01-09-2010, 21.13.42 | #1 |
Cittadino di Camelot
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Il sigillo di Mariel
“O Dea, ti prego, miserere, miserere di un Nume: tu soltanto potresti consolare questo amore, sempre che ne sia degno. […] Lungo la spiaggia italica, di fronte alle mura messenie, vidi Scilla. Qui taccio per vergogna le promesse, le parole dolcissime spregiate, perfino le preghiere. […] Non ti chiedo di calmare o guarire la ferita: non voglio che abbia fine; voglio solo che Scilla senta parte del calore!”
“Segui meglio una donna che ti vuole, che ha uguale desiderio, ed è compresa dalla stessa passione. Tu eri degno d’esser chiesto da lei, sì, lo potevi. […] Ed ecco io stessa, pur essendo una Dea, […] ebbene io sogno… sogno di appartenerti. Te lo dico affinchè non ti manchi la fiducia e non dubiti affatto della forma. Tu sdegna chi ti sdegna. E corrispondi a chi ti viene dietro: con un gesto ti vendichi di entrambe!” “Prima in mare nasceranno le fronde, e in cima ai monti cresceranno le alghe, che si muti il mio amore per Scilla, finchè vive!” (Ovidio, Metamorfosi) -I - Finalmente era arrivata. La notte tanto attesa era arrivata. Mariel non riusciva più a trattenere la sua gioia bambina. Il solstizio d’estate… la notte in cui le era permesso di seguire le altre ancelle e le fanciulle della casa e di scendere con loro fino al lago… la notte in cui era libera dal galateo che la corte le imponeva pur in quei teneri anni della sua infanzia… la notte in cui poteva liberamente ballare attorno al fuoco, e unirsi ai canti gioiosi, e al mattino, poi, correre sopra l’erba, trascinandosi dietro il suo scialle bianco, per raccogliere la rugiada! Le piaceva seguire le ragazze più grandi e andare con loro in cerca di erbe… poi si accoccolava accanto al fuoco e si metteva alacremente a sistemare i mazzetti. Era la scusa, quella, per restare accanto alle donne più anziane, per ascoltare i loro racconti e le leggende che aleggiavano intorno a quella notte… le sue mani dividevano attente gli steli, mentre la sua mente curiosa assorbiva con attenzione… la lavanda, per purificare… la ruta, per scongiurare i malanni… il rosmarino, per il ricordo… la verbena, per proteggersi dai malefici… Mariel le conosceva ormai tutte, ma restava comunque ad ascoltare, incantata. E così fece anche quella notte, e saltò sul fuoco esprimendo un desiderio, e a mezzanotte raccolse la felce per portarla, il giorno seguente a sua madre. “E’ stata una notte bellissima, madre!”, esclamò con voce gaia. La madre sorrise, in silenzio, fissando dallo specchio il volto gioioso della sua bimba. La luce del sole caldo di giugno, penetrando dalle ogive, illuminava gli oggetti preziosi che adornavano la stanza. Un’ancella pettinava con delicatezza la lunga chioma della signora, prima di acconciarle i capelli. Un’altra portava le vesti per abbigliarla per quella giornata in cui la regina, accanto al marito, avrebbe ricevuto gli omaggi della sua gente, mentre il re avrebbe ascoltato le richieste e amministrato la giustizia. “La vecchia Selenia ha persino sciolto il piombo per rispondere alle domande delle ragazze che volevano sapere dei loro futuri sposi!”, continuò Mariel, ancora eccitata dalla nottata. “Davvero?”, e la regina finalmente si lasciò sfuggire una leggera risata. Aveva ripensato, forse, a quando, ragazza, si era accostata anche lei a quel misterioso rito di divinazione? “Sì… e ha letto la forma del piombo anche per me!”, aggiunse la bambina, con una vena vezzosa di timidezza. “Per te, Mariel? E cosa ha letto Selenia, per la mia piccina?” “Ha detto che sposerò un re!” La risata della donna si fece finalmente aperta, schietta e argentina. “Mia piccola Mariel… ed occorreva sciogliere il piombo per conoscere questo? Tu sposerai un re, certamente… uno splendido, valoroso re, così com’è tuo padre”. Disse questo, poi si girò, invitò la figlia in un abbraccio e le baciò la fronte. “Adesso và, i tuoi studi ti attendono” Mariel annuì e obbedì alla madre. Lady Hellides glielo ripeteva sempre, avrebbe sposato un re forte e valoroso. Ma quella notte, ugualmente dormì con un mazzetto di erbe sotto il cuscino, perché in sogno le apparisse il volto del suo futuro cavaliere e signore. E quella notte Mariel lo sognò. Vide il suo bel volto, i capelli scuri e ondulati, lo sguardo nobile e profondo, il portamento fiero. Si svegliò con un sorriso e per molti giorni ancora serbò nella sua mente il ricordo di quel sogno. Poi, come accade alle volte con queste splendide e fugaci visioni, con il passare del tempo quel volto si sbiadì e iniziò a perdere contorno, e Mariel, crescendo, portò con sé appena il ricordo dolce-amaro di una fiaba di bambina.
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?" "Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!" |
01-09-2010, 21.49.26 | #2 |
Viandante
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Chi di noi non porta dentro di sè un ricordo di bambina?? Un'illusione dolce e amara che nutrì fantasie e paure, accendendo sorrisi o rigando il viso di lacrime acerbe. Così è l'amore, un saltimbanco irridente che si dà e si nasconde, che truffaldino gioca e scherza, che astioso scocca le sue frecce appuntite per poi svanire alle volte, lasciando una scia di sogno..il ricordo di un amore, similmente si offre, cresce in petto di nascosto e, quando sembra ormai andato via, ritorna a farci visita, illuminando il nostro sguardo di una tenera malinconia.
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Argante "Vorrei quasi che fossimo farfalle e vivessimo appena tre giorni d'estate. Tre giorni così con te li colmerei di tali delizie che cinquant'anni comuni non potrebbero mai contenere". |
02-09-2010, 02.42.42 | #3 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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L'incanto di un sogno lontano...
Anche io conosco quell'incanto e le sensazioni che sa dare. Un sogno indica molte cose, spesso enigmatiche e sfuggenti. Bello e delicato questo racconto, lady Morrigan. Già nel gdr ho potuto ammirare la vostra abilità come narratrice e leggere i vostri scritti è sempre un piacere. Vi faccio i miei complimenti
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02-09-2010, 05.24.06 | #4 |
Cittadino di Camelot
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Che bella immagine che avete dato, milady Argante... sembra quasi viva e presente!
Sono felice che abbiate voluto arricchire con le vostre parole ciò che ho tentato di descrivere Sir Guisgard, non sapete quanto la vostra approvazione mi riempia di gioia! Come ho già avuto modo di accennarvi, non sono un'esperta narratrice... invento storie che il più delle volte ho timore a tradurre in parole scritte... ma il vostro castello delle arti è così pieno di bellezza che alla fine ho trovato il coraggio di sottoporvi questo racconto. E comunque, non posso che concordare con voi a proposito dei sogni.... "Il sogno è l'infinita ombra del vero" ha scritto uno dei nostri più illustri poeti, ed io non oso aggiungere altro!
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02-09-2010, 13.28.05 | #5 |
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Avete trasportato la mia mente in un luogo arcano ...il luogo dove dimorano i sogni... questo significa essere una narratrice...saper far volare la mente altrui.
Grazie Morrigan e complimenti. |
02-09-2010, 19.50.57 | #6 |
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Quanta dolcezza e, allo stesso tempo, quanta vivacità è nel vostro racconto, Morrigan!
Vi ringrazio per avermi fatto sognare con Mariel e spero di poter leggere presto un nuovo capitolo... Intanto, i miei più sinceri complimenti!
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** Talia ** "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." |
02-09-2010, 21.27.40 | #7 |
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Milady Empi, udire che una fata stessa è stata trasportata nel luogo dove dimorano i sogni significa udire un complimento davvero grande ed insperato!
Milady Talia, le vostre gentili parole di ringraziamento mi hanno resa davvero felice... così accondiscendo immediatamente al vostro desiderio, e faccio seguire un altro capitolo
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02-09-2010, 21.38.09 | #8 |
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- II -
Le fanciulle si muovevano leggere sul’erba e le loro vesti chiare si gonfiavano lievi, mentre i nastri si arricciavano capricciosi, giocando con il vento lieve che soffiava a tratti su quel prato. Con allegre risate, si scambiavano lazzi, ed invitavano le altre compagne ad unirsi al loro divertimento. Queste stavano sedute all’ombra, composte, sopra un prezioso drappo damascato, leggendo un libro, o comodamente distese si divertivano a cercare nei petali dei fiori il loro destino d’amore. Due ragazze erano assorte nell’intonare liete canzoni accompagnandosi con un liuto e con un flauto, mentre nello spiazzo bagnato dal sole, di fronte a loro, quattro giovani donne si divertivano a danzare. Tra queste, una fanciulla in particolare sembrava trascinare tutte le altre con la sua gaiezza, una fanciulla la cui una bellezza spiccava tra quei giovani fiori per la luminosità dello sguardo e la bellezza dei lineamenti. La principessa Mariel indossava quel giorno una semplice veste di un azzurro pallido che ben si sposava con i suoi occhi chiari. I capelli, dal colore intenso come le piume di fagiano dorato, erano raccolti in spesse trecce, dove la giovane aveva infilato, senza ordine alcuno, anemoni e crochi. La primavera stava arrivando, e il pensiero dell’imminente stagione era il motivo della loro allegrezza. Presto le giornate sarebbero diventate più calde e luminose, e le feste e gli svaghi all’aperto avrebbero preso il posto delle serate passate nel salone del palazzo, accanto al camino. Stava arrivando la primavera, e con essa i pensieri di libertà, di giocondità e d’amore. In aperto contrasto con quel colorato movimento e con il lieto cinguettare delle ragazze, due sagome immobili e scure si disegnavano contro l’azzurro del cielo. Su una piccola altura poco distante, abbastanza discosti da non disturbare i divertimenti di quella allegra compagni, ma sufficientemente vicini per poterla scorgere, due uomini a cavallo stavano severi e composti, a guardia e tutela di quelle giovani donne. Il più anziano dei due era un uomo sulla quarantina, dall’aria gioviale e dall’espressione serena. Portava sul corpetto le insegne del re e i gradi di capitano. L’altro era un giovane nel fiore degli anni, dai capelli scuri e dai bei lineamenti. Contrariamente ad ogni logica, egli era, tra i due cavalieri, colui che mostrava di annoiarsi meno nell’adempimento di quel monotono compito. Il suo sguardo era perso nello spettacolo che si svolgeva di fronte a loro, come se stesse seguendo una magica visione, e non sembrava affatto stanco di dover restare lì, in quell’atteggiamento saldo e fiero, a guardare a distanza una gioia che non gli apparteneva. Di tanto in tanto, i due uomini si scambiavano qualche parola. “Milo Bajard… è questo il vostro nome, soldato?”, chiese d’un tratto il capitano “Sì, signore” “Bajard… il vostro cognome non appartiene a nessuna delle nobili famiglie di cui io abbia memoria” “No, signore” L’uomo fissò il giovane con malcelata sorpresa. “Eppure siete stato armato cavaliere. Sono incuriosito, Bajard… ditemi di più”. Milo non ebbe nemmeno un’esitazione. Non si voltò nemmeno verso il suo capitano, ma lasciò i suoi occhi fissi sul consesso delle giovani che danzavano sul prato come ninfe. Ormai era così avvezzo a raccontare quella storia a tutti coloro che domandavano, che ormai non aveva quasi più bisogno di riflettere. Forse, gli capitava di pensare talvolta con un misto di sollievo e di timore, forse un giorno sarebbe persino arrivato a creder che quella menzogna fosse la realtà. “Il signore di Monwell, al cui servizio sono rimasto fino alla sua morte, ha inteso ricompensarmi per il servizio prestatogli in battaglia. E’ stata sua signoria ad armarmi cavaliere, e la sua generosità ha pagato la mia armatura e la mia cavalcatura”. Momentaneamente soddisfatto da quella risposta, l’uomo tacque, e per alcuni minuti il silenzio tra loro fu rotto soltanto dall’eco della musica e delle risate. “Il sole si appresta a tramontare, Bajard”, esclamò infine il capitano, con maggiore affabilità e tuttavia senza perdere la propria compostezza “Tra poco sarà giunta l’ora di scortare nuovamente la principessa Mariel e le sue dame al castello”. Il giovane si limitò ad annuire. Il suo sguardo, a quelle parole, si era poggiato sulla figura danzante della principessa. “Siete libero questa sera, cavaliere”, continuò l’uomo, fissando l’altro con curiosa attenzione “Volete unirvi a noi e venire alla locanda, giù, al villaggio?” Milo ebbe un lieve sobbalzo. I suoi occhi verdi tornarono a fissare il suo superiore, con una nota di sorpresa e insieme di preoccupazione. Era scortese rifiutare un simile invito, e tuttavia non si sentiva dell’umore adatto per seguire i suoi compagni e far baldoria. “Con il vostro permesso, signore… preferirei riposare” Il capitano tacque un istante, e Milo già si stava preparando all’incombente minaccia della sua indignazione, quando all’orecchio gli giunse una sommessa risata. “Per l’amor del cielo, Milo! Se continuerete a condurvi così, i vostri compagni cominceranno a pensare che mal sopportate il vino o che non vi piacciano le donne!” Il ragazzo, per un istante, parve perdere la sua compostezza, come imbarazzato nel tentativo di trovare le giuste parole per giustificarsi. “No, capitano… io… oh, le donne mi piacciono, mi piacciono eccome! Solo che…” Ma la sua voce si spense, mentre le ciglia si chinavano a nascondere il suo sguardo, per timore che potesse tradirlo agli occhi dell’altro. Ma il capitano, dopo averlo scrutato per un istante, aveva rivolto altrove la vista, con l’aria soddisfatta di un uomo che ha tutto compreso. “Ah, adesso è tutto chiaro, figliolo… avete un’innamorata, non è così?” Milo chinò leggermente il capo. “Sì, signore” Il capitano ridacchiò con aria trionfante, quindi la sua espressione si fece condiscendente, quasi paterna. In fondo quel giovane gli aveva sempre fatto una grande simpatia, fin dal suo arrivo a corte. “E la vostra signora dove si trova, adesso? E’ del vostro stesso luogo di nascita, o è straniera?” Milo lasciò scivolare lo sguardo sui capelli di Mariel, e seguì per tutta la sua lunghezza un nastro che si era allentato nel vento . “E’ straniera”, rispose, con una nota di malinconica dolcezza nella voce. “Ed è per questa donna lontana che vi siete fatto venire il mal d’amore?”, esclamò il capitano allegro, assestandogli una pacca sulla spalla “Date retta a me, figliolo… nel vino e nella compagnia dimenticherete i vostri affanni!” Poi si accorse della serietà sul viso del giovane e di una increspatura di dolore attorno alle sue labbra, un dolore sottile che gli impediva perfino di ridere alle facezie del suo superiore. “La vostra signora è bella?”, chiese infine con tono più comprensivo. Milo sorrise, mentre i suoi occhi ormai non riuscivano più ad allonarsi dall'immagine di lei. “Bella come la luce dell’ultimo giorno d’inverno quando si fonde ai colori trionfanti del primo giorno di primavera… bella come il respiro del vento, e bella come l’abbraccio del sole!” Il capitano scosse la testa, con la saggezza di chi ha già conosciuto la follia dell’amore. “Restate nei vostri alloggi stasera, cavaliere… fareste torto alle ragazze della locanda, se le obbligaste a confrontarsi con una simile donna!”
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"E tu, Morrigan, strega da battaglia, cosa sai fare?" "Rimarrò ben salda. Inseguirò qualsiasi cosa io veda. Distruggerò coloro su cui avrò poggiato gli occhi!" Ultima modifica di Morrigan : 03-09-2010 alle ore 00.32.32. |
02-09-2010, 23.21.57 | #9 |
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Amore si prepara a tesser la sua tela...
Continuate, Signora, non lasciateci all'oscuro dei disegni d'Amore!! |
04-09-2010, 07.24.12 | #10 |
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- III -
Calendimaggio stava già arrivando. C’era festa nell’aria e la corte era in subbuglio. Presto sarebbe giunto il giorno del genetliaco della principessa Mariel, e fervevano i preparativi per quell’occasione. Perché in quell’anno, quel festeggiamento avrebbe assunto un significato speciale. Compiva sedici anni, la principessa, ed era quella l’età in cui il re aveva promesso di darla in sposa. Già a corte erano giunte le missive di auguri dalle terre vicine e dai regni alleati, ed insieme a queste, le richieste di principi e campioni del regno di poter patercipare alla tenzone prevista per ottenere la mano della nobile fanciulla. Perché la bellezza che Mariel era diventata era ormai una leggenda che si era sparsa tra le castellanie, ma insieme a questa voce si era diffuso anche il racconto legato al suo futuro matrimonio. La madre di Mariel, la buona regina Hellides, era precocemente defunta anni prima, lasciando il re addolorato e la principessa bambina. Prima di spirare, tuttavia, aveva fatto promettere al marito che avrebbe fatto sposare la figlia al compimento esatto dei suoi sedici anni. Aveva disposto altresì che lo sposo non venisse scelto né dal re, né da altri, ma che fosse eletto grazie alla vittoria che egli avrebbe dovuto conquistare in un torneo. Così la corte si apprestava ad accogliere l’arrivo di questi nobili cavalieri e del loro seguito. Scudieri, palafrenier, valletti… in pochi giorni il castello divenne un via vai di genti, un brulicare di voci, di convenevoli, di scommesse azzardate e di arroganti battute. Mariel, dalle sue finestre, seguiva il passaggio dei cavalieri che giungevano ogni giorno. Sapeva perché erano lì, le sembrava quasi, guardandoli, di poter leggere i loro pensieri. E ne rideva. Con un gesto gaio, si voltò nuovamente verso le altre dame e si allontanò nuovamente verso il centro della stanza. “Chiudete gli scuri”, ordinò ad uno dei suo valletti “Per oggi ne ho abbastanza!” Quindi battè lievemente le mani. “Danziamo!”, disse. E attorno a lei si animò come sempre la festa. I menestrelli intonarono liete ballate, e Mariel e le sue compagne iniziarono a provare i passi delle danze che avrebbero dovuto ballare con i loro accompagnatori alla festa. “Quegli sciocchi cavalieri, con la loro superbia e le loro vanterie!” esclamò d’un tratto con sarcasmo, rivolta alle sue dame, mentre le guancie le si accendevano per la dolce foga della danza “Vengono qui convinti di liquidare l’intera faccenda con qualche colpo di spada e di lancia, e di riportare a casa il premio ambito… stolti! Non sanno che cosa li attende!” Esplose in una risata argentina, subito imitata dalle altre fanciulle. Ma proprio in mezzo a quel coro di allegrezza, la principessa di colpo tacque, si fermò e il suo sguardo si fece attento. Le risate delle fanciulle si spensero ad una ad una, e persino i musici, vedendo che ella aveva smesso di danzare, poggiarono a terra i propri strumenti. Mariel, con passo sicuro, si diresse verso l’angolo più distante della sala. Si fermò, fissò i suoi occhi chiari sulla figura del soldato che, composto e silenzioso, era di guardia a quella sala “Voi siete cavaliere, milord?”, chiese. “Non potrei altrimenti essere al vostro servizio, milady” Grazie a quella risposta affermativa, la principessa sermbrò guardare il giovane con nuovo interesse. “Dunque nessun impedimento vi vieterebbe, ad esempio, di partecipare ad un torneo…”, azzardò. “Nessuno che io conosca, mia signora” “Eccellente!” esclamò. Quindi, voltandosi nuovamente verso i presenti, che avevano seguito con interesse e curiosità quella scena: “Mie signore, il tedio delle nostre giornate sta per finire. Ho in serbo una bella sorpresa per i nostri nobili ospiti!” Tornò a fissare il cavaliere, che restava immobile e composto, come sempre, con lo sguardo fisso di fronte a sé, fingendo di guardare senza vedere nulla, secondo quelli che erano gli ordini per coloro che vegliavano sui divertimenti della principessa. “Come vi chiamate, cavaliere?” “Bajard, mia signora… Milo Bajard” “Milo Bajard…” ripetè lei con un sorriso malizioso sul volto “Iscrivetevi al torneo, oggi stesso, e gareggiate per me nella tenzone!” Disse questo, quindi si voltò e con una risata tornò ad unirsi alle sue compagne. “Serebbe un bellissimo scherzo, se il nostro cavaliere vincesse il torneo!”, esclamò con gaiezza. Sarebbe un bellissimo sogno, se fosse vero… pensò Milo con tristezza.
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