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Vecchio 08-04-2015, 04.54.44   #281
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
"Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno."


(Dante Alighieri, Divina Commedia, Inferno, Canto XIII)



Il frate si sedette su un tronco cavo e restò a fissare Ardea e Biago mentre sgozzavano la scrofa e la preparavano per essere cucinata.
I due accesero poi un fuoco con della legna raccolta nei paraggi e appena pronta la brace cominciarono ad arrostire l'animale.
In breve il profumo delle sue tenere carni e del grasso che si scioglieva si diffuse nell'aria.
Allora il cavaliere ed il suo scudiero, quando la scrofa fu cotta, la servirono al frate, imbastendo quel pasto per il religioso.
Il frate, così, con l'appetito stuzzicato dal profumo di quell'arrosto, cominciò subito a mangiare compiaciuto.
Ma poco dopo accadde qualcosa.
Un sibilo, lungo e leggero si alzò nell'aria, come se la fendesse.
E proveniva dal castello.
Sembrava un flauto a suonare, con le sue oscure ed indecifrabili note che parevano volare tra il vento che percorreva la contrada.
“Ci siamo.” Disse Ardea, intuendo che la loro attesa giungeva ormai al termine.
Biago annuì e subito corse a prendere qualcosa dalla sella di Arante.
Ritornò qualche istante dopo con delle robuste reti.
Erano intrecciate con canapa e lamine di bronzo che le rendevano praticamente indistruttibili.
I due allora, arrampicatisi sull'albero sotto il quale avevano imbastito il pranzo per il frate, cominciarono a sistemare le reti tra i rami.
Ed attesero.
Tutto attorno a loro pareva avvolto da un innaturale silenzio, rotto solo dal rumore del frate che mangiava e dalla brace che ormai andava spegnendosi.
Ma la sensazione del Taddeide riguardo ad un'imminente pericolo era forte, fortissima.
Poi, all'improvviso, si udì qualcosa intorno a loro.
Un mostruoso gracchiare che si ripeteva come un eco stridulo e continuato.
Un istante dopo due veloci falchi apparvero in cielo.
Si spostavano rapidi ed erano più grandi e robusti dei falchi comuni.
Le piume erano spesse e folte, come se fossero scaglie di una corazza, mentre becchi ed artigli luccicavano al Sole di sfavillanti cromature, dato che erano fatti di puro e vigoroso ferro.
In pratica di trattava di vere e proprie armi in grado di volare.
Mai in natura si erano visti simili predatori dell'aria.
Prima cominciarono a volteggiare sopra il pranzo del frate, poi, puntata la preda, si lanciarono in picchiata a grande velocità, come schegge che i bagliori del loro metallo rendeva incandescenti.
Nel frattempo, rimasto immobile a fissarli, il religioso, prima incredulo e poi spaventato, restò pietrificato alla sua mensa e solo quando i due mostruosi falchi erano praticamente su di lui, chinò la testa e si rannicchiò per la paura.
Prese allora a gridare e poi a recitare alcune orazioni ad alta voce, come se fossero la sua unica difesa in quella terribile ed incredibile situazione.
Ma fu proprio allora che, tagliate le reti con un preciso colpo di spada, Ardea fece scattare la trappola.
In un attimo i due falchi si ritrovarono nelle pesanti reti, quasi impossibilitati a muoversi.
Le lamine di bronzo si incagliarono tra le piume di quei rapaci, bloccandoli e quasi soffocandoli con il loro peso.
“Hurrà!” Gridò Biago con fare trionfante.
Ma i due infernali uccelli, sentendosi in trappola, con i loro mostruosi becchi ed i loro artigli metallici cominciarono a far scempio di quelle reti.
Un momento dopo erano di nuovo liberi e volteggiavano minacciosi sul religioso ed il suo pasto.
“Hanno becchi ed artigli letali come armi!” Gridò Biago. “Hanno fatto brandelli delle reti! Reti capaci di imbrigliare orsi! Che bestie sono mai questi uccelli? Come riusciremo a fermarli?”
Intanto i due superbi rapaci puntarono di nuovo la loro preda e un istante dopo erano nuovamente lanciati contro il frate e la sua mensa.
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Vecchio 08-04-2015, 18.55.15   #282
Altea
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Altea ha un'aura spettacolareAltea ha un'aura spettacolareAltea ha un'aura spettacolare
che strani esseri..o armi mortali..nemmeno le preghiere del frate sono riuscite a sconfiggere gli Inferi..ma sono certa Ardea troverà il modo per salvarlo.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe

"Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit.

"I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam)

"La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea
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Vecchio 13-04-2015, 01.23.00   #283
Clio
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Clio sarà presto famosoClio sarà presto famoso
Finalmente un po' di tempo per leggere le avventure di Ardea!
Quel frate se la starà vedendo davvero brutta con quelle bestiacce...
Ma concordo con lady Altea, i nostri eroi troveranno il modo di salvarlo
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Vecchio 13-04-2015, 17.07.39   #284
Galgan
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Galgan è sulla buona strada
Invero, la figura di Ardea risulta gradita anche alla mia piccina (anche se lo chiama "Aldea"), ed ama sentire le sue storie.
Un doppio ringraziamento, quindi, buon Guisgard.
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".....la purezza non si ottiene senza sforzo."
Yamamoto Tsunetomo, Hagakure
"Il cavaliere è l'uomo che percorre il tremendo cammino del sacrificio, per un bene superiore."
Plinio Correa de Oliviera
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Vecchio 14-04-2015, 02.30.51   #285
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Sono io che ringrazio tutti voi, che leggete ed apprezzate le antiche imprese di Ardea.
E naturalmente un grazie speciale va anche alla dolcissima principessina di sir Galgan
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Vecchio 15-04-2015, 02.39.20   #286
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
“<<E' questa la regione, è questo il suolo e il clima>> disse allora l'Arcangelo perduto, <<è questa sede che abbiamo guadagnato contro il cielo, questo dolente buio contro la luce celestiale?>>”

(John Milton, Paradiso Perduto)



Davanti a quella scena Biago si sentì avvilito.
I falchi si erano dimostrate creature quasi di un altro mondo.
Un mondo oscuro, malvagio e sacrilego.
“Non è il momento di abbattersi...” disse Ardea, spronandolo “... presto, o faranno strage del frate!”
Questi infatti era ai piedi della sua mensa, impaurito, a balbettare preghiere per salvarsi.
I due falchi, allora, si lanciarono di nuovo in picchiata e raggiunsero la scrofa, cominciando poi a maciullarla con gli artigli ed a strapparne le carni con i loro becchi.
Ardea, comprendendo che quello era il momento di agire, raggiunse la brace ancora calda dove avevano cotto la scrofa ed iniziò ad intingere nel grasso colato tra le pietre e la cenere le sue frecce.
Quelle che erano state forgiate dalle armi del malvagio Govarola.
Portò poi le frecce sui tizzoni ancora ardenti della brace e diede loro fuoco.
Mirò così alle carni della scrofa e in un attimo quel pasto prese fuoco, avvolgendo in rapide fiamme i due terrificanti rapaci.
In principio i due uccelli tentarono la fuga, col primo però che non riuscì neanche a spiccare il volo, tanto erano consumate le sue ali e con il secondo che, alzatosi per pochi metri, fu subito raggiunto da un altro dardo di Ardea che gli spaccò in due un'ala, facendolo cadere pesantemente al suolo.
Il cavaliere allora si tolse il mantello e raggiunse prima un falco, poi l'altro, spegnendo le fiamme che li stavano carbonizzando.
“Perchè?” Stupito Biago. “Lasciali bruciare!”
“Ci servono vivi.” Fissandolo il cavaliere.
“Perchè mai?” Domandò lo scudiero.
“Vedrai.” Rispose Ardea. “Andiamo dal frate ed accertiamoci che stia bene.”
I due, così, raggiunsero il religioso per sincerarsi delle sue condizioni.
“Come state?” Aiutandolo ad alzarsi Ardea.
“Oh, Signore...” mormorò ancora scosso il religioso “... Bontà Divina...” scuotendo il capo.
“Su, che state benissimo.” Sorridendo Biago.
“Ma...” farfugliò il frate “... ma cos'erano? Demoni?”
“Erano falchi.” Spiegò Ardea. “E voi siete stato coraggiosissimo. Senza di voi sarebbero ancora in volo a terrorizzare la contrada.”
“Non esistono falchi simili...” incredulo il religioso “... non possono esserci animali tanto mostruosi... nessun Testo Sacro li cita...”
“Nei Vangeli” fece Ardea “Nostro Signore scaccia i demoni... perchè sono una realtà.”
A quelle parole del cavaliere, il religioso chinò il capo ed annuì, per poi farsi il Segno della Croce ed iniziare a recitare i Divini Misteri del Santo Rosario.
Essendo Mercoledì erano dunque i Divini Misteri Gloriosi quelli che il frate recitava.
E lo scorrere del Santo Rosario fra le dita del religioso pareva scandire un inquietante conto alla rovescia, dopo il quale, Ardea ben intuiva, la Questione avrebbe mostrato il suo vero volto.
Per questo l'eroe eponimo di tutti i Taddeidi cercava con lo sguardo il castello che dominava l'intera contrada.
Da esso infatti sarebbe giunto il vero nemico da affrontare in quella terribile impresa.
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Ultima modifica di Guisgard : 15-04-2015 alle ore 02.50.46.
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Vecchio 15-04-2015, 03.22.03   #287
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Sempre ingegnoso il nostro Ardea!
La faccenda si fa sempre più interessante....
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Vecchio 15-04-2015, 18.34.23   #288
Altea
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Sempre arguto Ardea..questa è la sua miglior arma..
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Vecchio 21-04-2015, 03.14.04   #289
Guisgard
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“Signore, chi abiterà nella tua tenda?
Chi dimorerà sul tuo santo monte?”

(Salmo 15, L'ospite del Signore)


Sulla contrada un lento e lamentevole vento si era alzato, soffiando da Nord e ammutolendo tutto ciò che sorgeva in quella landa.
La campagna era intrisa di un cupo silenzio ed il cielo, con le sue sue inquiete nubi, sembrava quasi maledire tutto ciò che si trovava sulla Terra.
Poi, nel vento, si udì ancora una volta il sibilo sinistro di quel flauto.
Giungeva dal castello e in un attimo si diffuse su tutta la campagna.
Ma nulla rispose a quel funereo richiamo.
E di nuovo, dopo qualche istante, quell'inquietante sibilo, simile ad un antico e disgraziato lamento, ad una tacita sentenza di morte, si diffuse nei cieli della contrada.
Ma neanche stavolta ci fu risposta a quell'oscuro segnale.
Allora le secolari porte di quel maniero di aprirono ed una figura uscì da quelle antiche mura.
Alta e snella, dalla postura austera, indossava un lungo mantello grigio ed il suo capo era nascosto da un cappuccio stretto da bende.
La misteriosa sagoma si guardò intorno e restò così per diversi istanti, come se quel silenzio l'avesse sorpresa e turbata.
Montò poi in sella ad uno scarno palafreno e scese verso la campagna sottostante, continuando a suonare quel suo malefico flauto ad intervalli quasi regolari, senza però ricevere mai risposta alcuna.
Suonava e si guardava intorno, come se attendesse di vedere una qualche reazione a quel suo richiamo.
Ma non accadde nulla.
Fino a quando, sospinto dal vento, un odore di carne raggiunse i suoi sensi.
La misteriosa figura incappucciata, così, seguendo quell'aroma, percorse buona parte della campagna, raggiungendo infine il luogo in cui Ardea e Biago avevano preparato quel pasto per il chierico.
Ed in quel momento, finalmente, la figura incappucciata vide su un rudimentale altare, fatto di pietre e rami secchi, i due falchi coperti da tagli e ferite che respiravano a fatica.
La figura allora, incredula, scese da cavallo e si avvicinò ai due falchi moribondi.
Lanciò un grido per la rabbia e si tolse, dopo essersi strappato le bende, con vigore il cappuccio, mostrando così il suo aspetto.
Era un essere ripugnante, che di umano aveva ben poco.
La pelle era di un bianco che richiamava i cadaveri e grinze simili a squame gli ricoprivano il volto ed il collo, come se un morbo infettivo ne avesse martoriato le carni.
Gli occhi erano piccoli e scuri, i capelli grigi e sottili, la testa irregolare.
Il viso si mostrava scarno e deforme, mentre la bocca appariva come una fessura e i pochi denti non riuscivano ad evitare che la saliva, gialla e fetida, fuoriuscisse attraverso le sottili e scure labbra.
E per la rabbia, quell'orrendo falconiere, picchiò con forza il pugno su quel rozzo altare.
“Dannazione...” disse con la sua voce stridula e grottesca “... chi ha osato fare questo ai miei falchi? A me, Picas, signore di questa contrada? Chi?” Urlò di rabbia. “Chi ora subirà la mia giusta collera?” Con un moto di frustrazione. “Oh, gente malvagia! Così ripagate chi vi ha lasciato in vita, invece che gettarvi in pasto ai suoi nobili falchi? Così rispettate chi ha scelto di prendersi solo i frutti di questa terra, invece che le vostre sudicie vite?” Scosse il capo. “E sia! Ora conoscerete la vera sofferenza!” Con occhi colmi di odio e crudeltà.
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Accidenti che orrore...
Non promette nulla di buono...
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