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21-08-2013, 10.17.56 | #1 |
Cittadino di Camelot
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Donne nella storia
Ancora una volta, oltrepassando i confini temporali dell'Età di Mezzo imposti dagli uomini di lettere, voglio presentarvi l'incredibile storia di una vecchia donna di Sicilia, vissuta nell'Età dei Lumi ma immersa nel dolore del suo profondo Medioevo...
Taliesin, il Bardo GIOVANNA BONANNO: LA VECCHIA ALL'ACETO. Era il 27 luglio del 1789 quando Giovanna Bonanno, detta Giovanna l’avvelenatrice o la vecchia all’aceto, fu portata al cospetto della Compagnia dei Bianchi, i nobili parlermitani che avevano il compito, per tre giorni, di preparare ed assistere i condannati a morte. Il 30 luglio l’anziana assassina, descritta come una strega, venne impiccata in una Piazza dell’antica Palermo. Da allora la vecchia megera è entrata nella tradizione palermitana come la protagonista di uno dei temi preferiti e tenebrosi. Si racconta che, all’epoca della rivoluzione francese, tra le strade di Palermo, si aggirava una vecchia mendicante che vendeva acqua miracolosa per le donne che voleva ammazzare il proprio marito. Una avvelenatrice senza scrupoli, ma non strega e nemmeno fattucchiara. Scrive l’illustre Salvatore Salomone Marino, dopo aver scrupolosamente studiato gli incartamenti relativi al processo: Un giorno, ella (la Bonanno) seppe d’una bambina che, assaggiando per sbaglio un certo aceto per ammazzare pidocchi, fu lì per lì per morire con vomiti continui. Ciò che passò inosservato a tutti- continua lo studioso- fece balenare una truce idea nella testa di Giovanna. La quale corre senza indugio a comprare due grani (quattro centesimi) del misterioso aceto. Ne inzuppa del pane e lo sommistra ad un cane. Con soddisfazione si accorge che il cane è morto, vomitando cibo e bava, ma che non ha mutato colore, non è rimasto spasmodicamente contratto. Ecco un veleno sicuro che dà il passaporto per l’altro mondo senza farsi sospettare non che scoprire. Nel 1786 iniziarono i primi delitti (ne verranno scoperti solo sei, ma si sospetta che possono essere stati molti di più). Giovanna aveva sempre dichiarato che si guadagnava da vivere facendo la mendicante, probabilmente praticava anche qualche piccola fattucchieria, ma erano i veleni la sua specialitàe, specialmente quando era ormai troppo vecchia per chiedere l’elemosina, la sua principale fonte di guadagno. Inoltre, non aveva alcuna difficoltà a procurarsi da un bottegaio il micidiale e mortale aceto: una mistura di acqua di fonte, vino bianco ed arsenico, in libera vendita e destinata ad ammazzare i pidocchi. Dopo tre anni dalla scoperta delle morti sospette, la donna venne arrestata. Ammise subito di essere stata lei la responsabile di quelle morti vendendo alle donne insoddisfatte della vita loro coniugale, il suo particolare liquore all’aceto. Al magistrato inquirente la vecchia megera disse di chiamarsi Giovanna Bonanno, ma in realtà il cognome Bonnanno era quello del marito, di cui era vedova. Molto probabilmente la venditrice di morte si chiamava Pantò. Risulta che un Vincenzo Bonanno, che abitava a Noviziato, aveva sposato nel 1744 una donna dal nome Anna Pantò. Tra il nome Anna e Giovanna c’è molta somiglianza e, quindi, si potrebbe trattare di un errore di scritturazione. La prima cliente di Giovanna era stata Angela La Fata che voleva liberarsi del marito per poter stare con il suo amante Giuseppe Billotta. La venditrice di veleni le consegnò una ampollina con all’interno il famoso liquido: la stessa dose usata per far morire quel povero cane. Ma non bastò. Il tentativo di assassinare la povera ed ignara vittima dovette essere ripetuta per altre tre volte. Alla fine l’uomo morì tra vomiti e tremende sofferenze, in ospedale senza che nessun medico ne capisse la causa. Omicidio perfetto. La seconda vittima fu un fornaio, Ferdinando Lo Piccolo. A volerlo ucciderlo la moglie Emanuela Molinari che chiese ad una sua amica, Margherita Serio, di contattare la Bonanno. Per il fornaio furono necessarie due dosi di “aceto”. Ben presto la fama di Giovanna si consolidò ed altre donne le procuravano le clienti chiedendo in cambio qualche spicciolo. Due altre vittime le furono commissionate da Rosa Billotta. Moriranno Agostino Caracciolo su richiesta della moglie Rosalia Consales con la complicità della madre Michela Belviso. Ma non erano solo donne le clienti di Giovanna, ma anche uomini. Il fornaio Peppi D’Ancona per far fuori la moglie, Rosa Coschiera, promise a Giovanna 10 onze che non pagò, ma la moglie morì. Nella cerchia di amiche “avvelenatrici” entrò a far parte Maria Pitarra che procurò a Giovanna buoni clienti: le vittime furono cesare Ballo ammazzato dalla sua giovane moglie Marianna Tabbitta che voleva sposare il suo amante. L’ultima vittima accertata fu Francesco Costanzo avvelenato dal particolare liquore di Giovanna dalla moglie Rosa Mangano che aveva una relazione amorosa con il giardiniere Emanuele Cascino. Ma Giovanna commise un errore che le costò la vita. Per questo ultimo omicidio consegnò le ampolle alla sua amica Pitarra non sapendo a chi erano destinate, ma quando lo seppe ormai era troppo tardi: si trattava del figlio di una sua amica, Giovanna Lombardo, che non accettando la morte precoce del figlio iniziò ad indagare e a scoprire il traffico mortale della Bonanno. Organizzò un tranello: si rivolse a Giovanna fingendo di voler comprare l’aceto per sua necessità. Al momento della vendita Giovanna fu arrestata. Dopo tre giorni impiccata e con lei anche la sua complice Maria Pitarra, trascinata con una fune lungo le strade del quartiere e costretta, prima di morire, a baciare i piedi del boia e del patibolo. tratto da www.supereva.it di Lucia Criscuoli Taliesin, il Bardo
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21-08-2013, 16.33.31 | #2 |
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Grande osservatrice questa donna......non so se come omicida, strega o semplice mendicante del pane quotidiano.......e mi chiedo.....non era il caso di condurre al patibolo le mogli di coloro che furono avvelenati ?....Al pari di Giovanna...anche loro hanno avuto la loro parte........
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24-06-2014, 11.10.41 | #3 |
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Un viaggio oltre quelle colonne temporali imposte dagli uomini dei lumi (476 d.c. - 1492 d.c.), una grande artista, una donna del suo tempo giunta in punta di piedi in questo distrattissimo e freneticissimo tempo...
Taliesin, il Bardo LA PREDILETTA DI MICHELANGELO: SOFONISBA ANGUISSOLA. Nata a Cremona nel 1535 dalla nobile famiglia piacentina degli Angiussola, Sofonisba Anguissola fu una delle prime esponenti femminili della pittura europea. Anche se la sua celebrità non fu pari a quella di altre pittrici salite in seguito alla ribalta dell'arte come Artemisia Gentileschi, Rosalba Carriera o Angelina Kauffman, Sofonisba rappresentò la pittura italiana rinascimentale al femminile. Si formò alla scuola del pittore lombardo Bernardino Campi, che, pur non appartenendo alla nota famiglia di pittori cremonesi comprendente i più celebri Vincenzo, Giulio e Antonio Campi, aveva uno stile che si rifaceva agli esponenti di spicco dell'arte manierista in voga nell'Italia settentrionale tra Cinquecento e Seicento. Lo stile di Bernardino influenzò notevolmente Sofonisba, che ne tradusse i tratti essenziali nell'ambito prediletto: quello della ritrattistica. Sofonisba Anguissola partecipò come figura di spicco alla vita artistica delle corti italiane data anche la sua competenza letteraria e musicale, ed ebbe una fitta corrispondenza con i più famosi artisti del suo tempo. Fu citata anche nelle Vite di Giorgio Vasari grazie a Michelangelo Buonarroti che sosteneva che la giovane fanciulla avesse talento. Fu il padre di Sofonisba a scrivere a Michelangelo e a mandargli i disegni della figlia. Fra quei disegni c'era anche un Fanciullo morso da un granchio, nel quale la giovanissima artista cremonese, allora poco più che ventenne, aveva colto l'espressione del dolore infantile con un'invenzione che piacque molto al grande artista fiorentino. Quella smorfia di dolore fermata da Sofonisba la ritroviamo poi nel "Ragazzo morso da un ramarro" di Caravaggio. Nel 1559 Sofonisba approdò alla corte di Filippo II di Spagna, come dama di corte della regina, Isabella. Fu la ritrattista della famiglia reale fino alla morte, nel 1568, della sua protettrice. Nel 1573 sposò il nobile siciliano Fabrizio Moncada e si trasferì in Sicilia nel palazzo dei Moncada a Paternò. Con la morte del marito, avvenuta nel 1578 in mare durante una visita alla corte spagnola, Sofonisba lasciò l'isola per raggiungere la Liguria. Fermatasi provvisoriamente a Livorno, la pittrice lombarda conobbe e sposò, in seconde nozze, il nobile genovese Orazio Lomellini a Pisa nel 1579. Tornata nel 1615 con il nuovo marito a Palermo, dove egli aveva numerosi interessi, Sofonisba continuò a dipingere nonostante un forte calo della vista, ma alla lunga questo problema le impedì di continuare a esercitare la sua arte, non prima però di aver raggiunto una grandissima fama, tanto che il celebre Antoon Van Dyck, succedutole come ritrattista ufficiale della corte spagnola, confessò tutta la sua ammirazione per l'arte di Sofonisba Anguissola, che incontrò personalmente verso la fine della vita della pittrice, nel 1624 a Palermo presso la corte del viceré di Sicilia Emanuele Filiberto di Savoia. In occasione dell'incontro Van Dyck ritrasse la pittrice. Sofonisba Anguissola morì l'anno dopo, il 16 novembre 1625, e fu sepolta nella chiesa palermitana di San Giorgio, chiesa appartenente alla Nazione Genovese di Palermo. Taliesin, il Bardo tratto da: wikipedia, l'enciclopedia del sapere
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13-04-2016, 16.04.52 | #4 |
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LA DONNA "ANGELICATA": L'ALBA DEL RINASCIMENTO FEMMINILE CHE DIVENNE MUSICA.
Lucia Quinciani (c. 1566, fl. 1611). Compositrice italiana, la più antica conosciuta, che abbia pubblicato musica in stile della monodia. Conosciuta per una sola una composizione a noi arrivata, "Udite lagrimosi Spirti d'Averno, Udite", testo di G.B. Guarini dal " Il Pastor Fido", trovato nella raccolta di Marcantonio Negri " Affetti Amorosi" (1611), in cui Negri si riferisce a Quinciani come ad una sua allieva. Sembra che abbia lavorato a Venezia o Verona. Francesca Caccini ( Firenze 1567 - 1640 ) è stata una compositrice, clavicembalista e soprano. Figlia di Giulio Caccini, è considerata una fra le donne che maggiormente contribuirono all'evolversi della nascente musica barocca barocca all'inizio del Seicento. Fu la prima donna a scrivere un'opera teatrale. Le date di nascita e di morte sono incerte. Francesca Caccini rappresenta un'eccezione per il suo tempo. Nasce nella corte Medicea, primogenita in una famiglia di musicisti: il padre, Giulio Caccini, musico di corte, cantante e compositore; la sorella, Settimia, cantante; la madre, Lucia Gagnolanti, è definita valente cantatrice d'ignoto casato. Anche la donna che Giulio sposerà dopo la morte della moglie, Margherita Benevoli della Scala, sarà una cantante. All'età di tredici anni Francesca si esibisce, forse per la prima volta, in pubblico, cantando nel Concerto Caccini (formato dal padre, dalla sorella e dalla matrigna) in occasione del matrimonio di Maria dei Medici con Enrico IV, Re di Francia. Venne immediatamente notata per la sua bellissima voce e richiesta anni dopo, dalla stessa Maria dei Medici, alla corte del Re. Ma i Medici fiorentini le rifiutarono il permesso. Francesca Caccini oltre a distinguersi come cantante, viene istruita dal padre alle lettere; scrive poesie in latino e in volgare, apprende le lingue straniere: canta in francese e in spagnolo. Apre una scuola di canto, e dal 1619 già si parla delle sue discepole. Suona il liuto, il chitarrinetto e il clavicembalo e all'età di diciotto anni inizia a comporre. «La Caccini soprattutto s'impone come solista, cantando anche in francese e in spagnolo. Maddalena Casulana (1544 - 1590 ) Nebulosi i primi dati biografici e, del resto, poco si conosce con certezza di tutta la sua vita, i termini della quale sono per lo più desumibili dalle dediche contenute nelle sue opere o da riferimenti di altri compositori o scrittori del tardo Rinascimento. Ad ogni modo, si sa che a Casole, centro musicale all'epoca di Maddalena molto fiorente dove qualche anno prima operava il compositore e architetto Fra' Leonardo Morelli, detto Casulano, si compie la prima formazione musicale di Maddalena che, in seguito, ritroviamo alla corte medicea di Firenze, incoraggiata a perseguire l'attività professionale di compositrice da Isabella de' Medici, la quale le assicura protezione e le commissiona quella che sarà la prima opera interamente sua, Il primo libro de' madrigali a quattro voci. Pubblicata nel 1568, la raccolta si apre con una dedica della compositrice alla sua mecenate, molto interessante per la storia femminile considerato che vi si può leggere, tra l'altro, della necessità di «mostrare al mondo (..in questa profession delle musica) il vano error de gl'huomini, che degli alti doni dell'intelletto tanto si credono patroni che par loro ch'alle Donne non possono medesimamente esser communi». è stata una compositrice, liutista e cantante del tardo Rinascimento. Viene ricordata per essere stata la prima donna compositrice ad aver pubblicato nella storia della musica occidentale. Vittoria Aleotti ( Ferrara 1575 circa - dopo il 1620) Figlia dell'architetto ferrarese Giovan Battista Aleotti iniziò ancora bambina lo studio della musica, dopo aver ascoltato le lezioni che riceveva una sorella più grande. Maestri furono l'anziano Alessandro Milleville e successivamente Ercole Pasquini. Dopo almeno due anni di istruzione, il maestro raccomandò al padre di farle proseguire gli studi musicali presso il convento ferrarese di S. Vito, rinomato per l'eccellenza della musica. Vittoria entrò in convento all'età di 14 anni, e il padre ottenne per lei da Battista Guarini alcuni madrigali da porre in musica, che più tardi donò al conte del Zaffo; il conte li fece stampare a Venezia nel 1593 dall'editore Giacomo Vincenti con il titolo Ghirlanda de madrigali a quatro voci[1] e furono dedicate a Ippolito Bentivoglio. Oltre all'edizione veneziana, uscì a nome di Vittoria anche un madrigale a cinque voci (Di pallide viole), stampato in Giardino de musici ferraresi del 1591, una raccolta di musiche di vari autori tra cui anche Alessandro Milleville ed Ercole Pasquini. Alcuni studiosi hanno avanzato l'ipotesi che Raffaella Aleotti, ritenuta la sorella maggiore, sia stata in realtà la stessa persona (che avrebbe mutato nome al momento di prendere gli ordini), poiché né nel convento di S. Vito, né altrove, esistono documenti relativi a Vittoria, mentre Raffaella fu badessa del convento ed ebbe notevole fama come organista e «intendentissima della musica»[2]. Anche il testamento del padre, redatto nel 1631, nomina Raffaella e non Vittoria, tuttavia non esistono prove definitive a confermare questa supposizione. La dedicatoria del padre Giovan Battista Aleotti, afferma che delle sue cinque figlie, la maggiore era incline alla vita religiosa e studiò musica, e che Vittoria imparò dalle lezioni impartite alla prima. Purtroppo Battista non dice il nome della figlia più grande, ma le sue parole sono la fonte più autorevole, anche se non chiara, a sostegno della tesi di due sorelle distinte. Taliesin, il Bardo tratto da www.beniculturali.it
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13-04-2016, 16.44.06 | #5 |
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Le storie di queste donne dedite alla musica sono tutte interessanti, da rilevare come queste donne, per l' epoca, siano riuscite ad imporsi per la loro bravura ed ardimento.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
14-04-2016, 15.07.11 | #6 |
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Proprio come dite voi Milady...
E' grazie a Donne come quelle che ho umilmente descritto, se un certo tipo di melodia rinascimentale è riuscita, nella duttilità e nella dolcezza del loro genio, a sfociare nelle grnadi opere dei clavicembali barocchi suonati nei teatri di tutta Europa. Ma, chissà perchè, passarano alla Storia ufficiale solo i compositori e musicisti uomini perchè le Donne non potevano neanche palesare la loro figura in un palcoscenico... Grazie, come sempre Altea... Soprattutto per essere Una di Loro. Taliesin, il Bardo
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15-04-2016, 20.51.53 | #7 |
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Amato Bardo....credo che siate il migliore dei Cavalieri.....Amate l'animo femminile.....la storia e persino il tratto con cui l'uomo ne dipinse i lineamenti del corpo e del volto......che fu Amato..o idealizzato .......Attraverso voi ho conosciuto Sante ......o Donne combattenti......comunque fosse... Donne.......E questo Vi fa Onore......Grazie
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18-04-2016, 08.03.33 | #8 |
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Milady Elisabeth...
Ritrovare il vostro volto, i vostri fianchi, i vostri lineamenti, ma soprattutto il vostro Cuore in questo mio mondo, è come se queste Donne continuassero a vivere anche attraverso i vostri occhi. Se non esistessero Donne come Voi, che sanno ancora ascoltare, le mie Donne non sarebbero mai esistite... Siete mancata a questo Mondo. Taliesin, il Bardo
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19-04-2016, 15.05.03 | #9 |
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Mio Amato Bardo........questo meraviglioso mondo.....fatto di poesia...Cavalieri Dame...folletti......e tanta storia, leggenda........Forse sono mancata a Voi....e vi ringrazio per le vostre parole......mi fanno sentire una delle Vostre Donne...nella Storia.....so che sapreste narrare di me...al mondo intero.....
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25-08-2024, 18.32.31 | #10 |
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Mio caro bardo,
vorrei tenere "viva" la memoria di una donna che combattuto per l' indipendenza delle donne alla sua epoca ma non ha saputo forse rendersi indipendente dai tuoi tormenti...Virgina Woolf Qualunque cosa succeda, resta viva. Non morire prima di essere morta davvero. Non perdere te stessa, non perdere la speranza, non perdere la direzione. Resta viva, con tutta te stessa, con ogni cellula del tuo corpo, con ogni fibra della tua pelle. Resta viva, impara, studia, pensa, costruisci, inventa, crea, parla, scrivi, sogna, progetta. Resta viva, resta viva dentro di te, resta viva anche fuori, riempiti dei colori del mondo, riempiti di pace, riempiti di speranza. Resta viva di gioia. C’è solo una cosa che non devi sprecare della vita, ed è la vita stessa. Virginia Woolf
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
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