22-03-2011, 05.13.04 | #1 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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La Gioia dei Taddei
Il vento, diffondendo ovunque un sinistro eco di morte, soffiava forte quella sera sulla brughiera.
Le nubi, inquiete, si contorcevano fra loro flagellate da quello stesso vento, come se il Cielo fosse sul punto di precipitare sulla terra e distruggere ogni cosa. La Luna, coperta, mostrava solo a stento il suo pallido alone che, riflettendosi sulle tormentate nuvole, scendeva come un velo spettrale ricoprendo e rendendo sfocata ogni cosa. Il vecchio Joseph, lo stalliere del duca, si stringeva nel suo mantello per ripararsi dall’ardore del vento, quando notò il cancelletto di ferro, che dal cortile dava ai giardini del palazzo, insolitamente aperto. Aveva piovuto per tutto il giorno e solo l’improvviso arrivo del vento cominciò ad asciugare le levigate pietre del Viale delle Statue. Ma il fedele stalliere fece in tempo a notare le impronte del duca ancora fresche. Percorse allora a passo svelto il viale fino al muretto che racchiudeva i giardini. E qui fece l’orribile scoperta. Il corpo senza vita del duca, lord Rauger de Taddei, era a terra, con la faccia all’ingiù, tra il fango ed il pietrisco reso viscido dalla pioggia. Aveva i pugni serrati, nei quali teneva stretta l’erba ed il terreno strappato da terra prima di morire. E quando lo stalliere si chinò per voltare il corpo del suo padrone, vide quella terribile ed innaturale espressione sul volto del duca. Ogni muscolo del viso era contratto, come se un’emozione fortissima avesse scosso lord Rauger prima di morire. Tanto che solo a stento il fedele Joseph riuscì a riconoscere il suo padrone. Quel volto appariva stravolto, forzato, come se prima di morire il duca avesse visto qualcosa di terribile ed indicibile. E proprio in quel momento un sinistro nitrito si diffuse nell’aria. Una sagoma nera a cavallo, avvolta da un lungo mantello rosso, fissava lo stalliere. Si confondeva tra le tenebre ed il pallido alone della Luna. Un profondo e delirante lamento, come proveniente dalle profondità dagli inferi, terrorizzò in quel momento il vecchio Joseph, mentre quella misteriosa figura restava immobile a guardarlo da lontano. Un attimo dopo svanì, come portata via dal vento, nell’oscurità della brughiera… LA GIOIA DEI TADDEI Un araldo a cavallo galoppava rapido verso la piazza centrale di Camelot. Recava con sé un bando firmato da lord Astalate, uno dei più fidati e potenti consiglieri del re. Raggiunta la piazza, l’araldo cominciò a leggere il contenuto del bando: “Gente della nobilissima Camelot, udite! Il ducato di Capomazda è sotto attacco! Dopo la tragica morte di lord Rauger de Taddei uno dei suoi baroni, sir Cimarow, ha mosso guerra contro le terre del suo defunto signore. Questo potrebbe scatenare tensioni e disordini tra gli altri feudi, portando i vari duchi a battagliare fra loro. Non solo uomini d’armi sono chiamati in questo drammatico appello, ma tutti coloro che sapranno dare aiuto alla popolazione del ducato, ormai in balia di stenti e della paura. La stirpe dei Taddei fu sempre amica ed alleata del nostro reame. Il Cielo oggi da la possibilità a noi tutti di ripagare la generosità dei nostri vicini!”
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22-03-2011, 09.18.19 | #2 |
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“Gente della nobilissima Camelot, udite!
Il ducato di Capomazda è sotto attacco! Dopo la tragica morte di lord Rauger de Taddei uno dei suoi baroni, sir Cimarow, ha mosso guerra contro le terre del suo defunto signore. Questo potrebbe scatenare tensioni e disordini tra gli altri feudi, portando i vari duchi a battagliare fra loro. Non solo uomini d’armi sono chiamati in questo drammatico appello, ma tutti coloro..." La voce chiara e squillante dell'araldo che invadeva con il suo annuncio ogni angolo di strada, di colpo si spense. Si spense nella sua mente, nel suo orecchio, come se una forza superiore l'avesse annullata e il suo pensiero veloce fosse già volato altrove. "Sempre la solita, vecchia storia..." mormorò Morrigan lentamente. Posò con un gesto calcolato il boccale che teneva in mano sopra il legno lucido e consumato del lungo bancone, e sul suo viso si disegnò uno strano sorriso. "Oste, ditemi quanto vi devo, e fatelo in fretta. Sembra che qui stia per scatenarsi l'inferno, e io ho già abbastanza demoni da inseguire per potermi occupare anche dei vostri... quindi siate gentile, ditemi quanto volete per la notte passata e per il cibo, che io possa andarmene da qui il prima possibile!"
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?" "Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!" |
22-03-2011, 20.11.48 | #3 |
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Ero a casa di mio nonno, che il giorno successivo dovevo partire per tornare a casa e lui mi chiamò dicendomi che doveva parlarmi e darmi una cosa importantissima non sapevo di cosa si trattasse ero molto curioso allora andai dove stava mio nonno e chiesi mi avete fatto chiamare nonno? domandai sorridendogli e aspettai che mi rispondesse
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fabrizio |
22-03-2011, 20.23.49 | #4 |
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La casa rustica era invasa dal Sole e da un fresco vento che dalla campagnava circostante soffiava trasportando un dolce odore di campo.
Il vecchio nonno di Cavaliere25 era sull'uscio e stringeva in mano qualcosa che sembrava aver un valore molto particolare per lui. E nel vedere suo nipote, il vecchio gli si fece incontro. "Ragazzo mio..." disse "... il tempo è ormai giunto... lascerai questa casa e questa terra per raggiungere il ducato di Capomazda. Li cercherai di entrare nella guardia ducale, da sempre il fiore della cavalleria di tutta Afragogna! Ricorda, sei un afragognese e nelle tue vene scorre lo stesso sangue degli Arciduchi che ci governano! Due cose devono esserti care più della vita... la tua Fede, per avere il favore dell'Onnipotente, e il tuo onore, per avere quello degli uomini! Cerca ogni occassione e sfrutta tutte le situazioni, poichè il destino una sola volta offre i suoi frutti!" Restò un attimo in silenzio e poi continuò: "Io fui, in gioventù, guardia del duca ed ebbi l'onore di conoscere il Capitano Monteguard, oggi capitano dei soldati ducali! Va da lui e consegnagli questa lettera di presentazione! Custodiscila perchè in essa vi è il tuo futuro!" Si tolse la spada e la diede al nipote. Poi commosso lo strinse forte. "Ora va..." concluse "... e fai in modo che la grandezza delle tue gesta giunga fino a quaggiù!"
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22-03-2011, 20.27.33 | #5 |
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presi tra le mani la lettera e la spada guardai dritto negli occhi mio nonno e dissi state tranquillo nonno diventerò una guardia ducale come eravate voi e iniziai ad incamminarmi sulla strada e mentre percorrevo il sentiero mi girai per dare l'ultimo saluto a mio nonno
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fabrizio Ultima modifica di cavaliere25 : 22-03-2011 alle ore 20.34.22. |
22-03-2011, 21.00.23 | #6 |
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"Fanno un Taddeo giusto giusto!" Disse l'oste a Morrigan. "Sembrate un'esperta d'armi... e da ciò che l'araldo ha detto c'è un gran bisogno di gente come voi. Del resto è un modo come un altro per guadagnare qualche soldo... purtroppo la vita, in questi tristi tempi, non è che valga poi molto..."
In quel momento alcuni uomini entrarono nel locale. "Pace e bene, a tutti!" Esclamò il chierico scortato da alcuni funzionari ecclesiastici. "Sapreste dirmi, per favore, come si arriva al castello di lord Astalate? Siamo attesi da sua eccellenza ma non conosciamo bene dove si trovi la sua dimora." "Monsignore, essa è dall'altra parte di Camelot." Rispose l'oste. "Seguite la via principale fino alla rocca detta Degli Alabardieri... lì troverete una stradina secondaria... percorretela tutta e giungerete al castello di lord Astalate."
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22-03-2011, 21.26.26 | #7 |
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Intanto, Cavaliere25, in sella al vecchio cavallo datogli da suo nonno, si dirigeva verso il ducato di Capomazda.
E attraversato il folto bosco prima e la verdeggiante campagna poi, il giovane aspirante cavaliere avvistò finalmente le potenti mura fortificate del palazzo dei Taddei. Sorgeva nella campagna avvolta da un'inquieta nebbia. Tutto sembrava percorso da un irreale silenzio e nel vedere quel luogo Cavaliere25 fu preso da una velata angoscia.
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22-03-2011, 21.32.23 | #8 |
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ero un po triste dato che mi ero diviso da mio nonno ma sapevo che dovevo compiere ciò che mi era stato detto di fare era mio dovere rispettare il volere del nonno allora ripresi la cavalcata e dopo un po arrivai davanti al cancello del castello e mi fermai
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fabrizio |
23-03-2011, 01.28.41 | #9 |
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La carrozza procedeva lenta sull’ampia strada, mentre il suo andamento ondeggiante e regolare trasportava il flusso dei miei pensieri.
Mi sentivo come se tutta la mia infanzia, ogni giorno che avevo vissuto, ogni mia singola azione o desiderio mi avessero portata in quella direzione e verso quel destino... ogni minima cosa mi aveva preparata a quel giorno, ogni istante della mia vita era stato propedeutico a quell’unico evento focale... ed ora, finalmente, ero lì! Quel giorno era arrivato e tra poco avrei finalmente coronato quel sogno! Tra poco lo avrei incontrato, avrei potuto guardare i suoi occhi davvero e non attraverso una tela, tra poco avrei potuto udire la sua voce per la prima volta... quella voce che tante e tante volte avevo sognato. Ero felice e preoccupata allo stesso tempo, ero ansiosa. Per l’ennesima volta sfiorai con le dita il prezioso medaglione che avevo al collo e feci scattare l’ingegnoso meccanismo, il quale aprendosi mostrò la ricca miniatura che vi avevo fatto inserire... una miniatura che era la copia fedele di quell’amato ritratto, una miniatura che mi aveva permesso di portare sempre con me quell’immagine, di portarla sul cuore, e di poterla ammirare ogni qualvolta l’avessi desiderato. Il medaglione si aprì dunque e io tornai a fissare quel volto... il ritratto originale era rimasto alla mia famiglia, insieme ad un ritratto mio, e per quel viaggio niente altro che quella miniatura avevo da ammirare... ma non mi dispiaceva perché di lì a poco lo avrei incontrato, l’oggetto di tutto il mio amore, e nessun ritratto sarebbe servito più. Sospirai e distrattamente spostai una mano di lato, sul seggiolino, dove Pascal dormiva placidamente, acciambellato. Pascal era l’unico amico che mi era stato concesso di portare con me... tutto il resto, l’anziano balivo che mi sedeva di fronte, sì come il resto del seguito nelle altre carrozze, era stato interamente composto per me dal mio futuro sposo, che li aveva mandati a prendermi con tutti gli onori... O almeno questo era ciò che mi era stato detto. In un primo tempo, per la verità, mi era parsa strana tutta quella fretta... avevo passato anni ed anni senza alcuna certezza se non quella che un giorno il mio promesso sarebbe giunto a prendermi e mi avrebbe portata via con sé. Non sapevo niente di lui, possedevo soltanto quel ritratto che i miei occhi avevano rischiato di consumare per quante volte lo avevano ammirato e rimirato... mi ero innamorata di quel ritratto e con il tempo avevo iniziato a parlargli, avevo iniziato a sognarlo... lo avevo immaginato giungere a corte su di un cavallo bianco, meraviglioso nella sua cotta lucente da cavaliere... E invece non era stato così. Nessun segno da lui, neanche un messaggio... finché non era improvvisamente arrivato quell’anziano funzionario alla testa di quel piccolo ma regale seguito, aveva chiesto di parlare urgentemente con mio padre e in due giorni avevano preparato la mia immediata partenza. Non avevo ricevuto spiegazioni o chiarimenti e non avevo compreso la tristezza negli occhi di mia madre, che mi avevano seguita finché la carrozza non aveva voltato l’angolo. Continuai a carezzare piano Pascal, grattandolo di tanto in tanto dietro le orecchie... lui non si mosse e non aprì neanche un occhio, ma iniziò sonoramente a fare le fusa. Non avevo ricevuto neanche una risposta alle mie mille domande, era vero, ma in fin dei conti non mi importava... continuavo a fissare quella miniatura con un imperituro sorriso sulle labbra perché ogni mia gioia era racchiusa in quella miniatura, ogni mio sogno era nato fissando quel volto e ogni mio desiderio lo riguardava. Da sempre! E mi ero convinta che presto lui stesso mi avrebbe fornito le risposte che desideravo. Mi ero convinta che, quando lui fosse stato vicino a me, non avrei più avuto bisogno di nessuna risposta. “Milady, ci siamo quasi...” disse ad un tratto l’anziano funzionario, destandomi dai miei pensieri “Guardate! Laggiù, su quell’altura, potete scorgere la città in cui siamo diretti!” Sollevai così gli occhi e li spinsi fuori dal finestrino... il sole rischiarava l’aria in quella fresca mattina e rendeva il paesaggio di una luminosità disarmante. La campagna correva tutto intorno con mille colori e profumi, udivo il canto della natura intorno a me che si accordava con il canto della mia anima... ogni cosa era perfetta. Ed in fondo al paesaggio, come un niveo fiore sulla cima di quella piccola altura, si ergevano le candide mura della città... Sussultai alla vista, balzai in piedi e mi protesi quasi fuori dal finestrino della carrozza, quasi a volerla raggiungere prima... “Così queste sono le sue terre?” chiesi con un filo di voce. “Qui è dove lo incontrerete!” mi rispose concisamente il balivo. Gli sorrisi appena, poi tornai a guardare fuori... Mai era stata tanto felice e tanto agitata, mai ero stata tanto eccitata e spaventata allo stesso tempo! Pascal saltò silenziosamente sul davanzale e prese a strusciarsi contro la mia mano, nel disperato tentativo di attirare la mia attenzione. Questo mi riscosse da quel ricordo. Erano passati non più che pochi mesi dal quel giorno, il giorno in cui tutto era iniziato... ma quante cose erano cambiate! Lanciai un’ultima occhiata fuori dalla finestra, oltre la quale la pesante pioggia si stava infittendo sempre più, rendendo il paesaggio sempre più grigio e tetro... tetro come il mio umore. Presi allora il gatto in braccio e voltai le spalle alla finestra... “Quanti sogni infranti, Pascal!” mormorai accarezzandolo, mentre andavo a sedermi su di un’ampia poltrona dall’altra parte della stanza “Quante delusioni, quanti desideri disattesi... perché, Pascal? Perché?” Lui si sistemò sulle mie ginocchia, restando a fissarmi con quei suoi vividi occhi verdi che sembravano quasi volermi leggere dentro. Distrattamente le mie dita scivolarono lungo la sottile collana che portavo al collo, fino a quel medaglione... lo presi tra le mani, feci scattare il meccanismo e fissai per l’ennesima volta quel volto nella miniatura. Sospirai.
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
23-03-2011, 02.39.58 | #10 |
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Nel frattempo, verso la piana detta delle Cinque Vie, un drappello di soldati ducali era in attesa di un nemico la cui presenza sembrava essere annunciata dal vento…
“Signore!” Chiamò uno dei soldati. “Signore! E’ ritornato il soldato che avevate mandato ad avvistare il nemico…” “Ebbene?” Chiese il comandante del drappello. “Ecco… pare non giungeranno rinforzi…” “Come sarebbe?” “La squadriglia ferma verso i grandi pascoli è stata attaccata da un gruppo di cavalieri… ed è stata praticamente annientata… il soldato appena giunto ha visto tutto… è stata una carneficina…” “Come è possibile?” Chiese turbato ed incredulo il comandante. “Un gruppo di cavalieri ha sconfitto l’intera squadriglia!” “Si… quei cavalieri, secondo il racconto del testimone, erano guidati da un cavaliere sconosciuto… il testimone giura… giura che sotto quella corazza vi era il diavolo in persona!” In quel momento suonò il corno che indicava un attacco imminente. “Comandante, siamo attaccati!” “Presto, tutti ai posti di combattimento!” Ordinò il comandante. “Vostra moglie e vostro figlio, signore?” “Resteranno qui nella carrozza!” Rispose il comandante. “La battaglia si terrà presso il fiume. Non permetteremo a quei dannati di raggiungere questo punto! La via che conduce a Capomazda non deve essere aperta a quei traditori!” “Eccoli, li abbiamo avvistati!” Gridò una delle sentinelle. “Chi li guida?” Domandò il comandante. “Forse lord Cimarow in persona?” “No, signore! Sembra un cavaliere sconosciuto…” “Sconosciuto?” “Che sia colui che ha attaccato la nostra squadriglia?” Chiese il soldato. “Ecco, lo vedo da qui…” gridò la sentinella “… è… è un cavaliere con la corazza completamente nera… accanto a lui conducono uno stendardo con una figura… sembra… sembra un gufo nero!” “Un gufo nero?” Ripetè quasi sconvolto il comandante. “Presto, ritirata! Ritirata, in nome di Dio!” “Signore?” “Fate come vi ho ordinato!” Gridò l’uomo. “Quel cavaliere è conosciuto come il Gufo Nero! E nessuno è mai uscito vivo dopo averlo affrontato! E noi qui siamo troppo pochi per tener testa a quell’uomo! Ritirata immediata!” Il drappello si preparò in fretta per la ritirata, ma in un attimo si ritrovò accerchiato dalle forze nemiche. E quasi con la stessa velocità fu travolto. Alla fine dello scontro, in verità più simile ad un massacro, sul campo di battaglia vi erano ovunque disseminati i corpi dilaniati dei soldati ducali. “Sono tutti morti, milord.” Annunciò uno dei cavalieri vincitori al suo comandante. Questi allora si tolse l’elmo nero, mostrando il suo volto. Lo sguardo era di ghiaccio ed una cicatrice era impressa sulla tempia sinistra, quasi come un marchio che caratterizzava quel viso perennemente accigliato. Ad un tratto uno dei suoi condusse un bambino al suo cospetto. “Era nascosto nella carrozza, milord… credo sia il figlio del comandante…” Il bambino restava in silenzio a fissare il cavaliere nero. Forse era il trauma subito a renderlo muto, o forse la rabbia che viva attraversava il suo giovane sguardo. “Uccidetelo!” Ordinò il cavaliere nero dopo aver fissato per qualche istante quel bambino. “Conosco lo sguardo con cui mi fissa… è odio… e l’odio è come l’amore… uccidetelo, abbiamo già troppi nemici oggi… sarebbe sciocco preservarne un altro per il futuro.” In un attimo la lama di uno dei suoi decapitò il piccolo superstite. In quel momento altri cavalieri raggiunsero i vincitori. “Gouf!” Chiamò uno dei nuovi arrivati. “Perché non ci avete atteso?” Chiese scendendo da cavallo e togliendosi l’elmo. “Abbiamo sfruttato il fattore sorpresa…” rispose il cavaliere del gufo “… sarebbe stato sciocco non farlo.” “Ho temuto che potesse accaderti qualcosa e…” “Non essere sciocca, Aitly!” La riprese lui. “Sei un cavaliere ed il peggior nemico che potresti incontrare sono le tue debolezze!” “Scusami, Gouf…” “Anche se sei una donna il tuo valore è superiore a molti uomini! Fa dunque in modo che anche il tuo cuore lo sia!” “Perdonami, non accadrà più…” mormorò a capo chino Aitly. “Torniamo al castello, miei prodi!” Ordinò poi Gouf ai suoi. E si misero in cammino, lasciando alle loro spalle un desolato scenario di morte e distruzione.
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