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Vecchio 03-04-2012, 16.58.24   #1
Guisgard
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Dalla favola al verosimile: il Romanzo tra realtà e sogno

Qualcuno ha scritto, a ragione, che l'uomo non è capace di inventare o di ideare qualcosa di estraneo al suo essere e alla sua conoscenza interiore.
L'uomo può dunque solo cantare e raccontare ciò che è capace di sognare e forse di realizzare.
I grandi valori, i grandi ideali e poi le magnifiche imprese intraprese nei poemi e nei romanzi, fino agli struggenti amori di miti e leggende sarebbero dunque solo l'eco di ciò che l'uomo sente e avverte nel profondo del suo animo.
L'arte allora sarebbe il naturale sfogo di questo bisogno che sente l'uomo da sempre, di narrare, cioè, non solo il mondo che lo circonda ma anche i sogni che possono animarlo.
Già lo scrittore latino Fulgenzio (V- IV secolo) si dedicò ad una lettura allegorica del capolavoro virgiliano dell'Eneide, proprio per mostrare come il grande poeta Virgilio avesse racchiuso il cammino dell'uomo in tutta una serie di segni e di simboli.
E prima ancora di Fulgenzio, i grandi filologi Alessandrini tentavano di svelare i significati nascosti nell'Iliade e nell'Odissea.
Galileo Galilei imparò a memoria l'intero poema L'Orlando Furioso dell'Ariosto, proprio perchè convinto della profonda rappresentazione del mondo umano celata in quell'opera.
E gli esempi potrebbero moltiplicarsi all'infinito.

A parte qualche discusso caso di età classica o tardoantica (il Satyricon di Petronio, l'Asino d'Oro di Apuleio), il romanzo moderno nasce nel Medioevo, in quella vivissima stagione letteraria che fu l'età Scolastica in Francia.
I temi subito che animarono questo nuovo genere furono soprattutto quelli cavallereschi, riguardante il ciclo Carolingio (Carlomagno e i suoi Paladini) e quello Bretone (Re Artù e i Cavalieri della Tavola Rotonda).
Ma ben presto, al posto di scenari fiabeschi e favolosi, cominciò a prendere sempre più piede in queste opere una volontà di rappresentare il verosimile, il concreto, il reale.

Ne è un esempio concreto uno dei romanzi più famosi del grande Chretien de Troyes, Ivano il Cavaliere del Leone, in cui il protagonista si ritrova a cimentarsi con una terribile costumanza, chiamata la Pessima Avventura.
Qui due esseri demoniaci richiedono al re dell'Isola delle Ragazze un tributo annuo di trenta fanciulle.
Fin qui non vi è nulla di diverso da tanti altri racconti del genere.
Ma ciò che colpisce è il destino delle povere fanciulle; esse infatti si trovano costrette a lavorare in una fabbrica tessile, per un misero stipendio e in condizioni molto dure.
Le ragazze non sono prigioniere, quindi, ma solo sottopagate e maltrattate.
In pratica Chretien da la prima rappresentazione letteraria di un fabbrica, quella tessile, che è anche la più diffusa nell'industria medioevale.
Ed è una rappresentazione estremamente realistica, vista da una prospettiva tutta aristocratica (l'aristocrazia, infatti, non partecipa allo sviluppo industriale e nutre disprezzo verso ogni forma di lavoro) di uno spaccato della vita quotidiana.
Inutile dire che Ivano vincerà i due esseri diabolici e libererà le ragazze da quel triste destino.
Resta però, in questo scenario cortese e cavalleresco, la volontà dell'autore di rappresentare qualcosa di verosimile, ben conosciuto dal suo pubblico.

E questo ci mostra chiaramente quella sensibilità maturata dalla narrativa francese medioevale di voler sostituire le trame fiabesche e fantastiche con contenuti più vicini alla realtà.
Un documento assai significativo è il racconto di cui si è perduto l'originale francese, ma che ci resta una versione tedesca, intitolato “Moriz von Craun”, versione probabilmente databile attorno al 1200.

Moriz ama la duchessa di Beaumont, che esige come pegno d'amore la vittoria in un torneo; Moriz organizza splendidamente il torneo e lo vince, dopo di che si reca al castello per ricevere il premio d'amore.
Mentre attende la duchessa, stanco per le fatiche cavalleresche, si addormenta, suscitando l'ira della dama che, offesa, lo fa svegliare e mettere alla porta.
Poiché la duchessa rifiuta ogni scusa, Moriz penetra con la forza nelle sue stanze, la possiede con la violenza, per poi togliersi l'anello da lei ricevuto e andare via.
La duchessa spia le campagne dalla torre del castello, ma Moriz non tornerà mai più.
L'intreccio segue i tradizionali temi novellistici e le dinamiche tipiche dell'Amor Cortese, ma con una novità: i protagonisti vengono identificati con il duca Maurizio II di Craon e con la duchessa di Belmonte, entrambi personaggi reali.

Jean Renart, grande scrittore del XII secolo, a forza richiedeva nelle opere letterarie una verosimiglianza che renda il racconto accettabile alla ragione.
Nella sua opera “Guglielmo di Dole”, Jean Renart mostrerà come questo suo proposito si realizzi.
La trama vede l'imperatore Corrado di Germania innamorarsi per sentito dire di Eleonora, sorella del cavaliere di modeste origini, ma a lui molto caro, Guglielmo di Dole.
Ma il siniscalco, per rovinare Guglielmo e impedire le nozze, si vanta di aver avuto rapporti intimi con la fanciulla, di cui conosce casualmente un particolare fisico recondito (un neo all'interno delle cosce).
Quando tutto sembra perduto, Eleonora, che nessuno conosce, si reca a corte e accusa il siniscalco di violenza e furto ai suoi danni.
Il siniscalco si dichiara innocente e prova con un giudizio di Dio di non conoscere la ragazza, ma con ciò, quando ella rivela la sua identità, smentisce la sua insinuazione precedente, cosi che la verità e la giustizia trionfano e Corrado sposa Eleonora.

Con questo racconto Jean Renart ci mostra la sua visione della letteratura.
In primis l'opera non vede trionfare la verità grazie ad un valente cavaliere, ma è la fanciulla che si libera da sé dalla calunnia e dal pericolo.
Inoltre la vicenda è condotta da una dimensione mitica e fantastica, ad una realtà totalmente quotidiana.
I nomi sono probabili (di Corradi imperatori di Germania ce ne sono stati prima e ce ne saranno dopo) e non remotamente celtici di altri romanzi, né sono meno vicini i luoghi in cui tutto si svolge (non un'Inghilterra mitica e impossibile, ma la Valle del Reno e la zona di Liegi).
E tutta la situazione è intrisa di quotidianità, con tradizioni, usi, costumi e divertimenti tipici di quel periodo.


Tutto questo ci mostra come il reale guadagnava sempre più spazio nelle trame dei racconti, anche solo per lambire le atmosfere e gli scenari dei romanzi.
Le opere continueranno per molto tempo, come accade ancora oggi, a narrare di grandi imprese e immensi sentimenti, ma la volontà di inserire il tutto in un contesto di verosimiglianza apparirà sempre più sensibile.
Questo, probabilmente, non per avvicinare i grandi eroi dei romanzi al pubblico e renderli più deboli e fallaci, ma per impreziosire queste straordinarie vicende, rendendole più reali e dunque più credibili.
Perchè, come scriveva il grande Emilio Salgari, nulla è più rassicurante che credere possibili e reali le più belle avventure mai sognate e raccontate.
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Vecchio 03-04-2012, 17.44.32   #2
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Come sempre i miei complimenti per i vostri saggi Sir Guisgard....leggendo i racconti di quelle dame noto che in quell'epoca le donne diventino delle eroine capaci di poter decidere e gestire il proprio destino, in un'epoca dove poco contava la loro volontà di agire.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 04-04-2012, 03.19.31   #3
Guisgard
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Vi ringrazio, milady
Si, le virtù della donna sono spesso narrate dai poeti e dai romanzieri quando si toccano i temi dell'Amor Cortese (non a caso è proprio la donna la grande protagonista dell'amor Cortese).
Ed esaltare le virtù terrene delle donne, proprio come spiegava Jean Renart, era un modo per rendere le varie eroine molto più reali, liberandole dai canovacci con cui la letteratura di corte le aveva descritte fino ad allora.
In verità la scia segnata da Jean Renart, ossia quella di un realismo assoluto, quasi incapace di accogliere comunque il meraviglioso, non arrivò a compiersi come sperato dal grande scrittore.
Tuttavia il verosimile, come abbiamo detto, si aprì ed accolse i temi più fantasiosi e fantastici della narrativa, generando quella giusta unione tra sogno e realtà, che è poi alla base della visione che da sempre l'uomo possiede del mondo che lo circonda.
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Vecchio 06-04-2012, 14.23.07   #4
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Anche se non sempre intervengo nelle tue discussioni, le leggo sempre con molto interesse.
I miei complimenti.
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Vecchio 06-04-2012, 16.38.19   #5
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Vi ringrazio, amico mio
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