13-07-2008, 14.17.57 | #1 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Preludio di una leggenda (Pierluigi Curcio)
Mio il disonore, mia la vergogna e l’infamia. Io ultimo tra gli ultimi, causa della rovina del mio regno e della vita di coloro che ho amato. Non c’è più tempo per rimediare. Il vecchio il giorno dell’infamia, come ultima beffa, mi ha mostrato la morte nei cristalli di luna. Io l’Ard Rhi di Britannia… ho compromesso tutto per bramosia e cupidigia. La spada che porto non mi ha mai meritato… Ensis C. A. Liburni… dove sei padre ora che ho più bisogno di te?… In un tumulo di terra, colpito dalla lama traditrice di Vortigern. Chi ha lottato per ripristinare il sangue dei Re… la discendenza di Bran e dei figli perduti di Roma? Ed ora? … Ora la rovina incombe alle porte del regno. Angli, Scoti, Pitti… gli infimi Sassoni, tutti premono impazienti ai confini dell'Isola dei Potenti… cosa accadrà quando il veleno giungerà dritto al cuore e la morte mi strapperà a queste terre? I baroni spolperanno tutti i miei possedimenti come cani all’osso e non ci sarà più nessuno a fermarli, nessun grande Re… nessuno col potere della spada. Avevo un figlio. Non l’ho più… lui me l’ha portato via… ma mio fu il giuramento e con esso condannai tutti. Ridammi mio figlio, vecchio!
Il rimorso per l’inganno mi rode le ossa. Quale fu la colpa?… L’amore. M’innamorai come un bimbo sin dal primo battito del cuore in cui la vidi ed a nulla valsero i moniti del vegliardo. Tenni corte a Carlisle quell’inverno, vicino il vallo del grande Adriano e tutti i nobili vi confluirono per recarmi omaggio. La vidi e me ne innamorai in meno di un battito del cuore nonostante fosse accompagnata dal duca Hoel Signore di Tintagel, suo legittimo sposo. Era la donna più bella che avessi mai veduto, la chiamavo “baciata dal fuoco”, ma Ygerna era il suo nome. Una rossa chioma d’accesa fiamma spiccava nel bianco e fine volto. Duro. Regale… ed i suoi occhi… i suoi occhi color del cielo scagliavano lampi nei momenti d’ira, ma sapevano come tenere il cuore di un uomo sul palmo di una mano con catene che neanche Myrddin saprebbe ricreare. La vidi e la volli, senza remore, senza ritegno: feci in modo di restare solo in sua presenza, cercai di circuirla, le offrii ori e gemme preziose… arrivai ad usare l’ignaro marito: il migliore dei miei guerrieri – lo sciocco – l’amico… ma a nulla valsero le lusinghe e lei, giunta al culmine dell’esasperazione, ne informò lo sposo. Fuggirono come ladri nella notte recando seco i loro compagni, fu un affronto. Hoel mi aveva platealmente recato onta davanti a tutta la nobiltà ed un insulto di tal portata non può restare impunito. Gli mossi guerra accecato dalla gelosia e dal desiderio. Doveva essere mia... certo che cercai di dimenticarla, non sono le donne a mancare al mio desco: schiave, concubine, principesse… ma non erano i lombi a fremere… provavo una sottile e lacerante sofferenza, come se qualcuno mi avesse poggiato la punta di uno stiletto dritto sul cuore. Come scindere amore e dannazione? Gli mossi guerra ed il sangue scorse a fiumi… vidi i cadaveri mutilati della mia gente, cadaveri di britanni morti per l’egoismo di un sol uomo… il mio. Hoel, Signore di Tintagel doveva morire: la morte di un amico per la salvezza di un regno e per la dannazione della mia anima. Mandai a cercare Myrddin, ma Myrddin non venne. Esasperato e rassegnato tentai persino di dettare la pace per far fronte comune contro gli Scoti che minacciavano di scendere a frotte dal Nord oramai poco presidiato, ma non sono l’unico caparbio ottuso in questa storia: Hoel sentendo le corna d’alce irretirlo sul capo, respinse ogni possibilità d’incontro e fu allora che il vecchio fece ritorno. “So cosa alberga nel tuo cuore” Mi sussurrò. “Se lo sai non hai che il dovere di compiere il desiderio del tuo Re. Voglio Ygerna, voglio Tintagel ed ancor di più voglio vedere suo marito prostrato nel fango.” “V’è un prezzo per tutto mio Sire, sei disposto a subirne le conseguenze? Sei disposto a pagare il fio per la tua lascivia?” “Non c’è niente che io non possa fare o sopportare, parli col tuo Re, vecchio.” “Tu non meriti il titolo di cui ti fregi e non sarai mai il vero Ard Rhi, lui non distrugge il suo popolo, lo protegge e lo pasce, sei solo un uomo… un piccolo uomo.” “Bada vecchio, il tuo piccolo uomo ha ancora il potere di far porre la tua testa su una picca in cima ai bastioni della rocca”. “Fallo e sarai maledetto dagli dei.” Mi guardò fisso negli occhi ed in essi vidi il fuoco… indietreggiai impaurito. “Questa notte Ygerna sarà tua, ma il frutto di questa notte è mio. Giura!” “Fatti, non parole… vecchio. Agisci ed avrai qualunque cosa mi chiederai.” Partimmo al calar del sole, io, Myrddin ed il mio scudiero, il giovane Prywen. Tintagel la nostra meta. “Mio Signore, ci uccideranno… siamo in pieno territorio nemico, basterebbe una sola pattuglia e per noi sarebbe la fine, torniamo indietro mio Signore. Non sono un vigliacco, ma…” “Non rispondi? Io al tuo posto prenderei la proposta in seria considerazione.” Sorrise malizioso il vecchio. Era passato da poco il primo quarto di luna allorché giunti ad una polla d’acqua Myrddin ci fece scendere da cavallo. “Fate come me.” S’inginocchiò nel fango e prese a passarselo sulle braccia, sul corpo, sul viso. Lo imitammo. “Ora” Bisbigliò “è tempo di andare, la duchessa di Tintagel ci attende” “Sei pazzo, vecchio, le guardie ci scopriranno. Credi che basti un po’ di fango per mascherare il mio volto?” Esclamai allarmato. “Hai promesso, ricorda. Tu non sei più il grande Re, Prywen non è più il tuo scudiero ed io… io non sono più il tuo vecchio. Seguimi e non aver timore, questa notte ogni tuo desiderio si esaudirà: è la notte di Samain ed i morti camminano tra noi.” Giungemmo così alle porte della rocca, nei pressi dell’alta scogliera. L’infrangersi delle onde giungeva distinto ai nostri orecchi, giunti all’ingresso fummo bloccati dalle guardie che… fatto un rapido inchino ci lasciarono passare… che la fortezza fosse già in mano nostra? Pensai che così fosse finché non ci venne incontro Uriel, il maniscalco della rocca… la mano scivolò lesta sull’elsa della spada. “Mio Signore, pensavo ti stessi preparando per la battaglia, i profughi affermano che l’esercito del Re è quasi alle porte…”. Qualunque cosa avesse fatta Myrddin, io ora ero Hoel. “Il vento corre più veloce delle voci ed ancor di più degli uomini, no, non dolerti amico mio, c’è ancora tempo per la lotta. Devo vedere mia moglie, dov’è?” Domandai impaziente. “Nella torre, mio Signore e tua figlia è con lei.” Congedai l’uomo con un cenno del capo, poi fissai il vecchio. “Non so come tu ci sia riuscito, ma avrai la mia gratitudine per sempre”. “Tu mi odierai mio Re ed io odierò me stesso per averti mal consigliato, ma gli uomini sono uomini ed anche gli dei sbagliano. Non ti biasimerò per quel che non sei. Ricorda. Dovremo esser fuori di qui prima dell’alba”. Entrai nella stanza ed ella mi riconobbe come il suo legittimo marito e grande fu la gioia. La possedetti senza neppure levarmi l’armatura, una, due, tre volte, indi mi congedai. La bambina, Morgause, mi vide e mi riconobbe. Il mattino dopo, mentre il nostro gruppetto era al sicuro nel nostro accampamento, dei cavalieri si presentarono al castello recando un uomo in una lettiga: Hoel duca di Tintagel era morto quella stessa notte per una caduta da cavallo. Grande fu la meraviglia di coloro che credevano di aver visto il proprio Signore ripartire solo poche ore prima. Nessuno associò comunque il mistero con me. Nessuno eccetto la bimba. Il regno fu pacificato ed io fui libero di sposare Ygerna. Sei lune dopo nacque un bimbo, roseo, sano e forte come un torello. Immensa la nostra gioia: avevo un erede. Egli crebbe felice nella propria casa per le prime due estati, poi il vecchio venne a reclamare la sua ricompensa. Mi trovavo con la mia sposa nella stanza del piccolo… prendeva ancora il latte dal seno ed il sole, entrando nella camera, creava un alone di luce particolare che ancor oggi mi pare irreale. “Ricorda la tua promessa, mio Re: dammi il bambino”. “Come puoi, vecchio? Il bimbo è il mio erede, nostro figlio. Non hai un cuore?” “Oggi è il tuo vero giorno da Re e nessuna guerra ti ha mai preparato a questo. Dammi il bambino. I morti ricordano” Lo strappai dalle braccia della madre con le lacrime agli occhi. Ygerna urlava. Non rividi più mio figlio, non rividi più Myrddin. Ygerna è morta due inverni fa ed io giaccio in questo letto di morte a rimembrare i miei errori e la mia superbia, solo. Non mi hanno ucciso le spade dei Pitti, le lance degli Scoti o gli odiati Sassoni, ma gli occhi di una bambina che non hanno dimenticato. Odio genera odio. Questa è la storia di Uther Pendragon Ard Rhi di Britannia, Re dei Re … stolto tra gli stolti. Il racconto è stato scritto da Pierluigi Curcio, ed è apparso sul Corriere del Sud n° 1 del 30/01/2007
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"La Morte sorride a tutti... Un uomo non può fare altro che sorriderle di rimando..." Sito Web: http://digilander.libero.it/LoreG27/index.html Libreria on-line: http://www.anobii.com/people/gelo77/ Ultima modifica di Hastatus77 : 01-08-2008 alle ore 13.41.45. Motivo: Aggiunta fonte |
13-07-2008, 15.00.51 | #2 |
Dama
Registrazione: 23-03-2007
Messaggi: 3,842
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Bello!!! Anche se conosco abbastanza la storia di re Artù...mi emoziona ogni volta che leggo parti di essa
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