24-03-2016, 01.18.08 | #1 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Le Florealiche
“Ma io nella tua fedeltà ho confidato;
esulterà il mio cuore nella tua salvezza, canterò al Signore, che mi ha beneficato.” (Salmo 13) Prologo Nel giro di qualche miglia la terra era divenuta pianeggiante, di un verde tenero, le costruzioni in pietra, sparse qui e là per le campagne, avevano ceduto il posto a quelle in mattoni e abbondanti pascoli brulicavano in campi dalla vegetazione rigogliosa che tradiva un clima più generoso e più umido. I fertili appezzamenti coltivati erano ben disegnati da riquadri regolari che richiamavano l'antica struttura della centuriazione romana sorta secoli prima in quelle felici campagne, circondati dal ridente bosco che conferiva al paesaggio un profilo vago e sfumato, simile allo scenario fantastico di un sogno. La carrozza cigolata proseguiva il suo tragitto quando ormai le montagne circostanti avevano assunto quell'aspetto fiero, indomito e selvaggio dei tipici scenari che dominavano la natura tra la costa e l'entroterra, culla millenaria della civiltà Afragolignonese. La pesante vettura imboccò un brullo e solitario sentiero laterale, ai cui margini si snodavano dolci pascoli verdeggianti e lungo il folto profilo della vegetazione si stagliavano vecchie case dal tetto piano. Ma dietro quel paesaggio screziato di idillio pastorale sorgeva, silenzioso ed enigmatico dall'oscuro ventre del crepuscolo, il profilo tetro della sterminata brughiera Capomazdese, attraversato dalla sinistra sagoma di inquietanti ombre. La carrozza prese a risalire profondi sentieri solcati sin dalla notte dei tempi da attività umane oggi ignote o dimenticate, fiancheggiati da margini sassosi ammantati di muschio ed erbe selvatiche. Tutt'intorno dominavano sterpi intrecciati, rovi spinosi, alti pini e robuste felci che si stagliavano in un crepuscolo che sembrava infinito. “Ormai manca poco...” disse messer Avevola, Ciambellano di Corte “... fra un'ora saremo a Capomazda.” “Già...” annuì ser Pietro, cortigiano della corte ducale “... tutti attendono i risultati della nostra inchiesta...” “E noi gli riveleremo tutto, ogni cosa.” Fece Padre Bravo. “Dopotutto l'intelletto umano, Dono dell'Altissimo, deve illuminare le ombre dell'ignoranza e della superstizione.” “Quando si hanno predecessori morti in situazioni a dir poco misteriose” mormorò Avevola “c'è ben altro oltre l'ignoranza e la superstizione.” “Noi” Pietro “abbiamo raccolto documenti ed informazioni importanti, tanto da poter racchiudere tutta la questione in tre teorie. La prima perfettamente spiegabile ed ahimè altamente probabile... la seconda invece la definirei possibilistica, ma non assurda... la terza infine...” esitò “... magari potrebbe soddisfare il popolo, ma dubito che susciterebbe uguale sentimento nella scienza e nella ragione umana.” “Voi, messere, parlate della ragione come se fosse un dio pagano.” Fissandolo Padre Bravo. “E' l'arma più forte che possediamo, padre.” Rispose Pietro. “In pratica...” guardando fuori dal finestrino Avevola “... dobbiamo rivelare al futuro Arciduca che il misterioso e secolare flagello conosciuto come la Gioia dei Taddei può spiegarsi attraverso tre teorie... di cui una logica, una audace ed un'altra... beh, del tutto assurda...” Ma il rintocco delle campane interruppero i loro discorsi. La carrozza cigolata intravide infatti le mura e le guglie di Capomazda. LE FLOREALICHE AVVENTURA I: I misteri della brughiera nera “Erano magnanimi re, nati d'altissima stirpe, audaci nella loro potenza, famosi e prodi guerrieri.” (I Nibelunghi) Era ormai giunta la sera quando la carrozza cigolata varcò le porte della città. La temibile brughiera pareva arrestarsi contro le monumentali ed invalicabili mura della capitale, restando tuttavia quasi appostata, come una fiera famelica, in attesa. Tutto ora appariva conosciuto, luminoso, civile, come se un mondo selvaggio cedesse adesso il passo ad uno evoluto, umano ed intellegibile. Una docile curva si alzava appena dopo l'ingresso cittadino, fatta di casupole, stradine e muretti di cinta che davano un senso di ordine ed armonia a quella che veniva chiamata Città Bassa. In verità non perchè fosse situata in un punto inferiore rispetto a quella invece definita Città Alta, ma solo per distinguerla dalla parte nobile della Capitale, quella in cui si ergevano i palazzi, le torri, le cappelline e la chiesa che come una cintura sembravano cingere l'agorà, ossia il complesso aristocratico del secolare e magnifico Palazzo Ducale. La struttura, tradendo il suo originario impianto di castello fortificato, inglobava, oltre a quella conosciuta da tempo come Domus Ardeliana, il cuore del potere Taddeide, botteghe, fabbriche, una grossa taverna e naturalmente la Cappellina dell'Immacolata, dov'era custodita la spada Parusia. La Porta dei Leoni, sebbene oggi sprovvista delle due statue dei fieri felini scudati, fungeva da grandioso ingresso a questa cittadina fortificata, detta anche Proibita, dove nel suo centro sorgeva la Domus e dunque il palazzo vero e proprio. Tutt'intorno la città brulicava ancora di persone, tra le botteghe, le stradine e le case. Un'umanità vivace ed attiva riempiva quel mondo nobiliare dove ad ogni passo si potevano riconoscere segni e simboli della Fede Cattolica, da sempre linfa dei Capomazdesi. Le questioni interne che avevano scosso la famiglia ducale, prima afflitta dalla misteriosa ed improvvisa morte del vecchio Duca Anione e poi dalle tensioni sorte tra i suoi eredi e pretendenti al seggio Taddeide, sembravano però non scuotere più di tanto la popolazione che invece continuava come sempre la sua vita e le sue attività nel vivo della Settimana Santa che portava alla Santa Pasqua. +++
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24-03-2016, 01.42.56 | #2 |
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La sera era calata ormai su Capomazda.
Nonostante fosse una cittadina devotamente cattolica mi piaceva; c'era quel giusto equilibrio fra la civiltà così raffinata, aristocratica ed intellettuale e quello spirito inquieto e selvaggio al di là delle mura, nella brughiera. Era come se questi due lati di una sola città rispecchiassero i due aspetti della mia personalità, in parte legata alla nobiltà, in parte avvinta dallo spirito antico e primordiale del paganesimo. I miei genitori, un conte ed una contessa appartenenti a due delle famiglie più influenti del Nord, non avevano accolto di buon grado la mia scelta di partire e lasciare la mia città natale, soprattutto perchè la prima causa della mia partenza era stata la libera professione della magia, pratica che loro mi avevano caldamente sconsigliato di intraprendere, sebbene mia madre sapesse che era una cosa a cui non potevo rinunciare, era una parte di me; tuttavia non la biasimavo, poichè era stata la magia, soprattutto secondo mia madre, a portarle via sua sorella, ovvero mia zia, la persona con cui condividevo ogni mio segreto o progresso relativo alla magia. In preda a questo diluvio di pensieri, mentre ero intenta ad osservare la Luna piena e grande stagliarsi sulla città, finii di prepararmi e scesi nella grande ed elegante sala del palazzo per la cena.
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"La passione tinge dei propri colori tutto ciò che tocca" BALTASAR GRACIÁN "Sappi che la Luna è il messaggero degli astri. Essa infatti trasmette le loro virtù da un corpo celeste all'altro" ABU MASAR, "Libri mysteriorum" Ultima modifica di Lady Gwen : 24-03-2016 alle ore 02.10.52. |
24-03-2016, 02.31.58 | #3 |
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Gwen scese le scale che la condussero poi al pianoterra.
Imboccò un corridoio immerso nella penombra, dove dalle pareti gli sguardi enigmatici degli antichi duchi Taddeidi parevano osservare chiunque attraversasse quei luoghi. Un vago silenzio era calato, tra il tremolio delle candele e il basso chiarore che a stento penetrava dalle finestre in fondo al corridoio. Inquieti e curiosi giochi di chiaroscuro allora sembravano aver imprigionato misteriose ombre, mentre il fruscio del lungo abito della ragazza rasentava il pavimento. Oltrepassato il corridoio, Gwen fu immersa nel mormorio dei servi e dalla voce squillante e petulante di un vecchia servitrice che dava indicazioni dal tono simili ad ordini perentori. Infine la ragazza entrò nella Sala Grande, col suo pavimento intarsiato di marmi antichi e le pareti tappezzate di prezioso raso. Attorno alla tavola stavano il cortigiano Pietro ed il parroco Bravo. Entrambi rivolti verso un uomo dagli abiti sfarzosi e l'espressione divertita. Si trattava di lord Rovolin, nipote del defunto Arciduca Anione e pretendente al seggio Capomazdese.
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24-03-2016, 02.40.40 | #4 |
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Scese le scale, mi ritrovai in un corridoio in cui dominava la penombra. Non ci avrei mai fatto l'abitudine agli sguardi che i duchi Taddeidi mi lanciavano dai loro austeri ritratti.
Superate le ombre del corridoio e la sua inquietudine, rotta solo dal fruscio delle preziose stoffe del mio vestito, trattenni una risata alla voce squillante della servitrice che impartiva ordini ai servi, quasi fosse un condottiero in guerra al suo esercito. Mi ritrovai poi nella luminosa e lussuosa sala, alla cui tavola erano già seduti Pietro, il cortigiano, e Padre Bravo. Entrambi discutevano con un uomo dagli abiti sfarzosi e l'aria divertita, un aspirante al seggio Capomazdese, lord Rovolin. ''Buonasera, signori'' li salutai, con un sorriso cortese, sedendomi.
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24-03-2016, 02.59.41 | #5 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Alla voce di Gwen i tre interruppero i loro discorsi, per poi volgersi verso la giovane, salutandola con cortesia.
“Venite pure avanti, milady...” disse Rovolin, facendo segno agli altri di cedere il posto alla ragazza “... tra breve sarà servita la cena...” sorseggiando dal suo calice “... e di certo ci dedicheremo a discorsi ben più piacevoli, vista la vostra deliziosa presenza con noi a tavola. Dico bene, signori?” I due uomini annuirono. “Anche perchè storie di morte poco possono essere affini agli interessi di una giovane dama.” Aggiunse Rovolin.
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24-03-2016, 03.06.41 | #6 |
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Sorrisi e presi posto a tavola.
''Io credo nella vita, Milord, e la morte è solo una parte inscindibile di essa, ma accetterò qualsiasi discorso con cui vorrete intrattenerci' dissi con un cenno del capo, sorridendo e sorseggiando del vino. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk
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24-03-2016, 03.20.39 | #7 |
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Che strana notte questa.
Una notte colma di misteri, di sospiri nascosti dietro una finestra illuminata, una notte di pace, una notte d'attesa, una notte indecifrabile. Non sarebbe toccato a me il giro di ronda, questa sera. Eppure in una notte come questa sentivo il bisogno di guardare il mondo dall'alto, la brughiera e le colline avevano un'aria rassicurante viste da lassù, come se il solo poterle abbracciare con lo sguardo potesse bastare a proteggerle. Nemmeno sentivo la pioggia scorrere leggera e impertinente sulla mia pelle, come una gelida ed umida carezza. Sentivo il vento, quello sì, sfiorare le mie gambe lasciate libere dalla corta gonna delle divisa verdeaurea, valido compromesso tra il desiderio di femminilità e la necessità di una tenuta pratica per il combattimento. Sento il freddo dei pugnali sulle cosce, quasi che le le gocce di pioggia fossero le loro lacrime, ad ogni passo sempre più invadenti. Fortunatamente gli alti stivali reggono bene la pioggia di primavera, e il cappuccio del mantello calato sul viso cela bene i miei capelli, proteggendoli dall'umidità, dunque non ho di che preoccuparmi. No, non è certo la pioggia a preoccuparmi in questa notte, sembrava dire il mio sguardo perso nella brughiera, uno sguardo indagatore, vigile, attento. Restai immobile per un lungo istante, fissando un punto indefinito nella brughiera. Un lungo istante in cui mille pensieri attraversarono la mia mente. Poi un sospiro. Non potevo passare tutta la serata sulle mura. Così, a malincuore per quella solitudine perduta rientrai, lasciando ricadere all'indietro il cappuccio. Subito mi accolse il tepore del camino acceso, anche in quell'ala del palazzo, spesso lontana da sfarzi e luccichii. Eppure a volte mi sentivo più a casa lì che al mio palazzo. Un giovane snello, dai riccioli scuri e lo sguardo pulito mi attendeva. Lanciai un'ultimo sguardo alla notte sparita dietro la finestra sbarrata, e tornai a concentrarmi sul presente. "Novità, Elas?" chiesi al ragazzo, con un leggero sorriso. |
24-03-2016, 03.27.59 | #8 |
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Rovolin rise a quelle parole di Gwen, per poi sorseggiare altro vino.
“Quanta saggezza” disse “in una così giovane dama.” Divertito. “Dite dunque che la morte è una parte della vita? Si, plausibile, logico, coerente. Eppure esiste morte e morte... una morte naturale forse, ma non certo una traumatica, violenta, persino terribile... non credete?”
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24-03-2016, 03.33.05 | #9 |
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Sorrisi a Rovolin.
''Una morte traumatica, violenta, persino terribile'' dissi, citando le sue parole ''E' solo l'accelerare i tempi di qualcosa che sarebbe comunque accaduto naturalmente. Vedete? Si ritorna sempre allo stesso punto'' con un sorriso enigmatico. Inviato dal mio Archos 90 Copper utilizzando Tapatalk
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24-03-2016, 03.42.58 | #10 |
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“Tutto tranquillo, signore.” Disse Elas a Clio. “Magari tutte le sere fossero tranquille come questa.” Gettando uno sguardo oltre le mura, verso la brughiera silenziosa ed indefinita.
Il tono del militare tradiva l'angoscia ancora viva per gli accadimenti che avevano portato alla morte misteriosa e terribile dell'Arciduca.”
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