sapeva bene di avere davanti uno dei più nobili e saggi baroni del reame.
Infatti, Ser Torio delle Taverne da sempre aveva svolto, in modo onorevole e brillante, il ruolo di consigliere della corona.
La sua parola aveva a corte un peso ed un valore superiore a tutti gli altri ministri del re.
E quelle parole, dette proprio da quell’uomo, suonavano pesanti alle orecchie del re.
“Ritenete quindi” chiese questi “che il premio debba andare a quell’irriverente ragazzo?”
“Non irriverente, mio signore” rispose ser Torio “ma direi audace ed ardimentoso!”
“Ha partecipato con l’inganno alla giostra!”
“Perché mai, mio signore?”
“E ce lo domandate?” Chiese contrariato il re. “Si è spacciato per cavaliere, mentre invece non lo era!”
“Maestà, io in realtà ho visto solo forti cavalieri contendersi il premio.” Rispose ser Torio. “Quindi non comprendo il vostro disappunto.”
“Vi fate beffe di noi?” Sbottò il re. “Nessuno ha proclamato cavaliere quel ragazzo!”
“Sire, cosa fa di un uomo un cavaliere?” Chiese ser Torio. “Non è forse la forza? Ed il valore? Non sono il coraggio e l’audacia le sue virtù?”
“Anche la lealtà!” Lo interruppe il re. “Ed invece quel ragazzo si è infiltrato nei ranghi con l’inganno!”
“L’inganno è fratello alla menzogna e questa del tradimento è la compagna!” Rispose ser Torio. “In quel ragazzo invece ho scorto solo arguzia ed una notevole forza di volontà!”
“Con voi è impossibile discutere!” Tagliò corto il re. “Avete in simpatia quel ragazzo e ne prendete con ardore le difese!”
“Mio signore” rispose con tono pacato e rispettoso il nobile barone “ho simpatia per chi è ardimentoso e coraggioso. Chi non teme di affermare se stesso ed i suoi ideali. Chi conosce il proprio valore e su questo tutto punta. Queste sono le virtù che vorrei vedere nei nostri cavalieri!”
Il re si lasciò cadere sul trono e fissò a lungo il suo consigliere.
“Ma possiamo davvero fidarci di un simile suddito?” Chiese con tono infastidito. “Un suddito che pur di riuscire, è pronto ad andare contro ogni regola e norma?”
“Vostra maestà ben ricorda il padre di quel ragazzo.”
“Il duca Taddeo? Certo, ma cosa centra ora?” Chiese il re. “ Siamo sicuri che, quando verrà a saperlo, resterà molto contrariato dal comportamento di suo figlio!”
“Vostra maestà sta parlando proprio del duca Taddeo?” Chiese con un leggero sorriso ser Tonio. “Quello stesso cavaliere che disubbidì agli ordini ricevuti, durante la battaglia del Passo dei Meli, assediando di sua spontanea volontà, con un i suoi fedelissimi, la fortezza Bottegale dove erano rintanate le milizie di vostro cugino l’usurpatore? Quel impavido guerriero che, nonostante tutti fossero contrari, voi compreso, attaccò e sbaragliò la retroguardia del traditore sulla via di San Marco?”
Il re non rispose.
“Maestà, furono proprio quelle azioni che ci permisero di sconfiggere vostro cugino ed i suoi soldati.” Continuò ser Tonio. “Così era il duca Taddeo. E così sembra essere anche il suo degno figlio.”
“Ser Tonio” Rispose a testa bassa il re “che il diavolo vi porti!”
Poi chiamò a se i marescialli di campo e diede loro delle precise istruzioni.
Ardea intanto era a discutere con ser Vico d’Antò, che lo rimproverava per la sua sconsideratezza.
“L’obbedienza è una delle regole fondamentali della cavalleria!” Diceva il cavaliere al ragazzo. “Il rispetto delle gerarchie è una norma sacra per un cavaliere!”
“Milord” rispose sconsolato il ragazzo “mi sentivo e mi sento tutt’ora pronto per essere un cavaliere. La mia unica colpa è quella di aver desiderato troppo quell’investitura. Tuttavia, in cuor mio, credo di essermela guadagnata.”
Ma i loro discorsi vennero all’improvviso interrotti dall’arrivo dei marescialli di campo, che recavano ordini del re.
“Ardea d’Altavilla” cominciò a dire uno di loro “il re vi comanda di recarvi alla cappella di palazzo e lì prendere la santa messa, per poi rinchiudervi fino all’indomani nella vostra stanza.”
Anche se incuriosito da quegli ordini, Ardea, salutato ser Vico, si recò alla cappella secondo la volontà del re, dove avrebbe assistito alla santa messa prima di raggiungere la sua stanza per trascorrervi una notte che si preannunciava lunga ed inquieta.



(Continua...)
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Vecchio 15-10-2009, 11.54.11   #78
llamrei
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La veglia prima dell'investitura.....è così vero?
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Vecchio 15-10-2009, 20.18.48   #79
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Come potrei non rispondere a ciò che domanda una lettrice tanto appassionata come voi, lady Llamrei?
Ma meglio di me saprà fare la musa.
La invoco quindi affinchè, visitandomi stanotte, possa raccontarmi il seguito di questa storia...
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Vecchio 16-10-2009, 02.55.13   #80
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ARDEA DE' TADDEI

XXII

“Questo potere ti viene dato
dal Cielo, attraverso le mie mani.
Ti sarò per questo sempre signore
e duce. Ricordalo, Lorenzo.”
(Il buono e il cattivo amministratore, I, 28)


Celebrata la santa messa, Ardea raggiunse la sua stanza e lì vi trascorse la notte.
Dormì pochissimo ed una marea di pensieri, dubbi e timori invasero la sua mente ed il suo cuore.
La notte era illuminata dalla pallida Luna piena, solo di tanto in tanto attraversata dalle alte nuvole che sotto la sua luce si gonfiavano e si illuminavano, assomigliando ad irrequiete onde di un mare infinito.
I suoni e gli echi di quella notte penetrarono nella stanza, aumentando l’inquietudine del giovane.
Dopo aver cercato invano di domare quei pensieri, vinto, decise di arrendersi al loro corso.
E l’unico conforto per il suo stato d’animo afflitto lo trovò nella preghiera.
Così fino all’alba pregò con una intensità ed una pietà mai avute prima.
Il canto del gallo lo destò dalle sue orazioni e i primi raggi del giorno nascente iniziarono a squarciare il buio di quella stanza.
Dopo un po’, un rumore di passi attirò la sua attenzione.
Nella stanza entrarono alcuni paggi e portarono un nuovo abito ad Ardea.
“Il re vi attende.” Gli annunciò uno di loro.
Condotto nella sala del trono, Ardea fu subito colpito della presenza di tanti baroni e dame. Era presente anche ser Vico, mentre il re, sul suo regale seggio, conversava con ser Torio delle Taverne.
Ma appena il giovane giunse al suo cospetto, il re iniziò a fissare il ragazzo, che per la soggezione abbassò lo sguardo e si inchinò a terra.
“Come è trascorsa la notte?” Chiese il re.
“Pensierosa, mio sovrano.”
Il re fece allora cenno ad Ardea di avvicinarsi. E quando gli fu davanti, il sovrano lo colpì sulla guancia sinistra.
“Questo è l’ultimo colpo che ricevi senza reagire!” Disse il re. “Ora inchinati.”
Allora battè con la sua spada su ciascuna delle spalle del ragazzo, pronunciando la solenne formula:
“In nome di San Giorgio e San Michele noi vi armiamo cavaliere!”
In quel momento si alzò spontaneo nella sala un vigoroso e lungo applauso ed Ardea credette di sognare.
“Mio signore e mio re…” Disse con un filo di voce.
“Ardea de Taddei” Disse il re “oggi siete un nuovo cavaliere del reame. Ricordate che i vostri compiti sono quelli di difendere la Fede e la Chiesa, il regno ed il vostro re, i deboli e gli oppressi!”
Poi baciò sulla guancia il nuovo cavaliere e invitò tutti i presenti a salutarlo ed omaggiarlo.
La giornata fu gioiosa e lunga, con ricchi pranzi accompagnati da musica, canti e balli.
Essendosi ora tutto risolto e regolato, fu possibile concludere il torneo di Capo degli Orafi con la solenne premiazione del vincitore.
Tutti poterono così lodare il valore di quel cavaliere che ora aveva finalmente un nome.
Il vessillo raffigurante il gufo e la rosa, simbolo del casato del duca Taddeo d’Altavilla, fu issato sulla torre più alta del palazzo e tutte le campane della città suonarono a festa.
Inoltre i nobili della corte recarono doni, ricchi e sfarzosi, al cospetto del nuovo cavaliere, omaggiando così il suo nobile lignaggio.
Quando la giornata fu conclusa, Ardea potè riposarsi, anche se la forte eccitazione per quell’incredibile dono della sorte gli impedì di dormire.
Ma anche se fosse stato stanco e senza forze, non avrebbe potuto comunque chiudere occhio. Non prima di aver scritto una lettera a suo padre, per raccontargli di essere finalmente diventato cavaliere.


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