11-06-2010, 19.32.30 | #1 |
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Ecco cosa i sassoni pensano di re Artù
Cerdic decide di conquistare la Britannia in un modo totalmente innovativo. Una raccolta di oneshots e flashfic sul sassone Cerdic alle prese con i Britanni, quel popolo di barbari. [Anacronismi e sciocchezze]
Ebbene sì, sapevamo che sarebbe successo. In ogni caso ho descritto Cerdic come Capitan America (perché amo Capitan America) escluso per il colore degli occhi. Quindi per avere un'idea di come è fatto questo Cerdic basta guardare il nostro caro Steve Rogers che verrà interpretato da Chris Evans *coffcoff spam*. Ecco cosa i sassoni pensano di re Artù Si dice che se un principe sposa una principessa.... 01. Come diventare re di Britannia Cerdic sapeva di non essere all'altezza di Artù. Non che fosse inesperto in battaglia, dopotutto era stato addestrato alla guerra fin dai suoi sei anni, ma allo stesso tempo non aveva vissuto quanto l'Orso di Britannia e non aveva l'esperienza di quest'ultimo. Il popolo sassone però aveva bisogno di una terra dove vivere, dove far crescere i propri figli e poter essere felici. Una terra in cui i barbari da est non fossero sempre pronti a saltare sulla loro gola per bere il loro sangue. E quella terra era la Britannia. La Britannia era grande, era fertile e, soprattutto, era vicina. "Mio padre mi ha lasciato il comando di un popolo affamato, Vorigin, ma io cosa posso fare? Abbiamo perso mille e mille uomini in battaglia contro l'Orso di Britannia. Non abbiamo abbastanza truppe, non abbiamo abbastanza. Ed i nostri uomini sono spaventati, la disfatta del monte Badon ha fatto perdere loro la speranza." Vorigin, medico del re Sassone nonché suo consigliere, sospirò e Cerdic lo imitò. Era un bel guaio. Sarebbe stato un bel guaio persino se i Sassoni non avessero perso così tante battaglie. "Che fare? Artù non vuole trattare con noi," si lamentò Cerdic, ancora. Vorigin, che di Britanni ne sapeva parecchio perché aveva studiato all'estero (in Cornovaglia, per la precisione) osservò attentamente il suo re mentre una balzana idea sembrava nascergli come una margherita in inverno. Cerdic era un uomo ancora giovane, non aveva più di ventisei estati, ed aveva l'aspetto di un soldato. L'altezza di un soldato, le spalle larghe (che più larghe non si può, cantava sempre la madre di Cerdic quando questi era ancora piccino) ed i capelli biondi e irruenti tipici del popolo sassone. Dal padre Vortigern, un Britanno, Cerdic aveva ereditato un penetrante paio di occhi scuri ed un naso sottile, fino quasi che stonava leggermente nell'ampio volto squadrato. Ma non stonava troppo, pensò Vorigin, sorridendo. "Hai detto che l'Orso di Britannia ha una figlia?" "L'ho detto?" Alla fine venne fuori che l'Orso di Britannia non aveva una figlia. In compenso aveva un figlio bastardo nato da una relazione incestuosa con la sorella. Bhè, non si poteva avere tutto dalla vita. In ogni caso, le cose erano decise. Cerdic preparò un piccolo vessillo, con fini del tutto pacifici, e marciò su Camludd, la residenza estiva del famoso re Artù, premurandosi di mandare dei messaggeri al Britanno per non spaventarlo (si sa, questi Britanni hanno sempre i nervi a fior di pelle). Cerdic viaggiò per quindici giorni, assaporando e facendo propri i saggi consigli di Vorigin sui Britanni, sui loro usi e i loro modi. "E una volta ogni tre mesi prendono dei cavalieri, li mettono in un'arena, come quelle arene romane che abbiamo visto, e poi lanciano loro delle armi. E questi combattono e si uccidono a vicenda e l'ultimo che rimane in vita vince. E viene dato in pasto alla dama del castello che si approfitta di lui e poi lo abbandona." "E' terribile," sussurrò Cerdic, rabbrividendo. Finalmente giunti a Camludd un drappello di cavalieri arrivò a prenderli fuori dalla città. Fra questi vi era Bedwyr, fedele mano destra di Artù, e uomo che il capo sassone aveva spesso incontrato in battaglia. "Bedwyr, grazie per essere venuto ad accoglierci." Bedwyr annuì, rigidamente. "Non tutti, solo voi e altri sette soldati. Non armati." Cerdic avrebbe esitato ad accettare un simile accordo se non si fosse trattato di re Artù. Ma era proprio di Artù che si trattava ed il capo sassone era fin troppo a conoscenza dell'esasperata lealtà e onestà di questo famoso re. Quindi accettò e scelse sei soldati ed il fidato Vorigin. Il drappello giunse ben presto al cospetto di Artù che, seduto su una comunissima sedia, lo salutò come un onorevole rivale e gli strinse il polso, amichevolmente. Accanto alla sedia di Artù sedeva una bellissima donna castana e Cerdic ipotizzò fosse la famosa e leggiadra Ginevra. "Spero che riusciremo a trovare un accordo," annuì il re Britannico, tornando a sedersi e facendo portare una pesante sedia ricoperta di pelle di lupo per il sassone. "Lo spero anch'io, Orso di Britannia." Un alto cavaliere dai capelli rossi e lo sguardo gelido portò loro dell'idromele che, cortesemente, Cerdic passò a Vorigin. (Te l'avevo detto, per questi barbari ogni occasione è buona per bere, gli stavano chiaramente dicendo gli occhi del suo amico e medico). Cerdic annuì e si schiarì la voce. "Sono qui perché ho una proposta. I nostri popoli sono stanchi di combattere, ma i Sassoni hanno bisogno di un luogo in cui vivere. Voi Britanni sembrate assolutamente ciechi e sordi verso queste nostre necessità. Abbiamo provato con la forza, ora è il momento di tentare metodi alternativi." Artù avvicinò un po' la sedia alla sua. L'uomo dai capelli rossi era ancora al suo fianco. "Pensavo ad un matrimonio. Per unire le famiglie- reali, famiglie reali dite voi, giusto?" "Come se esistessero famiglie fasulle," brontolò Vorigin, dietro la sedia di Cerdic. Artù li osservò, sorpreso. "Un matrimonio? Non mi risulta che voi abbiate figlie o figli." "Non parlavo della mia, come avete detto, inesistente prole, ovviamente. Parlavo di me." Ginevra sorrise divertita. "Se posso intromettermi," esclamò con voce sicura, perdendo tutta l'aria di fragilità che pareva aver emanato precedentemente, "forse il capo sassone Cerdic non è a conoscenza del fatto che noi non abbiamo figlie da donargli. Altrimenti saremmo ben felici di suggellare un simile patto." Cerdic annuì. "So bene che non avete figlie. Stavo parlando di vostro figlio, infatti." Artù sobbalzò sulla sedia. "Quale figlio?" "Mi dicono si chiami Mordred." Ginevra aspirò rumorosamente dell'aria ed infine tossì, sull'orlo delle lacrime e di un soffocamento. "Oh, Mordred- oh," stava mormorando, tra spasmi di saliva. "Mordred è un uomo," disse Artù, con fermezza, iniziando a parlare più lentamente e chiedendosi se quello non fosse un tipico malinteso di lingua, "ed inoltre non è il mio erede perché è un figlio bastardo. E- immagino che sappiate la sua storia." Cerdic e Vorigin si guardarono sorpresi. "Sappiamo bene che Mordred è un uomo, sire," intervenne il medico, in aiuto del suo re. "E visto che è il vostro primogenito non capiamo perché dovrebbe essere escluso dalla successione al trono." "Lui è- ed è-" "Mio signore, perché non riflettiamo sull'argomento e lasciamo che il nobile Cerdic si riposi?" intervenne Ginevra, completamente ripresasi dall'eccesso di tosse. (E scampata alla morte per annegamento.) Artù annuì, grato di quel salvataggio disperato e chiese all'uomo dai capelli rossi, di nome Sirkai, di accompagnarli a vedere l'accampamento che un fidatissimo cavaliere, un certo Sirlancillotto, aveva preparato per il drappello di Cerdic. Inoltre, se Cerdic lo voleva, il re sassone era invitato al banchetto della sera, nel castello. Cerdic ed i suoi uomini annuirono e ringraziarono, uscendo con Sirkai. Prima di uscire riuscirono a sentire la squillante voce della regina che esclamava: "Trovo che sia una splendida idea!" Cerdic era confuso. Sì, molto confuso da questi britanni. Era a questo che stava pensando mentre si vestiva con la sua armatura migliore per il banchetto della sera. Vorigin, sempre accanto a lui, gli porse la sua spada più decorata. (Lui era il re, lui poteva portarle le armi). "Quindi secondo te questi britanni non contemplano nemmeno la possibilità di simili matrimoni?" "Non credo, Cerdic. Effettivamente non ho mai visto due uomini sposati assieme mentre studiavo qui. O due donne. E' tutto molto strano." Era tutto molto strano sì. Come se nell'esercito non ci fossero uomini simili! Cerdic aveva avuto tra i suoi capi dell'esercito due uomini che si amavano alla follia ed erano tra i più valorosi di tutto il battaglione (sì, erano competitivi e tentavano sempre di fare l'uno il meglio dell'altro). E quando era solo un bimbo sua madre gli aveva regalato una coppia di oche dal collo rosso, due femmine, totalmente innamorate l'una dell'altra. "E' tutto molto strano," ripeté Cerdic. "Ma forse vuole avere dei nipoti di sangue e vuole fare sposare Mordred ad una donna." "Ha detto che non rientra nella linea di successione, quindi non credo, inoltre," Vorigin assunse un'aria da cospiratore e si avvicinò al suo sovrano, "dicono che il famoso Magomerlino abbia tentato di affogare Mordred su ordine di Artù." "E perché mai?!" "Perché aveva profetizzato che Mordred un giorno sarebbe stato la fine di Artù." Cerdic osservò il medico come se questi lo stesse prendendo in giro, ma quando l'amico non rise né aggiunse altro, Cerdic si grattò il mento, pensieroso. "Non posso quasi crederci. Quindi questi britanni credono in profezie e magia. Inquietante oltre ogni dire. Come se non sapessero le regole del calcolo probabilistico." "E' quello che mi sono domandato anch'io." "Sarà meglio affrettarci per la cena, non vorrei che avessero anche qualche strana usanza barbara per gli ospiti ritardatari." Usanze barbare per gli ospiti ritardatari ovviamente non esistevano. Ma esistevano ben altre usanze. La sala in cui si sarebbe svolto il banchetto era un'enorme stanza ricolma di arazzi e con tavoli lunghissimi disposti a ferro di cavallo. Vi era solo un tavolo che occupava la posizione centrale, di fronte alla porta d'entrata, ed era quello dedicato ad Artù e la sua famiglia. Il re sedeva ovviamente nella sedia centrale, quella più alta, ed alla sua destra vi era la regina Ginevra, ed accanto a lei un'altra donna, probabilmente una damigella o una sorella. Alla sinistra di Artù vi era un posto libero che il re, per gentilezza, aveva deciso di riservare per Cerdic. "Venite mio fidato nemico," scherzò Artù, abbracciando il capo sassone e facendolo sedere accanto a sé, mentre Vorigin prese posto in uno dei tavoli alla destra. Ginevra gli sorrise e due piccole fossette le sorsero tra le guance. La stanza iniziò a riempirsi e uomini e donne, ma soprattutto uomini, presero posto nelle enormi tavolate, portando con loro cani e servitori. Cerdic poté captare senza difficoltà il sopracciglio disgustato (il tipico sopracciglio disgustato) dell'amico Vorigin quando un enorme cane nero giunse ad annusargli il piatto. Altri ospiti iniziarono a sedersi al tavolo di Artù. Un omone dai capelli castani si sedette accanto alla damigella di Ginevra e la baciò delicatamente. Un altro uomo, più giovane, ma così somigliante da poterne essere il fratello, si sedette accanto a lui. Anche Bedwryr e Sirkai si sedettero, alla sinistra di Cerdic lasciando vuoto il posto subito vicino al capo sassone. Infine anche quel posto fu occupato da un cavaliere. Nel momento in cui il cavaliere sconosciuto si sedette, Cerdic intercettò brevemente lo sguardo di Ginevra e con grande sorpresa vide che la regina gli stava ammiccando insistentemente (o qualcosa di molto fastidioso le era finito nell'occhio). "Cerdic," annunciò Artù, con una certa riluttanza, "lasciate che vi presenti Mordred." Cerdic si voltò meravigliato verso il famoso Mordred. Non era esattamente come se lo era aspettato. Aveva sempre pensato che somigliasse al biondo e solido Artù, ma se il volto di Mordred sembrava la copia più giovane di quello di Artù tutto il resto era completamente diverso. Aveva un'aria pericolosa attorno a sé, l'aria leggera di un serpente ed occhi così chiari da risultare oltremodo inquietanti. I capelli erano molto scuri, ma il cavaliere sembrava aver mantenuto qualche piccola efelide sul naso e sotto gli occhi. "Mordred, è un piacere conoscervi, infine," sussurrò Cerdic. "Cerdic, il capo sassone," sorrise questi, freddamente, scoprendo un aguzzo canino bianchissimo e leggermente storto. "Ho sentito molto parlare di voi e spero che avremo presto modo di scontrarci sul campo di battaglia." Ginevra si sporse, al di là di un imbarazzato Artù, per osservare la scena. "Non parliamo di guerre e sangue ore, Cerdic è venuto qui in pace." "Sì," annuì Ginevra, "parliamo d'amore." Artù si portò una mano al volto e Mordred si girò per osservare meglio il proprio padre. "Che cosa sta succedendo?" domandò il giovane. "Immagino che sappiate che ho chiesto la vostra mano," rispose Cerdic, adottando il 'voi' che quei freddi britanni erano soliti usare. Alla fine venne fuori che Artù non si era nemmeno preoccupato di avvisare il figlio. E che i Britanni mangiavano con le mani (ma questo era un problema di natura minore). Il principe britannico aveva fatto una scenata. All'inizio si era limitato a fissare il proprio padre come se volesse staccargli la testa e poi si era dato ad un eccesso di risate isteriche. Quando aveva visto che nessuno dei presenti rideva con lui si era dato alla fuga, con una schiera di devoti cani alle sue calcagna. "Non è andata male, Cerdic," lo rassicurò Vorigin, quella sera. "Non posso credere che suo padre non gli avesse detto nulla. Che cosa si aspettava? Che io aspettassi il suo permesso?" chiese il capo sassone esasperato da tutte quelle formalità. "E' il motivo per cui ti ho detto di andare prima da Artù a chiedere la sua mano, per avere il permesso. In Britannia le cose funzionano così, sembra che i padri abbiano simili poteri sui figli." "Che cosa mi proponete?" "Delicatezza, mio caro amico, delicatezza."
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18-06-2010, 11.43.46 | #2 |
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No, non è possibile scrivere una genialata simile. Mi sto rotolando
"Mio fidato nemico" è imperdibile. E poi la naturalezza con cui chiede di sposare Mordred... e lui che non sa niente! Che faccia!!!! E solo tu potevi buttare lì una finezza come chiamare Bedwyr la "mano destra di Artù". Cattivaaaa! Ovvio che la mano sinistra non può essere
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"Mio re, mia vita, mia patria! Il lago è profondo, tranquille le sue acque. Più sottile è questo petto che palpita nel tormento. Ora ditemi, dove dovrei affondare Excalibur per amor vostro?" (da "Thus I shall love thee") |
18-06-2010, 18.29.51 | #3 |
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Sento che diventerà angst, sento che diventerà ANCORA Mordredangst! Grazie mille : DDD!
Ecco cosa i sassoni pensano di re Artù Si dice che a corte facciano sempre il contrario di tutto.... 02. La regina è una donna radiosa Cerdic si fermò davanti alla porta di Artù, con Vorigin e Sirkai al suo fianco per scortarlo (o, molto più probabilmente, controllarlo). Il cavaliere dai capelli rossi, con molta freddezza e compostezza, bussò alla porta del sovrano una volta, prima di entrare. Ancora una volta, il capo Sassone si ritrovò al cospetto di re Artù e della sua consorte Ginevra. Quest'ultima stava sorridendo euforica. "Siete radiosa, regina dei Britanni," la salutò Cerdic, inchinandosi con grazia. Il sorriso della dama si ampliò ancora di più e si voltò verso Artù per dargli un colpetto sulla spalla. "Visto? Qualcuno se ne accorge. Ed è per questo che la mia idea è fantastica." "Io non credo-" "Ricorda, quando arriva Mordred lascia parlare me." Arù scosse la testa, esasperato, prima di sospirare e rivolgersi al biondo sassone. "Nobile Cerdic, abbiamo soppesato molto la vostra offerta e abbiamo deciso di accettarla." "Davvero?" domandò l'uomo, sospettosamente. Vorigin gli aveva sempre detto di diffidare dei Britanni reali, ti dicono una cosa e intendono tutt'altro. "Sì. Abbiamo pensato che fosse la cosa giusta. Mia moglie- la regina aspetta un bambino," la suddetta regina annuì entusiasticamente, "e io voglio essere franco coi voi, Cerdic, perché siete un nobile ed onorevole avversario. So che Mordred è il mio primogenito, ma temo che l'influenza della madre e del patrigno l'abbiano reso inadatto al trono. Inoltre io e la regina vorremmo che fosse il nostro futuro bambino a divenire re, ovviamente non ne abbiamo ancora parlato con Mordred quindi se voi decideste di... come dire, corteggiarlo, sposarlo o altro servirebbe per distrarlo dalla venuta del bambino e-" "Temiamo che decida di avvelenarmi prima che il piccolo nasca," sorrise Ginevra, candidamente. Cerdic inarcò le sopracciglia, sorpreso. Che barbari, sospettare così della propria famiglia! "Certo, capisco," mentì. "Bene," continuò la regina, "e state certo che non ci aspettiamo che facciate tutto questo per pura bontà di cuore. Sappiamo che voi volevate Mordred per una successione al regno ed ora che vi abbiamo detto che il trono passerà a nostro figlio probabilmente non vorrete più avere a che fare con la faccenda. Ma," la donna alzò l'indice destro, come a voler far tacere una protesta non ancora uscita dalle labbra del sassone, "non vi lasceremo a mani vuote. Se voi vi prendete Mordred, Artù è disposto a lasciarvi senza battaglie le terre che vi state combattendo e forse per il resto si potrà contrattare meglio in futuro." Vorigin toccò delicatamente la spalla del proprio re e questi si sporse su di lui. A bassa voce, per mantenere una parvenza di intimità, di due discussero sulla proposta. Non era una cattiva proposta. Ed inoltre Mordred era pur sempre un principe ed un principe ha una qualche pretesa sul trono, che il re padre lo voglia o no. Discussi gli ultimi problemi, Cerdic tornò a dedicare la propria attenzione a re Artù ed alla regina Ginevra ed annuì. Fece appena in tempo perché in quel momento Sirkai giunse nuovamente portando con sé il principe Mordred. Il principe Mordred non aveva un'aria molto principesca e zoppicava vistosamente. "Benvenuto, Mordred," lo salutò Artù, indicandogli una sedia alla propria sinistra. Il giovane uomo evitò di incrociare gli sguardi dei presenti e si sedette come indicato. "Mordred," il sorriso di Ginevra divenne gelido e immobile, "come sai Cerdic è venuto a chiederci la tua mano. Per unirsi alla famiglia reale e migliorare i rapporti dei nostri due popoli." L'interpellato inarcò un sopracciglio ed incrociò le braccia davanti a sé. "Cerdic non ha alcun problema con queste unioni... bizzarre, e così la sua gente. Ma sai bene che tra noi Britanni non sono per nulla comuni. Inoltre pensiamo che Cerdic possa forse preferire una fanciulla, una nipote di Artù. Clarissant, per esempio." Cerdic aprì la bocca per ribattere, ma la richiuse subito intercettando lo sguardo del re che gli faceva segno di non dire nulla. Alla parole della matrigna, Mordred avvampò. "Pensate che io non sia all'altezza? Voi, padre, pensate che non sia all'altezza?" domandò, con aria irata. "Mordred, non penso che tu abbia esperienza di queste faccende-" "Cosa ne sapete voi della mia esperienza! Se pensate che io non sia all'altezza ditemelo chiaramente." E dopo queste parole il principe si alzò in piedi fermandosi davanti al padre. Ginevra si alzò in piedi assieme al figliastro ed a Cerdic parve quasi di vederla saltellare di gioia. Non ci poteva credere. Questi Britanni sono dei barbari ingannevoli! E fu così che il contratto, si fa per dire, venne firmato. Cerdic non si sentiva proprio a suo agio in quel momento. Dopo l'uscita zoppicante dell'irato principe, Artù si alzò per stringere la mano di Cerdic e questi se ne tornò assieme al proprio medico nella stanza che il re britannico gli aveva lasciato. "Sono confuso, mi sento come se avessi ingannato una persona a vendersi." "Bhè, tecnicamente non sei stato tu ad ingannare, ma Ginevra. Sono astute queste donne britanniche," annuì Vorigin, con fare soddisfatto. "Non voglio nemmeno sapere a cosa stai pensando." Solitamente quel gesto soddisfatto accompagnava un lungo resoconto di conquiste amorose anni prima nelle terre di Britannia. Ora Cerdic non era dell'umore giusto. "Se Mordred fosse un sassone ora gli dovrei fare la corte e poi lo dovrei sposare, ma qui è tutto diverso." Vorigin scrollò le spalle e si sedette accanto al proprio re. Sì, in Britannia era tutto diverso. Artù aveva promesso loro che entro una settimana avrebbe dato notizie a Cerdic circa l'organizzazione del loro accordo. Doveva rendere ufficiale l'abbraccio del capo sassone nella famiglia e pronunciare una nuova pace con il suo popolo. E poi ci sarebbe stata la cerimonia (di tipo sassone, ovviamente, perché da noi non abbiamo nulla di simile.). E fino a quel momento doveva 'tenersi stretto il principe' per citare le parole di Ginevra. "Non voltargli le spalle quando lui è armato e trattalo con fermezza." Cerdic sospirò e si spostò sul proprio letto, lasciandocisi cadere sopra. "E' difficile essere sposati." "Non sei ancora sposato," protestò Vorigin, "Ma io sono stato sposato due volte e ti assicuro che è difficile." Cerdic non difficoltosa a crederci. Si sentiva confuso già in quel momento. Stava per chiedere al proprio medico una delle mille domande che gli ronzavano in testa (forse dovrei provare a corteggiarlo alla maniera sassone? Forse dovrei dirgli dell'accordo fatto con suo padre e la sua matrigna? e Ma è vero che i Britanni credono nell'esistenza di cavalli con le corna?) quando uno dei soldati sassoni che stava di guardia alla sua porta entrò, confuso. "Mio re, qui fuori c'è un giovane Britannico che pretende di entrare nelle tue stanze." "Zoppica?" chiese Vorigin, con interesse. "Sì, ed ha iniziato ad insultarci in modo decisamente scortese. Siamo molto imbarazzati." Cerdic gli fece cenno di farlo entrare e si alzò. Vorigin gli batté una mano sulla spalla, per fargli coraggio."Effettivamente nemmeno io avevo mai corteggiato le mie donne britanniche." Ed uscì facendogli un occhiolino. Qualche secondo dopo e Mordred entrò, con il volto alto ed un ghigno sulla bocca. "Principe Mordred," lo salutò il sassone, incerto. "Bene. Mio padre crede che io non sia capace? Gli dimostreremo il contrario," sorrise il principe, a denti stretti, come un uomo che parla tra sé e solo per se stesso, trascinando leggermente le parole fra di loro.. "Non devi-" provò il biondo, passando distrattamente alla più facile persona singolare, evitando i freddi formalismi di quegli strani Britanni. "Bene," ripeté Mordred, sfilandosi la cintura di dosso e buttandola a terra, zoppicando oltre il sassone e sorpassandolo per andare a sedersi sul letto. Il volto di Cerdic sbiancò per la sorpresa e poi le sue orecchie si arrossarono violentemente. Ovviamente era già stato con altri uomini ed altre donne, ma sempre e solo con persone che aveva conosciuto, con ridenti facce amiche e sicuramente con nessun britanno. Inoltre mai così seriamente. "E' così che si fanno le cose da voi?" domandò il sassone, dubbioso. "E' così che faccio le cose io," rispose Mordred, finendo di slacciarsi la tunica e buttandola a terra. Si tolse gli stivali, si cavò la camicia di lino e si lasciò cadere disteso, rimanendo solo in pantaloni. Indeciso sul da farsi, Cerdic si tolse il mantello e gli stivali, sedendosi con delicatezza sul letto, in ginocchio. Lentamente appoggiò una mano sul ventre del principe e sentì i muscoli guizzare, nervosamente, ma più di quello non vi fu altro movimento. Sembrava che il giovane Mordred improvvisamente trovasse molto interessante le decorazioni a fiori e steli ricamante sui drappeggi del letto. "Possiamo parlarne, prima?" La domanda risvegliò l'attenzione del britanno perché questi si alzò a sedere ed a guardare il futuro consorte. "Parlate." Cerdic si accorse di non aver nulla da dire, o forse troppo da dire, e boccheggiò stupidamente, lasciandosi sfuggire un'esclamazione di frustrazione nella propria lingua. Così da vicino, il sassone poté notare che tra le efelidi più visibili, il naso e le guance dell'altro erano ricoperte di lentiggini chiarissime. Gli occhi erano di un azzurro così chiaro da far invidia alle gemme più limpide ed attorno alla pupilla divenivano leggermente più scuri. E tra il tutto poteva sentire un leggero sentore di alcol e birra. "Ti andrebbe ti unirti al mio allenamento mattutino domani mattina?" domandò Cerdic, improvvisamente e spontaneamente. Mordred allargò gli occhi e poi li strinse sospettosamente. "Potrei battervi davanti ai vostri uomini, la cosa non vi turba?" L'altro si lasciò sfuggire una breve risata e istintivamente portò una mano sulla spalla dell'altro. "Certo, potrebbe accadere. Non mi aspetto altro di diverso dal figlio del re." Sembrò la cosa sbagliata da dire perché Mordred lasciò cadere l'argomento e si districò dalla presa del futuro consorte, ritornando a stendersi sul letto. "Potete continuare." Cerdic si ritrovò con un'improvvisa goccia di saliva nella parte sbagliata e tossì rumorosamente, portandosi la mano al petto e battendola con forza. Fortunatamente sopravvisse perché altrimenti Mordred sarebbe stato accusato dell'assassinio di un importante condottiero sassone ed una nuova guerra si sarebbe scatenata sulla Britannia. Sì, Cerdic sopravvisse e l'eccesso di tosse passò. Tra le lacrime, il biondo vide che l'altro uomo era ancora lì e lo stava guardando leggermente allarmato, quando alzò una mano per controllare che il capo sassone fosse ancora vivo, Cerdic si alzò in piedi e si ritirò di qualche passo. "Non-non possiamo. Se tu fossi qualcun altro forse sì, ma noi-" dobbiamo sposarci! dobbiamo fare le cose con calma. "Non dite sciocchezze, volete dire che non vi piaccio?" domandò Mordred, con la solita irritazione, alzandosi anche lui in piedi per raggiungere l'altro che, pian piano, si era ritirato verso una parete. Fortunatamente, o sfortunatamente, il tappeto gli intralciò il cammino ed il principe di Britannia cadde in avanti e lì rimase. "Mordred!" Alla fine Mordred non morì e non vi fu nemmeno un terribile incidente di relazioni tra popoli. Cerdic mandò a chiamare Vorigin che tornò subito nella stanza ed assicurò al suo re che il giovane principe aveva solo battuto la testa e si sarebbe risvegliato con un bel bernoccolo e nulla di più. "Mi ha fatto paura," si giustificò Cerdic, quando spiegò lo svolgersi degli eventi al proprio amico. Vorigin annuì. "Questi britanni sono senza vergogna." Aiutato da alcuni servi, Cerdic e Vorigin riportarono Mordred nelle proprie stanze (fortunatamente non incontrarono nessuno perché sarebbe stato molto imbarazzato da spiegare) e lo lasciarono sul suo letto, ordinato al paggio di tenerlo d'occhio e chiamare di nuovo Vorigin se le cose fossero peggiorate. Ma nessuno dei sassoni sentì nulla da parte del principe fino al mattino successivo. Cerdic si svegliò presto quella mattina, poco prima del sorgere del sole e sellò il proprio cavallo per uscire da Camludd e dirigersi all'accampamento dei pochi sassoni al di là delle mura della città. I suoi soldati erano quasi tutti svegli (era un orario normale per loro, mentre sembrava che i Britanni adorassero dormire fin quasi alle dieci di ogni mattina) e lo salutarono con gioia, abbracciandolo e complimentandosi per il procedere dei loro accordi. Il capo sassone rise con loro e dopo aver raccontato qualcosa del banchetto a cui aveva partecipato a corte, preparò le armi per l'addestramento mattutino. Passarono solo pochi minuti prima che anche Mordred, armato di tutto punto su un cavallo grigio, giungesse al campo sassone, seguito da due cani da caccia neri e castani. Gli uomini si bloccarono con le spade, le mazze e le asce a mezz'aria, indecisi su come comportarsi. Dovevano trattarlo come uno di loro? (Avrebbero fatto così, ma i Britanni amano le loro formalità) o come se fosse una specie di re britannico sceso tra di loro? Per fortuna fu Cerdic a rompere il ghiaccio ed a raggiungere il futuro consorte. Mordred scese da cavallo elegantemente, i cani gli uggiolarono felici attorno. "Sono felice di vederti qui, principe Mordred." "Mi avete colpito alla testa." "Non ho fatto nulla di simile! Sei caduto, sei- stavi cercando di-" Il principe inarcò un sopracciglio ed inclinò la testa. "Non so se tu mi stia mentendo." "Eri ubriaco?" "Assolutamente no! Mi ricordo infatti che sono stato invitato ad un allenamento mattutino. Dove sono i cavalli?" I sassoni non combattevano a cavallo. Era cosa nota. I loro cavalli non sopravvivevano alla traversata di mare ed i cavalli che avevano iniziato ad allevare in Britanni, per poterli addestrare ed imitare i soldati di Artù, non era abbastanza possenti da reggere il peso di un uomo armato. In quel momento venne in mente a Cerdic che sicuramente avrebbe dovuto chiedere a re Artù alcuni cavalli e cavalle, come dono di nozze, cavalli britannici, ovviamente. "Combattiamo a piedi. Sei il benvenuto, vieni," lo invitò, mettendogli una mano sulla spalla. Mordred se la scrollò di dosso e lo ignorò, procedendo fino al campo di addestramento davanti a lui. Cerdic notò che zoppicava ancora. "Forse è meglio che tu ti unisca a noi quando sarai guarito." "Guarito da cosa?" "Dal- stai zoppicando." Le guance di Mordred si arrossarono improvvisamente e dopo un attimo di dubbio il principe tirò fuori la propria corta spada di fattezze romane. Alcuni sassoni, poco dietro di lui, fecero lo stesso nel caso dovessero proteggere il loro signore. Uno dei cani iniziò a ringhiare prepotentemente. "Pace, pace," mormorò Cerdic, portando le mani in avanti ed i palmi all'insù, "non volevo offendere nessuno." "Il mio zoppicare non è una ferita temporanea e gradirei che voi non lo menzionaste più." Cerdic annuì, ma non promise nulla sapendo che la sua curiosità iniziava a crescere. Improvvisamente gli venne in mente che quel principe zoppicante sarebbe stato con lui per tutto il resto della sua vita e si chiese come facessero questi britanni a programmare sempre i loro matrimoni in questo modo. L'allenamento iniziò e, ovviamente, non vennero usati cavalli. Verso mezzodì, Vorigin, da poco giunto al poco, propose una sfida amichevole e la sfida amichevole non poté che riguardare Mordred e Cerdic. Tutti aspettavano quella sfida amichevole. I sassoni trattennero il fiato con ansia quando Mordred prese una spada corta dalle armi che Vorigin gli offriva e Cerdic scelse un lungo spadone a due mani. Il combattimento non era alla pari. Cerdic aveva una corporatura più grande anche se entrambi erano alti quasi uguali ed i presenti erano certi che il loro capo avrebbe vinto. Le cose risultarono molto meno sicure quando Mordred iniziò a diventare più veloce. Aveva un corpo più leggero, delle gambe lunghe ed una spada molto meno pesante ed inoltre a volte zoppicava troppo. Zoppicava e ti aspettava che avrebbe continuato a farlo, che il passo dopo sarebbe stato di nuovo con la destra gamba zoppicante ed invece Mordred cambiava gamba, cambiava traiettoria, roteava, cambiava mano, risultando equamente abile con ambedue la mani. La fine dell'incontro risultò imprevista quando Mordred riprese la spada con la destra, zoppicò appena e poi si buttò a terra alzando la spada a ferire la mano destra di Cerdic. Per la sorpresa, ed il dolore, il capo sassone fece cadere la propria spada e Mordred si alzò, posando un piede sulla spada del sassone per bloccarla. Fu in quel momento, con il principe britannico sudato, ansimante e sorridente (questi britanni sono così violenti che sorridono solo quando vincono) che Cerdic si accorse che non gli sarebbe stato difficile innamorarsi di Mordred. Dopo l'allenamento, il principe risalì a cavallo e ripartì per il castello, seguito dai segugi, mentre i sassoni commentavano (ed avrebbero commentato per anni) di come il popolo dei lupi avesse appena guadagnato una pericolosa serpe morsicante. Cerdic non rivide Mordred per tutto il giorno e prestò scoprì di essere stanco di non fare nulla, di rigirarsi nell'accampamento, nelle stanze, aspettando lo scadere della famosa settimana e chiedendosi se non avrebbe dovuto andare a cogliere dei fuori al suo consorte. O forse avrebbe preferito un'armatura nuova o- l'idea gli venne in mente con prepotenza, lasciandolo sorridente (da solo) nella stanza di Camludd. Fece chiamare Vorigin e lo mise al corrente della sua nuova trovata. Il medico non seppe dire nulla circa le idee dei britanni in merito e, con titubanza, annuì, promettendo al sovrano che avrebbe pensato a tutto lui. "Non sarà difficile trovare un cane," sorrise Vorigin e qualche ora dopo tornò con la notizia che una delle cagne di Fyriddin, un giovanissimo soldato britanno della guardia, aveva da poco partorito e l'uomo era disposto a vendere i cuccioli. "Sceglierà Mordred," decise Cerdic, indossando il suo mantello migliore (un lungo mantello verde scuro decorato a foglie dorate) e raggiungendo le stanze del principe. Mordred stava dormendo e si svegliò irritato e stanco. Senza dire una parola seguì Cerdic per il corridoio ed insieme raggiunsero le torrette delle mura esterne dove incontrarono Fyriddin. "Non voglio un dono da voi," riuscì a borbottare il principe, quando il gruppetto fu già a metà strada per la casa di Fyriddin e sua moglie. Cerdic lo ignorò, sperando che l'altro non dicesse sul serio e fosse solo uno di quei modi contorti con cui i britanni di corte usavano comportandosi, dicendo sempre il contrario di tutto. La guardia delle mura li fece entrare, con riverenze su riverenze, nella sua umile dimora e la moglie, una donna rotonda e sorridente di nome Olywin, li portò in un piccolo cortile sul retro dove due bambini stavano giocando ed una cagna stava leccando quattro cuccioli. Il cagna sembrava in tutto e per tutto un cane da caccia, con lunghe zampe magre ed il pelo bianco a chiazze brune cortissimo. Le punte delle orecchie, di colore nero, penzolavano dandole un'aria indispettita. "Prendi quello che vuoi," esclamò Cerdic al principe, sperando, questa volta, di non aver sbagliato nulla. Forse i britanni non volevano i cani per i cani in sé, ma preferivano qualcosa di sofisticato, cani di razza o cani eleganti. Mordred lo guardò ad occhi spalancati (sicuramente chiedendosi se il sassone fosse ammattito) e poi spostò lo sguardo sull'animale ed i suoi piccoli. "Non posso." "Perché mai?" "Perché non avrei tempo di prendermi cura di loro. Li farei morire," mormorò il principe e Olywin arrossì, tornando in casa e sentendosi come qualcuno che avesse origliato una terribile confessione. "Non dire sciocchezze, tutti sanno tenere un cane." "Mio signore," intervenne Fyriddin, "non abbiamo posto e denaro per tenere più di due cani, saremmo costretti ad affogare gli altri. In questo modo potete-" il soldato si bloccò ed impallidì considerevolmente notando il volto di Mordred che si era voltato a fissarlo ad occhi spalancati ed era diventato persino più bianco del suo. Nello stesso momento, Fyriddin e Cerdic si ricordarono della famosa storia sulla nascita di Mordred e su come, per sfuggire ad una profezia, Merlino avesse tentato di affogarlo alla nascita. "Li affogherete?" domandò il principe, tentando di riprendere la sua compostezza e distogliendo lo sguardo. Cerdic notò l'esatto momento in cui gli occhi di Mordred tornarono a diventare gelidi e duri come la pietra. "Ebbene, sarà sicuramente la soluzione migliore," annunciò, prima di uscire e di tornarsene al castello. Cerdic comprò lo stesso un cucciolo. Anzi, li comprò tutti e tre. Li portò nelle proprie stanze e lì si fece portare da Vorigin della carne e del latte. Passò con loro tutta la sera a guardarli azzuffarsi e tentare di saltare addosso a lui. Il più piccolo (che Cerdic aveva chiamato Syd), un batuffolo di pelo lungo e bruno e orecchie cascanti, sembrò affezionarsi particolarmente alla sua mano e passò ore ad osservarla sospettosamente per poterla acchiappare quando Cerdic meno se lo aspettava. Vi era poi quello nero, ricoperto di macchie bianche e grigie, con ampi occhi scuri intelligenti e totalmente simile alla madre e Vorigin, appena lo vide, decise che si sarebbe chiamato Rolanda, come la sua ex moglie. Non volle mai spiegare la similitudine fra il cucciolo e la moglie e né volle ascoltare quando Cerdic gli ricordò che il cane era un maschio. Infine vi era il terzo, una femmina, dal pelo quasi arancione e molto più lungo dei due fratelli. "Cornelia, come la mia prima fidanzata," annuì Vorigin, soddisfatto. Quella notte, Rolanda, Cornelia e Syd dormirono ai piedi del letto di Cerdic, soddisfatti. La mattina successiva furono loro a svegliarlo ma, per dirla sinceramente, non fu proprio colpa loro perché qualcuno bussava alla porta. Il sole non era ancora sorto e Cerdic fu costretto ad accendere delle candele per poter vedere cosa stava succedendo. La guardia alla sua porta gli spiegò, con un'aria decisamente poco felice, che il principe Mordred era venuto a trovarlo. Il principe Mordred entrò subito dietro di lui, cacciandolo dalla stanza, e Cerdic poté notare che anche lui sembrava essersi appena alzato da letto perché le branche e gli stivali parevano essere stati indossati di fretta e sopra aveva solo una lunga camicia di lino. Cerdic scese dal letto e lo raggiunse all'entrata, confuso. "Non vi ho ringraziato per il vostro dono," disse Mordred, rigidamente. "Non devi, poiché non ti è stato gradito." "Mi volevo scusare per la mia impertinenza." Il sassone si chiese se l'episodio del giorno prima non fosse forse giunto alle orecchie di Artù e di Ginevra (sopratutto di Ginevra) e se i due sovrani non avessero qualcosa a che fare con quelle scuse improvvise. "Forse voi non sapete il perché del mio comportamento ed è meglio così. E' una grave colpa che preferisco non condividere." Una grave colpa? "Principe Mordred, io so solo quello che mi hanno riferito, ma non so di nessuna colpa. Vorigin, lo conoscete di sicuro, è il mio uomo più fidato, mi ha raccontato della tua nascita, della profezia e di quello che ha fatto Magomerlino." "Allora ne siete a conoscenza. In ogni caso i cani non c'entravano, loro non meritavano di affogare." E le spalle del principe sembrarono abbassarsi così tristemente che Cerdic non riuscì ad attendere oltre. Successivamente, parlandone con Vorigin, il medico gli avrebbe detto che Mordred era effettivamente un bel guaio. Non sono uno psicologo, avrebbe annunciato, ma riconosco un pazzo affetto da problemi di autostima, rabbia repressa, traumi infantili e psicosi quando lo vedo. Questo gli avrebbe detto e Cerdic avrebbe riso e scrollato le spalle. Per ora però non aveva avuto ancora alcuna conversazione simile con Mordred e decise di non badare molto ai quei discorsi sull'affogamento. Cerdic afferrò un polso del principe e lo trascinò accanto al proprio letto. Questi lo osservò sorpreso e con un'aria leggermente offesa, ma non disse nulla e quando Cerdic lasciò la presa, proprio davanti all'indicato pezzo di mobilio, Mordred portò le mani a slacciarsi la camicia. "No, no, non hai capito," rise il sassone, bloccandogli le mani. (La risata in realtà morì un poco quando le sentì tremare leggermente). "Guarda." E Mordred guardò e sul letto tre cuccioli di cane lo stavano guardando a loro volta. Syd abbaiò. Cerdic si sarebbe aspettato di tutto. Lacrime di gioia, esclamazioni di felicità, persino una rabbia per aver aggirato il desiderio di lasciar affogare i cuccioli, ma di certo non era preparato per sentire il proprio (sì, ora poteva quasi chiamarlo così) scivolare a terra, mentre le ginocchia cedevano. Cerdic lo lasciò fare e lasciò che Mordred si sedette tremante sul pavimento ed appoggiasse il proprio mento al letto, allungando le mani verso i cani. Syd e Rolanda si avvicinarono per annusargli le dita e quando Rolanda gli morsicò il pollice, Mordred sorrise.
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....
Mi stò appassionando...un sacco...sarà che amo questa storia
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21-06-2010, 12.13.36 | #5 |
Cittadino di Camelot
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Vi ringrazio
<3 E devo dire che adoro questo forum perché non spesso le persone sono così aperte e apprezzano racconti con relazioni omosessuali <3
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