04-10-2016, 17.29.10 | #81 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Lady Clio, ben sapete che adoro la vostra scrittura e da sempre mi attirano questi vostri riflessi di vita o di sogno.
Che appartengano all'una o all'altro, resta però intatta la magia con cui sapete raccontarli e soprattutto animarli, al punto da farli sembrare veri, reali. E forse mi piace credere che un po' lo siano davvero
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO |
04-10-2016, 18.51.17 | #82 |
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Esistono momenti in cui il confine tra il sogno e la vita sono così labili, che si fatica a comprendere cosa appartenga all'uno o all'altro.
E avete ragione, veri lo sono davvero. |
04-10-2016, 20.55.35 | #83 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Allora non smettete di sognare, milady.
Non fatelo e forse quei sogni i realizzeranno. E le promesse, che vi sono state fatte in questa bella storia che ci avete narrato, saranno mantenute
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03-02-2017, 17.16.23 | #84 |
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Buio e maschere...
Cosa c’è di più fuggevole dell’attimo? Forse l’istante.
Ecco cos’è questo piccolo scritto. Un istante vivido e chiaro. Vi fu un tempo, in cui due esistevano anime unite eppure eternamente divise. Condannate a celare il loro volto l’uno all’altra dietro maschere sempre nuove quando la notte lasciava spazio al giorno. Ma quando calava la notte, il tempo si fermava, ed il buio rendeva superflua la maschera. La notte era il loro vero mondo, mentre tutto il resto poteva aspettare fuori da quella stanza senza tempo. Quella stanza in cui prendevano vita i sogni, in cui parlavano di mille cose, fantasticavano su storie sempre nuove, immaginavano luoghi, persone, avventure da vivere insieme, bisticciavano come una vecchia coppia brontolona, ridevano spensierati. Notte dopo notte, sempre avvolti in quel buio a cui ormai erano abituati. Notti di poesia, di racconti, di storie infinite. Notti di sogni, di sfuriate, di dubbi dissolti, di sorrisi celati. Notti ormai diventate parte di loro. Notti buie ma illuminate dalle infinite parole che brillavano come stelle proibite. Notti infinite che si susseguivano come fossero un rituale a cui nessuno dei due sapeva rinunciare. E ad ogni notte che passava, le due anime erano più vicine, più complici, più intime.. senza mai potersi vedere, senza sfiorarsi mai. Eppure sembravano non badarci, immersi in quella loro realtà che poteva aver senso solo per loro e apparire assurda al mondo intero. Ma in verità, non si curavano molto di quello che accadeva all’infuori del loro mondo. Un mondo in cui solo pochi potevano accedere. Pochi privilegiati. E loro lo erano, privilegiati, a vivere in quel buio che ormai era diventato speciale. Ormai si muovevano con disinvoltura, e sembravano non badarci. Durante il giorno poi, le maschere che indossavano li facevano vivere storie sempre nuove. Ma c’era sempre qualcosa a nasconderli: il buio o la maschera. Poi, arrivò quel giorno. Un giorno come un altro all’apparenza. Un giorno preceduto da una lunga notte. L’alba stava per fare capolino, e i due si separarono per indossare le rispettive maschere. Ma stavano ancora parlando, e continuarono a farlo, anche se lontani. Finché non accadde qualcosa. Un rumore. Un rumore sordo di qualcosa che cadeva a terra. Allora lei si mosse per raccoglierlo, distrattamente, mentre continuava a parlare. Raccolse l’oggetto misterioso, senza guardarlo davvero. Si accorse di avere tra le mani la sua maschera, solo quando rialzò lo sguardo e lo trovò lì davanti a lei. Dapprima sorrise, senza rendersi conto di ciò che stava accadendo, poi sbiancò. In quel momento realizzò che lei stessa non aveva ancora indossato la maschera. Erano lì l’uno di fronte all’altra. Senza maschera. Alla luce. Nessuno dei due parlò, nessuno si mosse. Come se il tempo si fosse fermato. Soltanto i loro respiri riempivano l'aria di quella stanza che ormai non era più buia. Restarono così, immobili, quasi paralizzati, mentre la luce del nuovo giorno illuminava piano i loro volti, che ora né il buio né la maschera celavano alla vista dell’altro. |
03-02-2017, 17.34.43 | #85 |
Cittadino di Camelot
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Milady, un racconto superbo, prezioso, prezioso come il momento in cui due volti si scontrano, metafore di due anime che si mettono a nudo l'una di fronte all'altra, senza remore, senza muri, senza incertezze, nella loro semplicità senza filtri e nel loro candore.
Complimenti, lady Clio Inviato dal mio E506 utilizzando Tapatalk
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"La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca" BALTASAR GRACIÁN "Sappi che la Luna è il messaggero degli astri. Essa infatti trasmette le loro virtù da un corpo celeste all'altro" ABU MASAR, "Libri mysteriorum" |
03-02-2017, 17.50.23 | #86 | |
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Citazione:
Sì, è stato un momento sicuramente prezioso. |
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21-03-2017, 01.25.13 | #87 |
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Profumo di libri
Ci sono luoghi speciali, nascosti per la città.
Luoghi magici, capaci di custodire sogni, ricordi, storie, personaggi e avventure. Luoghi fatti di profumo di carta, storie nascoste, silenzio e pace. Le Biblioteche. Per una bambina, quello era il paese dei balocchi. Posso quasi vederla, mentre gira con naso all’insù tra gli scaffali. Forse sa a malapena leggere, ma guarda tutti quei libri con adorazione e meraviglia. Vuole crescere, vuole essere grande e poterli leggere tutti. Non solo quelli per bambini, con le figure e la scritta grande. Le piacciono quelli dei grandi, quelli che guarda la nonna, che la accompagna tutti i giorni. Questo è il suo regno, il suo mondo. Qui tutto è diverso, più bello, più avventuroso, più magico. In quei libri ci sono storie che le entrano dentro e diventano parte di lei, storie che si schiudevano per lei, come scrigni preziosi che custodivano segreti senza nome. I libri sono i suoi amici più cari. Quanto è bella la sua meraviglia, all’idea che possono tornare a casa con lei, senza chiedermi niente in cambio, se non l’impegno di riportarli a casa, una volta finiti. La biblioteca le piace decisamente di più della libreria, o dell’edicola al centro commericiale. Qui può scegliere quello che vuole, anche il libro più bello. Non deve chiedere il permesso ai grandi. I grandi non capiscono. I grandi pensano solo ai soldi. Ma qui no. Qui esistono solo lei, e la sua voglia di leggere quelle storie. Non esistavano “No, non puoi comprarlo”, “Non ci sono soldi”, “Fattelo comprare da tua madre/padre”. I problemi, i litigi, l’ossessione monetaria dei grandi lì non esistevano. Era un mondo soltanto suo, di cui si sentiva la regina. Universi sempre nuovi si aprivano per lei. E lei, di rimando, portava quei mondi nei suoi giochi. Attraversando il confine delle pagine, per immergersi nelle avventure che prendevano vita dalle parole. Ora era un regno fatato a dover essere salvato, domani un mistero che andava risolto, oppure ancora un amore immortale. Non c’erano limiti alla fantasia. In quel mondo non esistevano tutti i problemi della vita vera. In quel mondo era bambina, ma anche molto di più. Una regina, un cavaliere, un pirata, un paladino, un investigatore privato. Il mondo era improvvisamente diventato più grande, più bello, più avventuroso. E quando la lettura non bastò più, la scrittura venne in aiuto. Così, semplici parole diedero vita a infinite avventure, anno dopo anno, cambiamento dopo cambiamento. Era sempre lì, pronta ad ascoltare un’emozione, a custodire un momento, a far sbocciare un’idea. A fare quello che la scrittura sa fare meglio: rendere qualcosa immortale, sia esso un Amore, un ricordo, una storia, un momento, persino una sensazione. E se è vero che il tempo passa, portandosi con sé molte cose, è anche vero che quello che più ci appartiene ce lo portiamo dietro, anno dopo anno. Quella bambina cresce, sogna, studia, ama, soffre. Ma i libri sono lì, a ricordarle che il mondo è più grande di quello che sembra. Che il mondo in cui vive è uno, ma ne esistono milioni di altri in cui sono nascoste avventure senza pari che aspettano solo lei. Le biblioteche sono sempre lì, a ricordarle tutto quello. Ma col passare del tempo, tutto cambia. Le storie lasciano il posto alla Storia, i romanzi ai trattati, la lettura allo studio. Ci sono giorni, poi, in cui il tempo non basta. Momenti in cui le ore e ore passate sui libri non servono a nulla. Ne servono altre. Ma come? Come rubare qualche ora in più per preparare quel compito in classe? Quando tutto era buio e confuso, la soluzione era una. Rubarlo alla scuola. Ma serviva un posto sicuro, un posto segreto, solo per lei. Un posto in cui potersi rintanare senza paura, e immergersi nei libri. Quel luogo esiste, ed è un’antica cascina ai margini della città, trasformata in biblioteca. Un’oasi di pace, tranquillità, un luogo che sembra fuori dal mondo. Più volte scende alla fermata sbagliata, prende l’autobus e la raggiunge. Più volte si nasconde tra le sue mura, per rincorrere quell’obiettivo che sembra allontnarsi sempre di più. E quando l’incubo finisce, quando esce trionfante dall’inferno, porta con sé il ricordo di quel luogo. Lo porta nel cuore, insieme a quelle mattine rubate, a quella tranquillità agognata. Ora tutto è diverso. Ora ha biblioteche diverse a disposizione. Non sono né quella della sua infanzia, né quella della sua adolescenza. Sono bellissime, austere, nobili, ricche di storia. E, com’era prevedibile, se ne innamora. Anche se ora il tempo passato sui libri acquista un sapore diverso, la costante inadeguatezza viene spazzata via dai successi e riconoscimenti, dalla passione smisurata per i suoi studi, che cresce ogni giorno di più. Mentre il mondo intorno a lei crolla, nulla le appare più prezioso di antiche civiltà, guerre dimenticate, storie nascoste, documenti incompiuti. Cose inutili per l’uomo moderno, fantasma consumista, ma non le importa. Gli umanisti, infondo, sono gli ultimi ribelli di questo mondo decadente e ignaro. Anno dopo anno, questa convinzione non l’abbandona. Anche se il mondo fa di tutto per ricordarle che non serve, che non ha bisogno di lei, continua ad andare avanti. Perché quando tocca con mano qualcosa che il resto del mondo ha letto solo sui libri di storia, si sente incredibilmente privilegiata. Allora non molla, e va avanti, anche se la vita ci mette del suo. E la vita a volte fa dei piccoli regali, piccole combinazioni di eventi, che ti fanno nascere un sorriso sul viso. Come quello che oggi l’ha riportata, dopo anni, in quella cascina lontana. E tutto sembra immutato, come allora. Da quanto tempo non entra in una biblioteca così? Una biblioteca meno austera di quelle a cui è abituata, una biblioteca fatta di narrativa più che di alta sapienza accademica. Una biblioteca colorata, silenziosa, fatta di vecchiette che leggono sulle poltrone, qualche universitario ai tavoli, e signori che leggono il giornale. Dovrebbe studiare, e lo sa. C’è una casetta in quella città lontana, che aspetta solo lei. Aspetta le sue cure, le sue attenzioni, come una pianta da coltivare con Amore. Ma la sua testa, oggi, non ha nessuna intenzione di collaborare. Allora si ritrova a passeggiare tra gli scaffali, mentre i ricordi di bambina riaffiorano piano piano. Ancora una volta si stupisce, rapita, di quanta magia si sprigioni in quelle stanze. Il profumo di un libro sfogliato mille volte, si fonda con quelli di pagine nuove, pronte per donare emozioni al primo lettore che vorrà custodirlo. Titoli sconosciuti, autori noti, pagine e pagine di storie che vorrebbe rubare e portare con sé. Vorrebbe chiudersi lì dentro e immergersi in quelle storie, ancora e ancora, come quando era bambina. Il tempo di ferma, mentre passeggia, leggendo titoli, autori, pezzi di frasi, poesie. Ogni tanto un libro la colpisce, lo apre, ne assapora il profumo, ne legge un po’, e poi lo rimette via. Ogni tanto trova dei vecchi amici, libri che ha già letto, che ora hanno per lei un’anima, una voce indistinta tra gli altri. Li accarezza piano, dolcemente, come un gesto di saluto e di ringraziamento per le emozioni che le hanno donato. Poi continua quella lenta, rilassante e intensa passeggiata tra avventura, amore, azione, biografie, trhriller, mondi fantastici, racconti rubati alla Storia. La verità è che infondo sogna ancora di trovare il libro perfetto. Quello che già dalla copertina capisci che ti piacerà, che la trama riassunta sul retro è capace, da sola, di farti sognare, e che una frase letta aprendolo a caso ti faccia improvvisamente incollare al testo, rendendotelo assolutamente necessario. Ma è una speranza strana, la sua. Una speranza che nasconde il desiderio che infondo quel libro resti nascosto ancora un po’. Sa che non potrà leggerlo. Non adesso. Sa che si immergesse nella lettura di un romanzo ora, tutto il resto perderebbe di importanza. E quei trattati, quelle fonti, quei resoconti, quelle monografie che la aspettano, aspetterebbero parecchio. Non può permetterselo, la lettura è un lusso ora come ora. Ma verrà il giorno. Verrà il giorno in cui tutto sarà compiuto. In cui le fatiche saranno ripagate, in cui ogni cosa troverà il suo posto, e la vetta sarà lì ad aspettarla. Allora sì, che potrà immergersi di nuovo in mille e mille storie sempre nuove. Almeno finchè una nuova salita non comincerà. Ma per ora è bello sognare quel giorno. |
25-11-2017, 22.34.38 | #88 |
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Fra sogno e realtà...
Stretti, nella fioca luce dell'alba, restavano in silenzio a contemplare quell'attimo fatto di eternità, dopo la notte d'amore che li aveva uniti.
Le mani si rincorrevano l'un l'altra, si accarezzavano, si stringevano, come se parlassero un linguaggio tutto loro, un linguaggio che nemmeno agli occhi e alle labbra era dato conoscere, ma soltanto al cuore. D'un tratto lei alzò lo sguardo e lo trovò lì a guardarla, quegli occhi così belli, intensi e luminosi che la fissavano, allora si sporse verso di lui per baciarlo piano, una lieve carezza tra quelle labbra così soffici, che aumentò di intensità nel tempo di un battito accelerato. "Non voglio partire..." sussurrò poi lei, sulle sue labbra. Lui la strinse forte a sé senza dire niente. "Abbiamo ancora tempo, non pensarci adesso..." Ma gli occhi di lei, ormai, erano velati di malinconia, e si aggrappava a quell'abbraccio come se volesse scolpire nel cuore ogni sensazione, ogni emozione preziosa di quei momenti passati insieme. "Sì.." sussurrò soltanto, cercando di scacciare l'inquietudine della partenza ormai prossima. Restarono così, a godersi ogni istante che il tempo imperioso e implacabile concedeva loro, ogni attimo, minuto, ora diventavano preziosi ed unici. Il sole che filtrava fuori dalla finestra divenne sempre più imponente, splendente ed immenso, finché non giunse all'apice del cielo, per poi iniziare lentamente la sua discesa verso il tramonto. Il meriggio ormai era alle porte e loro erano ancora insieme, solo loro lontano dal mondo. "Portami via..." sussurrò lei. "Sì.." stringendola lui "Ti porterò via con me, lontano, dove nessuno potrà trovarti..." Lei si crogiolò in quell'abbraccio, e in quel bellissimo sogno, baciandolo ancora, e ancora, e ancora, come se quei baci avessero il potere di fermare il tempo e di rallentare all'infinito quel treno che l'avrebbe portata via, lontano. D'un tratto guardò l'ora, con occhi vuoti e inespressivi. "Le 14.45.." sussurrò. "È ora di andare..." continuando ad accarezzarla lui. Lei annuì, ma non si mosse... "un istante, un istante ancora.." continuava a ripetere a sè stessa. Poi, all'improvviso, trasalì, scattando seduta con un movimento brusco e repentino. "Le 14.45!!" esclamò. "Sì.." guardandola vagamente preoccupato "Perché?". "Il treno!" con gli occhi sgranati lei "Il treno... parte alle 14.45! Adesso.." "Ma avevi detto.." "Lo so, lo so... ma è così, ora mi ricordo, è adesso!!!" preoccupata "L'ho perso.." in un filo di voce. Lui si alzò a sedere e la strinse a sè. "Vedrai che troveremo una soluzione, ce ne sarà un altro..." "No no, non c'è.. era l'ultimo, avevo preso apposta l'ultimo..." "Puoi partire domani.." Gli occhi di lei erano ormai colmi di lacrime, lacrime perchè doveva partire, lacrime perchè voleva restare e insieme perchè non poteva restare. "Non posso... stasera ho la cena.." disse, distrattamente, mentre poi i suoi occhi si spalancarono ancora di più. Si tirò ancora più a sedere, e si portò il viso tra le mani. "Il vestito, non ho preso il vestito!!" si rese conto. Aveva dimenticato ogni cosa, tutto quello che non fosse inerente a loro, ai loro giochi e al loro mondo era stato relegato fuori, in un luogo non definito avvolto da una nebbia spettrale fatta d'oblio. Non esistevano nient'altro che loro due. "Quale vestito, piccola?" chiese lui, dolcemente. "Il vestito..." sempre più spaventata lei "È una cena in costume, e io.. io l'ho dimenticato, non l'ho preso.. non posso andarci vestita così, non posso.." scoppiando a piangere lei. Erano mesi che aspettava quella serata, mesi che insieme con l'amica più cara fantasticavano, sognavano, parlavano di quella sera. Una magica sera fuori dal tempo solo per loro due. Ma lei, lei l'aveva dimenticato insieme a tuo il resto. Perché niente aveva davvero importanza quando era con lui. Nel frattempo, però, nella casa si unirono dei rumori e lei trasalì, stringendosi ancora di più al suo petto. Era troppo sconvolta per parlare, ma lui la tenne lì con se, e le sussurrò dolcemente tra i capelli. "Ci penso io..." "Come?" "Troverò un modo, vedrai.." dolcemente. "Ma come?" guardandolo con gli occhi pieni di lacrime lei. "Ti fidi di me?" sussurrò, guardandola. "Sì.." sussurrò piano. Lui allora sorrise, e la baciò. Un bacio che era la promessa di mondi incantati, di giochi infiniti, di emozioni senza fine. Un bacio che bastò a scacciare tutte le lacrime, ad eliminare ogni inquietudine dal suo cuore. Un bacio unico... come loro. Le voci e i rumori nella casa erano sempre più intense, sempre più vicine e incalzanti. Lei trasalì e lo guardò. Nessuno sapeva che lei era lì, nessuno avrebbe dovuto saperlo, nessuno... "Vieni con me.." alzandosi lui e porgendole la mano. Lei lo seguì senza fiatare, troppo sconvolta e sopraffatta dalle emozioni per rendersi conto di dove la stava portando. Giù, per ripide scale sempre più fredde, verso un luogo buio e umido. La cantina, quella era una cantina. "Aspettami qui..." le disse, guardandola. Lei si fece piccola, con gli occhi grandi, teneri e spaventati in quelli chiari di lui. "Sì.." con il cuore che batteva fortissimo "Tornerai?" prendendogli le mani. Lui rise. "No, ti lascio rinchiusa qui..." divertito. Lei la guardò con gli occhioni grandi ancora una volta. "Certo che tornerò, scema!" rise lui prendendola tra le braccia "Presto...". Lei si rintanò in quell'abbraccio, e poi sorrise. "Ti aspetterò..." "Brava..." facendogli l'occhiolino lui. Lei sospirò, e lo guardò andare via, scomparire su quelle scale che lo riportavano nella casa, lasciandola lì, sola nell'oscurità umida e fredda di quella cantina. E attese. Attese a lungo che lui tornasse, attese con impazienza, fiducia, mentre le voci al piano di sopra si facevano ilari e spensierate. Le sembrava passata un'eternità quando udì la porta scricchiolare e sentì i suoi passi lungo le scale. Balzò in piedi e gli corse in contro, poi si fermò, guardandolo stupefatta. Aveva tra le braccia un bellissimo abito settecentesco, bianco e oro, e la guardò sorridendo. "Ti ho trovato un passaggio in macchina, arriverai in tempo per il ballo..." porgendole il vestito. "Ma..." protestò, senza capire "Tu... tu mi accompagnerai?" Lui le porse l'abito e le accarezzò la guancia, dolcemente. "No, piccola, io devo restare qui.." con un sorriso malinconico "Devo lavorare, lo sai...". "Ma io..." con gli occhi che si riempivano di lacrime. Lui non le fece finire la frase, e la baciò. La baciò con impeto e passione, la baciò come se la stesse perdendo e fosse pronto ad attraversare l'inferno pur di riprenderla con sè. Ma lei non stava scappando, lei bramava di restare lì tra le sue braccia. "Devi andare.." sussurrò lui, stringendola. "Sì.." con un filo di voce lei. "Vestiti, ti stanno aspettando..." guardandola tutta, come se volesse trattenere con sé ogni dettaglio di lei, ogni linea del suo viso, ogni sfumatura del suo sguardo ogni inclinazione del suo sorriso. Lei annuì e si mise quel bellissimo abito, che non sapeva minimamente da dove provenisse. Però le piaceva, l'idea che lui fosse andato in giro a cercarle un abito solo per lei, che avesse capito quanto quella serata fosse importante. Eppure... ora era tutto diverso. Mentre si vestiva, non riusciva a pensare ad altro. Quella che doveva essere una serata spensierata in compagnia dell'amica più cara ora le provocava inquietudine e malinconia. Il solo sfiorare quel vestito le ricordava lui, il suo sguardo, il suo sorriso, la sua vicinanza. Ogni dettaglio l'avrebbe riportata con la mente a quella casa, a quei momenti a quella felicità quasi dolorosa perchè si fa incredibile malinconia nella sua assenza. Il distacco fu tremendo, lei si aggrappò a lui che la sostenne, la strinse, la baciò. E poi quello sguardo, quello sguardo in cui sapevano che un pezzo di ognuno di loro sarebbe rimasto nell'altro, e che fino al loro nuovo incontro non sarebbero mai stati completi. Alla fine, con la morte nel cuore, lei salì sulla macchina che, moderna carrozza, l'avrebbe condotta al ballo. Per tutto il tragitto guardò fuori dal finestrino, in silenzio. Guardava la terra scorrere davanti a lei, la guardava mutare mentre ogni istante la allontanava da lui. Guardava il cielo velarsi di tutti i colori del tramonto, e in ognuno di quelli vedeva lui. Era ormai sera quando giunsero alla villa dove si teneva il ballo. Lei scese, e subito cercò la sua amica, sperando che il suo spirito e la sua esuberanza fossero in grado di sopire quella malinconia che non voleva abbandonarla. "Eccoti!" disse quella, dopo averla vista tra la folla. Lei sorrise, le corse incontro e l'abbracciò, incapace di parlare. "Accidenti che bel vestito!!" guardandola con un sorriso raggiante "Ma non avevi detto che avresti trovato un abito medievale?". "Sì.." annuii lei "Beh, alla fine ho visto questo e mi sono innamorata, ti piace?" cercando di farsi contagiare dall'entusiasmo dell'amica. "Tantissimo!!" entusiasta. L'amica era bellissima, il suo abito ottocentesco, verde e nero era davvero unico e faceva risaltare la sua bellezza così elegante e sofisticata. Davanti a tanto entusiasmo, lei non aveva coraggio di rivelare il suo stato d'animo, e si sforzò di essere più sorridente possibile. Ma sapeva, in cuor suo, che non sarebbe bastato. Infatti, l'amica ci mise poco ad accorgersi che qualcosa non andava, ma lei, chiusa nella sua malinconia, non volle rivelarle il motivo di quella sua tristezza, ella allora cercò in tutti i modi di distrarla, farla sorridere, in quel modo così premuroso di chi ci tiene davvero. Giunto il momento delle danze, però, a nulla valsero le suppliche dell'amica, lei non si sarebbe mossa di lì, doveva rassegnarsi. E lo sapeva, eccome se lo sapeva, molto probabilmente se ne sarebbe rimasta seduta lì anche se fosse stata del miglior umore del mondo: danzare proprio, non faceva per lei. Rimase così sola, al tavolo, ad osservare da lontano le strane coppie colorate ed eleganti che si lanciavano in valzer senza tempo, accomunati tutti dalla voglia di fuggire dalla modernità per una sera appena. Teneva, in modo poco elegante, i gomiti sul tavolo e sfregava lievemente le mani tra loro, guardandole senza vederle davvero. La sua mente e il suo cuore erano altrove, erano con lui, tornavano continuamente ai momenti e agli attimi passati insieme, più ci pensava più la malinconia cresceva e contemporaneamente provava un lieve sollievo. Come se quella malinconia fosse l'unico modo che aveva per sentirsi vicina a lui, che occupava ormai ogni suo pensiero. Ma poi qualcosa sfiorò la sua mano, destandola da quei pensieri. Un tocco leggero, delicato, che la fece quasi sobbalzare. Una mano si era intrufolata tra le sue. Una mano ora le accarezzava dolcemente. Una mano che lei ben conosceva. Una mano che lei desiderava ardentemente stringere forte. Allora alzò gli occhi, e lo vide, nel suo bellissimo abito da nobile settecentesco, che così bene si abbinava a quello che lei stava indossando. Lo fissò, con gli occhi spalancati, increduli, che mano a mano andarono velandosi di meraviglia, stupore, felicità incontrollata. "Sto sognando.." si ripeteva "Sto sognando...". Ma poi lui le sorrise e lei capì che no... non stava sognando, era davvero lì, era davvero lui. "Vieni con me..." sussurrò, guardandola negli occhi. Lei allora si alzò, rapita da tutto quello, sopraffatta dall'emozione incontrollata che le scuoteva l'anima, con un sorriso meravigliosamente luminoso, e il cuore che batteva così forte da impedirle persino di parlare. Allora lui l'attirò a sé, in un gesto possessivo e virile. Lei lo guardava come in un sogno. "Te l'avevo detto che ti avrei portato via..." dolcemente lui, guardandola negli occhi. "Sì..." sussurrò piano lei. "Dove nessuno ti avrebbe mai trovata..." "Sì.." il cuore batteva sempre più forte, sempre più intensamente. "Solo io e te... insieme.." "Sì.." con gli occhi luccicanti di una luce nuova. Lui allora si chinò su di lei, e la baciò. Un bacio fatto di eternità, e di Amore. Così, in quella sera soffusa, fatta di maschere e giochi, di balli e di sogni, di musiche e di parole, i due amanti si presero per mano e scomparirono dalla folla, dalla festa dal resto del mondo. Mano nella mano, raggiunsero quel posto che esisteva unicamente per loro. Quel posto dove erano fuggiti notte dopo notte, e che ora non avrebbero più lasciato. Quel posto dove nessuno li avrebbe mai trovati. Ultima modifica di Clio : 25-11-2017 alle ore 22.48.03. |