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#771 |
Cittadino di Camelot
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"E.." sospirai guardando il finto Imone Marsin "lui aveva la mia stessa idea vedo..ma si è fatto coraggio..il mio Amore.. allora venite, non posso essere da meno di lui" e gli accarezzai il viso e lo guardai nei bellissimi occhi azzurri..già forse lo avrei visto per la ultima volta.."Avanti.., non vorrei sembrare troppo noiosa o monotona".
Mi avvicinai all' uomo e presi il biglietto e lo aprii.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." ![]() |
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#772 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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L'artista porse il cappello con i bigliettini a de Gur che ne pescò uno.
Poi fece lo stesso con Elisabeth. E nel biglietto pescato dalla donna vi erano queste parole: “Strega o fata, dice il Fato e saperlo ora non ci è dato. Circe, Medea oppure Didone, è la Sorte che ha scelto il copione. O anche chissà, una ricca cortigiana. Bella, adulata e discendente di Diana.”
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#773 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Guisgard fissò Altea e le sorrise.
La principessa scelse poi il suo biglietto nel cappello. E il biglietto questo recitava: “Ricca dama presso i Taddei, nella terra di Dio, senza altri dei. Tra la nobiltà di quelle antiche terre, sorte dai sogni, da sfarzo e dalle guerre. Ma se vuoi sarai una libera avventuriera, audace, bella, senza padroni e senza bandiera.”
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#774 |
Cittadino di Camelot
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Vidi De Gur leggere il suo biglietto......e io aprii il mio.......Il Destino non deludeva mai.....infondo Symoin era a detta di alcuni una maga....conosceva il mondo dell' occulto.......e allora Bella adulata e discendente di Diana........" Spero che il vostro bigliettino sia piacevole quanto il mio .....De Gur..."....e appoggiai il mio capo sulla sua spalla.....
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#775 |
Cittadino di Camelot
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Lessi il biglietto ad alta voce.."Oh una scelta difficile..io ho uno spirito avventuriero..da sempre..ma essere una ricca Dama dei Taddei..sempre bella comunque" sorrisi ironica visto solo alla avventuriera si dava della bella "è un onore essere una donna importante a Capomazda...e sia...sarò una Dama presso i Taddei" e mi sedetti vicino al falso Imone e lo guardai baciandolo poi con passione e sussurandogli "E voi non dite cosa sarete..sempre misterioso..ormai mi ero abituata a voi". Osservai Musain..."Eh..non avevate ragione..l' Amore non è Immortale...io e lui ora potremmo dividerci sicuramente proprio quando ho iniziato ad amarlo follemente" e lo guardai bisbigliandogli nell' orecchio.."Questa non è finzione..fin dal primo giorno mi toglieste il pugnale" e sorrisi guardando Korshid, magari ella poteva diventare la mia dama di compagnia.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." ![]() |
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#776 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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L'artista allora apparve di nuovo dal sipario e salutò la platea con un vistoso invito.
“La nostra storia comincia così... in tempo fiabesco, ma reale... e con un viaggio...” disse “... in una città misteriosa, di cui tutti parlano, ma che pochi hanno visto davvero... tre uomini... un chierico, un notaio ed un cavaliere... inviati dall'Arciduca di Capomazda per un'importante missione diplomatica...” in nuovo inchino e il tutto cominciò. Antefatto I tre uomini raggiunta la favolosa città, nel cuore di un mattino avvolto da un cangiante bagliore multicolore e rapiti dal suo incredibile e quasi ultraterreno splendore, furono poi condotti nel cuore di quel mondo principesco, dove sorgeva la più superba e magnifica di tutte le sue costruzioni, il grandioso Palazzo Reale di Gioia Antiqua. La sontuosa costruzione era orientata con la facciata principale verso Est, come le antiche chiese Cristiane, dove su una pianta cruciforme, con al suo centro il corpo principale del palazzo, prendevano ad erigersi otto alte e slanciate torri ottagonali, che sembravano fungere da guardiane dell'intero e nobile edificio. Al centro, collegato col palazzo vero e proprio, sorgeva un monumentale dongione, che superava per dimensioni tutte le altre torri circostanti. Questi pinnacoli, con al centro il titanico torrione, apparivano, con la loro eleganza e l'armoniosa disposizione che soddisfava tutte le più chiare norme di un'estetizzante perfezione matematica, quasi come una corona atta a racchiudere la parte più aristocratica dell'intero complesso. Perchè se l'esterno dell'edificio, con la sua ossessiva ricerca di eccellenza geometrica e cabalistica, risultava in qualche modo spoglio di ogni eccessivo fasto e pomposità, fatta eccezione per un rivestimento di mattoni dalle differenti screziature cromatiche, l'interno invece di quella reggia si presentava animato da uno sfarzo dai tratti fiabeschi. I tre uomini, condotti da servi e valletti abbigliati con abiti ricchissimi, furono introdotti, attraverso un ampio atrio ricco di statue di purissimo marmo prima e un lungo e sontuoso corridoio dalle pareti abbondanti di affreschi poi, in una maestosa sala longitudinale, il cui interno era scandito da due fila di colonne in granito rosso. E su ciascuna colonna si apriva una finestra a bifora che consentiva alla luce del giorno di inondare quell'ambiente, esaltandone così la preziosa e variopinta decorazione. Su tutto il soffitto, racchiuso da robusti archi a tutto sesto ricoperti da foglie d'oro, figuravano preziosi mosaici dalle tessere vitree, capaci di generare, a contatto con la luce, intensi e perenni scintillii. Il pavimento poi non era da meno a tutta quella sontuosità, costituito da grandi lastre rettangolari marmoree in giallo antico, incorniciate da fasce di marmo di un verde ellenistico. Anche le pareti apparivano rivestite da preziosi e magnifici marmi policromi. E le incrostazioni marmoree delle pareti, dei pavimenti, unite allo splendore delle colonne, colpite dai potenti e fulgenti fasci di luce che attraversavano le finestre, generava straordinari e magici effetti policromatici, dissolvendo in un superbo sfolgorio di luminosità e colori i confini spaziali di quel luogo, donandogli fattezze quasi ultraterrene. Rapiti da tutto questo splendore, i tre messi arrivarono in fondo alla sala, ritrovandosi allora di fronte ad una piccola aula separata dal resto di quell'ambiente da tredici colonne in marmo bianco. Al centro di essa, in una piccola nicchia absidata, un velo celava una figura slanciata ed elegante. “Parlate, dunque.” Disse una voce di donna dal lieve accento straniero. “Altezza...” col capo chino il notaio “... veniamo a nome di Sua Signoria Cattolica l'Arciduca Dominus, signore di Capomazda e vassallo della Chiesa Romana... egli domanda la vostra mano, mia regina, portandovi in dono le sue terre e la sua nobile persona.” “Ho udito” fece la regina col suo caratteristico accento “che il vostro signore però non è il legittimo duca di Capomazda.” “Altezza, egli è nobile e nelle sue vene scorre il medesimo sangue dei suoi grandi avi, come il leggendario Taddeo I, suo figlio Ardea de' Taddei e Ardeliano il Grande.” Rivelò il notaio. “Eppure” replicò la sovrana da dietro quel velo “non era destinato a lui il Trono Gigliato, come voi chiamate il seggio dei vostri Arciduchi, ma a suo nipote che invece ha spodestato.” “Non è così, Altezza...” alzando timidamente lo sguardo il notaio “... suo nipote fu rapito tempo fa, quando era ancora un bambino, durante il soggiorno di suo zio, Taddeo l'Austero, a Sygma... e dunque l'elezione ad Arciduca del nostro signore è legittima e riconosciuta anche da Sua Grazia il Vescovo.” “Un servitore” fece la regina “si lega al suo padrone per mille motivi... la paura, l'ignoranza, l'interesse...” “Mi è concesso parlare, Altezza?” Chiese il chierico. “Parlate.” Rispose la regina. “La mia presenza qui” spiegò il chierico “è testimonianza del riconoscimento e dell'appoggio che Sua Grazia il Vescovo ha concesso all'Arciduca Dominus... dunque la sua elezione è legittima e riconosciuta sia dal Diritto Reale, sia dal Diritto Ecclesiastico.” “Perchè vuole sposare una donna che non conosce?” Domandò la regina. “Per le mie ricchezze, immagino. Non certo per Amore.” “Altezza...” intervenne il notaio “... l'Amore che muove il mondo è un'invenzione dei poeti e dei bardi... quello passionale e travolgente che fa scoppiare guerre o distrugge regni alberga solo fra i versi delle poesie e fra le pagine dei romanzi... esso non è altro che l'idillica e romantica rappresentazione dell'infatuazione giovanile, che arde presto con vigore, ma che poi si dissolve in breve tempo. L'Amore invece, quello vero, è il naturale compresso tra due animi affini che con affetto decidono di trascorrere insieme la propria vita. A far girare il mondo vi sono ben altre cose e molto più importanti. E su queste cose Sua Signoria fa leva per convincervi ad accettare la sua richiesta di nozze, Altezza.” “Mi hanno parlato” mormorò la regina “di un'antica maledizione che flagella i Taddei... un oscuro incantamento che ha causato la terribile morte di coloro fra essi che scelsero invece di innamorarsi liberamente. Egli dunque non teme ciò?” “Sono solo leggende e antiche superstizioni, Altezza.” Disse il notaio. “Antiche dicerie frutto d'ignoranza e sorte in tempi remoti. Capita spesso che attorno a nobili e potenti signori il folclore popolare ricami storie inverosimili che poi col tempo maturano in veri e propri miti o leggende.” “Il vostro signore da adito alla Ragione dunque e non al cuore.” Sentenziò la regina. “Sicuramente, Maestà.” Annuì il notaio. “E sia...” mormorò la sovrana “... se è allora disposto a portarmi in dono il suo ducato, non avrà dunque difficoltà a soddisfare la mia richiesta... chiedo un pegno per la mia mano.” “Un pegno?” Ripetè il notaio, per poi voltarsi verso il chierico ed il cavaliere. “Si.” Annuì la regina. Un'ancella si avvicinò ai tre con in mano un bellissimo e prezioso vaso d'oro. “Direte al vostro padrone” continuò la sovrana “che la regina di Gioia Antiqua accetta la sua richiesta di nozze, purché riempia con un pegno questo vaso d'oro.” “Ho facoltà di parlare, Altezza?” Chiese il cavaliere. “Parlate.” Acconsentì la donna. “Qual'è il pegno con cui riempire questo vaso, mia regina?” Domandò il cavaliere. “Il Fiore Azzurro.” Rivelò la regina. “Dite al vostro signore che solo se riuscirà a riempire questo vaso con il Fiore Azzurro avrà diritto alla mia mano.” I tre uomini si scambiavano sguardi perplessi. “E' tutto.” Concluse la sovrana, per poi svanire oltre quel velo che l'aveva nascosta per tutto il tempo. E i tre messi dell'Arciduca, portando con loro il vaso d'oro, lasciarono il palazzo e poi la città, per ritornare a Capomazda. La Donna di Fiori Capitolo I: Il mostro di Capomazda “Un basso suono di terremoto si fece udire, un rombo sotterraneo; e poi tutti trattennero il fiato, mentre impacciata di cavi pendenti, di ramponi e di lance, una grande forma balzava per il lungo, ma obliquamente sul mare.” (Herman Melville, Moby Dick) La città di Amoros, racchiusa tra i fiumi Calars e Volotronus, con la sua caratteristica forma a Croce, era animata quella mattina da una vivace agitazione. Nelle locande, per le strade, tra i banchi del mercato, davanti alle botteghe, in ogni piazza e persino nello spiazzale della chiesa principale, quella dedicata all'Arcangelo Michele, circolavano voci riguardo a strani fatti accaduti attorno alla capitale Capomazda. “Vi ho detto” disse un uomo agli altri seduti con lui nella locanda “che hanno cercato di abbatterlo, ma i colpi di mortaio non arrivavano a colpirlo.” “E come può essere?” Chiese uno di quelli seduti. “Perchè è schizzato in volo in un momento!” Rispose l'uomo. “Questa poi...” un altro dei presenti “... come può volare? Che assurdità...” Altri risero. “Non ho mica inventato io questa storia!” Risentito l'uomo. “Tutti ormai ne parlano ad Amoros! E la notizia è giunta da alcuni mercanti che si son fermati qui di ritorno da Solpacus!” “Ma allora di cosa si tratta?” Domandò un altro. “Io mi sono fatto la mia idea...” mormorò l'uomo. “Avanti, dilla anche a noi.” Un altro di quelli che ascoltavano. “Beh, deve trattarsi di un drago.” Sentenziò l'uomo. “Un drago?” “Ah, hai il concime nella testa!” “E noi qui che lo stiamo anche ad ascoltare!” “Che il diavolo mi porti se mi sono inventato io questa cosa!” Sbottò l'uomo. “A Capomazda lo credono in tanti ormai! Diversi testimoni infatti affermano di aver visto quella cosa adagiarsi sulla campagna, scorrere lieve sulle acque di un fiume e schizzare poi in volo appena vistasi attaccata! Secondo voi cos'altro può essere se non mostro volante?” “I draghi sputano fuoco si dice...” mormorò un altro di quelli. “E infatti anche questo misterioso mostro volante sembra in grado di farlo!” Annuì l'uomo. “Figuratevi, ha vomitato fuoco su una torre piena zeppa di arcieri intenti a bersagliarlo con i dardi! Ve lo dico io... è un drago! Di quelli che si leggono nelle antiche leggende!” “E cosa fanno ora a Capomazda?” Domandò un altro ancora. “Ho udito che hanno messo una taglia su quel mostro!” Rivelò l'uomo. “Chiunque riuscirà ad abbatterlo o a fornire qualche testimonianza utile ai soldati del duca riceverà una profumata ricompensa.” Tutti, a quelle parole, restarono colpiti. “Credetemi...” l'uomo a tutti loro “... in tutto il ducato non si fa che parlare di questo misterioso e terribile mostro...” ![]() +++
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#777 |
Cittadino di Camelot
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Quella mattina mi alzai presto, ero intenzionata a farmi un bel giro a cavallo nella foresta...a volte le giornate possono trascorrere senza fine a Capomazda e, fortunatamente, avevo a disposizione molti diversivi, eppure qualcosa mi mancava o forse mi annoiava.
Petronilla, la mia dama personale di compagnia nonchè balia, bussò alla porta e le dissi di entrare..ovviamente la colazione era servita a letto e in camera. "Potete poggiare sul tavolo di ebano" e mi alzai correndo dal letto, con disappuno di Petronilla visto ero famosa per l'animo irrequieto e particolare che per qualcuno era eccessivo alla corte dei Taddei. "Ma che bontà, la cuoca ha superato se stessa" e mi sedetti gustando la colazione. Petronilla scuoteva il capo e le sorrisi immaginando ciò che pensava..troppo avidamente Altea.."Oggi vorrei andare nella foresta col mio cavallo, ovviamente dopo la Santa Messa e il Rosario, ma mia madre dice non posso...io credo sia una finzione, frutto di qualche mente troppo fervida di immaginazione..un drago. Io e il mio maestro riteniamo sia un animale venuto da qualche posto esotico..chissà" dissi con aria sognante sorseggiando il thè "magari un affascinante e selvaggio pirata proveniente da una isola misteriosa e sconosciuta l'ha portata qui come trofeo". La buona donna era esasperata e si sedette guardandomi e sorridendo leggermente..e mi ricordai dovevo nascondere quel libro di avventure che tanto amavo ma i miei genitori ritenevano profano..era proprio sul comodino. Petronilla mi aiutò a vestirmi ma erano abiti sontuosi.."Sapevo..anche oggi niente corsa a cavallo" mi rabbuiai ma ella mi accarezzò dolcemente il viso come una madre...e non come la mia vera madre disinteressata che avevo. Eccomi..sono Altea..giovane ricca dama alla corte dei Taddei..con un padre che mi donerebbe il mondo intero e una madre che, avendo avuto solo cinque figlie, pensava unicamente oltre ai vestiti a darci in sposa ai migliori partiti della corte...impresa non facile, ovviamente, con me..soprattutto per la fama della mia indole ai loro occhi incomprensibile. ![]()
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#778 |
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Il vento del Sud mi accarezzava il viso, mentre, ferma sulla linea di prua, osservavo l'orizzonte: un'infinita distesa più blu dei miei occhi.
Li chiusi per un momento, assaporando il profumo del mare, la carezza del vento, il sussurro della libertà. Avevamo viaggiato a lungo, ricoprendoci di gloria o infamia a seconda dei punti di vista. Ormai, nei porti dalle Flegee alle isole più lontane, tutti conoscevano la mia Hydra, e forse in molti avevano dimenticato la vecchia Clio. Non che avesse più importanza, ormai. Quella ragazzina sfortunata non esisteva più. Se mi avessero preso non ci sarebbero andati per il sottile, pur non riconoscendomi. Non serbavo più rancore, dopotutto, grazie a tutto quello ero diventata la Clio di adesso. Certo, non era stato facile, ma ogni sforzo mi era stato ripagato. Il rispetto era stata la conquista più grande. Quel rispetto che non avevo mai avuto in quel maledetto palazzo. Non mi mancava la mia vecchia vita, ormai era come sbiadita e cominciavo a credere fosse un sogno. Una cosa sola continuavo a invidiare alla vecchia Clio, pensai, con una stretta al cuore. E pensare che lei non ci dava così tanto peso. Ma avrei barattato fino all'ultima pietra preziosa nascosta sull'Hydra, in cambio di una di quelle serate d'estate, le risate, i discorsi che non finivano mai. Quel dolce e doloroso pensiero mi colpì in pieno, come una rapida folata di vento, costringendomi ad aprire gli occhi e sorridere, mio malgrado. "Sii felice.." sussurrai al vento, quasi potesse fare da messaggero e giungere alla sua porta. Accarezzai dolcemente il pesante legno della balaustra, e solo in quel momento mi resi conto che la lancia era tornata. Lasciai che le onde continuassero a lambire i miei ricordi, i miei pensieri, e mi diressi sul ponte a passo spedito. Il mio primo ufficiale era già in compagnia dell'esploratore. Aspettavano solo me. Salutai entrambi con un cenno e mi appoggiai al parapetto. "Allora? Quali notizie porti dalla terraferma, Lius?" chiesi al marinaio appena rientrato sulla nave. ![]() |
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#779 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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La lancia raggiunse la fiancata dell'Hydra e venne poi issata su con delle robuste cime, permettendo così ai marinai di scendere sul ponte.
“Capitano...” disse Luis a Clio e salutandola portando la mano all'altezza della fronte “... beh...” guardando poi verso la grande distesa blu che li circondava “... lungo le coste Fleegesi credo sia in atto un bel acquazzone e forse per questo che scarseggiano così tanto navi all'orizzonte...” “Andiamo, Luis...” scuotendo il capo Yanos “... un acquazzone o anche un temporale non può durare giorni interi... e ormai è una settimana che non avvistiamo una nave mercantile o da trasporto...” “Le uniche due imbarcazioni viste negli ultimi cinque giorni” intervenne Abriz “sono state una fregata ed un vascello... insomma navi piene zeppe di mortai e soldati...” “E questo non vi dice nulla?” Fissando tutti loro Zarat. “Ormai tutti lo temono. Ne sono terrorizzati. Per questo si tengono lontani dal mare aperto.” “Di cosa diavolo stai parlando?” Voltandosi verso di lui Abriz. “Del mostro...” rispose Zarat “... ecco di cosa... gli ultimi ad averlo visto sono stati due pescatori la cui barca è finita al largo dopo una pioggia improvvisa... uno solo di loro si è salvato, ripescato poi due giorni dopo da un peschereccio... raccontava di un mostro capace di scorrere rapido sulle acque e di librarsi poi in volo con la medesima velocità, sollevano gigantesche orme che hanno così travolto la loro barca...” “E se esiste davvero questo fantomatico mostro” replicò Yanos “perchè allora noi non siamo mai riusciti a vederlo?” “Siamo stati fortunati...” mormorò Zarat “... fortunati... ma non bisogna sfidare troppo madama Fortuna...”
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#780 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Petronilla scosse il capo a quelle parole di Altea.
“Un pirata...” disse con vago disappunto “... che assurdità!” Esclamò poi. “Leggete troppi romanzi, voi.” Fissandola. “Quanto al mostro, dubito davvero che qualcuno possa condurlo da un luogo all'altro della Terra, visto che, a detta di coloro che l'hanno in qualche modo intravisto, si tratta di una creatura fuori dall'ordinario in fatto di dimensioni. Ed anche feroce, aggiungerei. Visto i danni che ha causato al piccolo porto fluviale sul Volotronus, ad uno dei torrioni di avvistamento lungo la brughiera, dove ha letteralmente dato fuoco ad un intero manipolo di arcieri e senza dimenticare poi gli armenti ed i greggi che spaventa e disperde quando compare all'improvviso fra le nuvole.” Si fece il Segno della Croce. “E tutto sommato la cosa non dovrebbe stupire più di tanto, poiché anche nelle Passioni di molti Santi compaiono animali simili... San Giorgio ha ucciso un drago e lo stesse fece San Colombano, trasformando poi quel luogo nel suo eremo.” Sorrise ad Altea. “Suvvia, ora basta parlare di queste cose. Appena terminerete di fare colazione scenderemo nel cortile. Oggi Sua Signoria mi sembra piuttosto impaziente. Credo attenda qualcuno di molto importante.”
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