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Vecchio 02-08-2010, 21.16.50   #21
llamrei
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llamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamballamrei è veramente ingamba
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@Llamrei
Temo, mia cara, che la risposta oggi potrebbe in molti casi risultare deludente!
Già, Icaro è un personaggio insolito... persino per il suo tempo, a mio avviso!
lo temo anche io mia cara amica...
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Vecchio 02-08-2010, 22.50.26   #22
Sibilla
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Sibilla ha un'aura spettacolareSibilla ha un'aura spettacolare
Messere siete crudele... non potete lasciarmi con questa curiosità... passerò la notte pensando ai mille possibili sviluppi...
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Io non sarò mai nessuno, ma nessuno sarà mai come me.-- Jim Morrison
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Vecchio 03-08-2010, 02.18.44   #23
Guisgard
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Guisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare beneGuisgard di lui non si fa che parlare bene
Il mio maestro mi diceva sempre: "i pensieri di una donna nella notte saranno il tuo tesoro più grande."
Riferirò alla musa le vostre parole, milady, invogliandola a continuare il suo racconto
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Vecchio 03-08-2010, 03.57.27   #24
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Un uomo legato a degli ideali nobili...e se si chiedesse oggi, all'uomo moderno, quali siano gli ideali per cui vale la pena combattere...secondo voi..cosa risponderebbe? Icaro...avrei voluto incontrarlo...
Eh, milady, viviamo in una triste e sterile epoca, purtroppo...
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Vecchio 03-08-2010, 20.51.47   #25
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IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

V

Aperta la porta, subito in casa entrarono diversi uomini armati.
“Cosa volete?” Chiese Icaro.
“Sono stati visti entrare in questa casa” prese a dire colui che sembrava essere il loro capo “alcuni nemici della causa imperiale.”
“Qui non ci sono faide o propositi belligeranti.”
“Dobbiamo ispezionare la casa.”
“Fate pure.” Disse Icaro.
Poi, accortosi del ferito sul letto, l’uomo chiese:
“E quello?”
“E’ un uomo ferito.”
“No, quello è un traditore” disse il ghibellino “e voi siete della sua stessa pasta!”
“Non mi interesso di politica.” Rispose Icaro. “Ho solo fatto il mio dovere di cristiano, aiutando un mio simile ferito.”
“No, voi avete peccato contro il Cielo e contro la vostra città, gaglioffo!” Gridò il ghibellino. “Uomini, portate via questi due traditori!”
“Non potete trasportare quell’uomo” urlò Icaro “o sarà la sua fine!”
“Ormai la sua sorte è segnata…” rispose il ghibellino “… come la vostra!”
“No, in nome del Cielo!” Intervenne la nonna in lacrime. “No, non potete portare via mio nipote! Non ha mai fatto niente di male a nessuno!”
“Sta zitta, vecchia...” intimò il ghibellino “... o farai la sua stessa fine!”
E quegli uomini portarono via Icaro ed il guelfo ferito, tra la disperazione della vecchia nonna.

Le prigioni hanno molti mali.
Ma forse il peggiore di tutti è il tempo che ti lasciano per pensare.
Ed i pensieri, prima o poi, finiscono per consumarti.
Nulla è peggiore che ricordare la gioia quando si è nella pena.
I ricordi, le sensazioni, l’eco di un passato ormai svanito allora ti assalgono.
Ti travolgono, come il mare tempestoso fa con il naufrago, scuotendolo in balia delle sue onde e della furia dei venti.
Ma la furia degli uomini è forse anche peggiore.
L’uomo non ha il dono della compassione e della misericordia per i suoi simili.
Egli allora si danna per questo.
Ed un’anima dannata non obbedisce più al bene, ma al male.
Icaro, rinchiuso in quella buia ed umida cella, vedeva salpare mille e più navi per quel mare che ora lo scuoteva e la devastava.
Quelle navi partivano per porti lontani, su isole sconosciute, come solo il futuro sa esserlo.
E su quelle navi vi erano i sogni ed i desideri di Icaro.
Tutto sembrava abbandonarlo pian piano.
In un rapido e fatale scorrere di una notte, la sua vita era cambiata.
Anzi, svanita.
Gli era stata portata via e con essa ogni speranza per il futuro.
Fu lasciato, insieme ad altri disperati, a marcire nell’umidità e nel dolore.
Aveva paura.
Paura di impazzire.
Si, perchè forse il loro scopo era quello di farlo impazzire.
Già due uomini in quella settimana si erano impiccati.
Si, ormai Icaro ne era certo, volevano fiaccarli nello spirito e nel cuore.
Qualcuno dei suoi sventurati compagni di dolore delirava un’assurda convinzione, simile in realtà più a una misera illusione, che le truppe guelfe di Napoli sarebbero giunte a liberarli.
“Re Carlo ci salverà!” diceva continuamente qualcuno in quella cella.
Non importava chi lo dicesse, ciò che contava era udirlo da parte degli altri.
Così, quasi a turno, ciascuno di quei miserabili pronunciava, ad intervalli ormai regolari, quell’augurio, che ben presto divenne solo un’ossessione.
Icaro allora decise di lasciarsi impazzire.
Si, pensava, i matti non soffrono.
Non comprendono più nulla, né ciò che distingue la vita dalla morte, né quello che separa il bene dal male.
E così, invocava ogni notte un demonio.
Il demone della follia.
Ma certe notti si svegliava di soprassalto ed un’irrazionale paura lo raggiungeva.
“Perché poi il demonio dovrebbe correre in mio soccorso?” Pensava. “Perchè dovrebbe giungere a sollevarmi dalle mie pene, quando il suo unico scopo è quello di tormentare gli uomini?”
Allora si convinse che i suoi carcerieri erano tutti demoni.
E mentre i giorni e le notti trascorrevano così, ad invocare la follia o la morte, viste entrambe come liberatrici da Icaro, giunse il giorno del giudizio.
Ma, purtroppo per Icaro, non era il Giudizio di Dio, ma solo quello degli uomini.


(Continua...)
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Vecchio 04-08-2010, 20.38.07   #26
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IL CAVALIERE DI SEMIFONTE

VI

I disperati, come un gregge ormai disperso dagli scossoni della vita, senza più un pastore a guidarli, furono condotti nel palazzo di giustizia.
La grande Sala del Consiglio, luogo del fatale e temuto giudizio, era pronta ad accoglierli.
In catene e fiaccati nella sola forza che poteva ormai sorreggerli, la speranza, quegli uomini attendevano l’innaturale sorte decisa dai loro simili.
Il giudice allora cominciò a chiamare, uno per uno, quei condannati.
E ad ogni nome pronunciato da quel miserevole Minosse, seguiva poi l’inesorabile domanda:
“Come vi ritenete davanti a questa corte?”
E tutti, avviliti, stanchi e disillusi, rispondevano sempre allo stesso modo:
“Reo.”
Come una litania che sembrava scandire un fatale conto alla rovescia verso la fine, il giudice pose quella domanda a ciascuno dei prigionieri, ricevendo sempre la medesima risposta.
E presto giunse anche il turno di Icaro.
“Come vi ritenete davanti a questa corte?”
“Non reo, eccellenza!” Rispose di getto il giovane.
Subito nella sala si diffuse uno stupito mormorio.
“Per l’Amor del Cielo, chi è costui?” Chiese infastidito il giudice.
“Sono un uomo ingiustamente accusato” rispose Icaro “e condotto qui con la forza, eccellenza.”
“Se siete qui” replicò il giudice con indifferenza “è perché vi siete macchiato di un crimine gravissimo.”
“Non ho mai partecipato a faide o scontri e la politica non mi interessa.”
“Molti traditori” rispose il giudice osservando con attenzione quel giovane “si definiscono innocenti ed estranei ai fatti. Muoversi nel buio e nella menzogna è la loro indole. Questa corte quindi non si fa impressionare dai vostri proclami.”
“Ma eccellenza…” ribatté Icaro “… un uomo è innocente fino a quando non si macchia di un crimine ed io chiedo a questa corte di dimostrare la mia colpevolezza! Se così avvenisse, allora accetterei di buon grado qualsiasi condanna!”
“Per voi quindi” chiese il giudice con insofferenza “la vostra condotta non merita punizione?”
“Se essa ha violato le leggi merita la condanna del Cielo e degli uomini” rispose Icaro “ma in caso contrario nessuno può muovermi accuse!”
“Quindi ritenete nulle le prove che smascherano la vostra condotta?”
“Quali prove, eccellenza?” Chiese Icaro. “Non sono stato sottoposto a nessun processo.”
“Siete stato scoperto a tramare contro il vostro imperatore!”
“Affatto, eccellenza!” Rispose Icaro. “Sfido chiunque a provarlo!”
“Voi non siete più in grado di sfidare nessuno” urlò il giudice “e tanto meno a rubare altro tempo a questa corte!”
“Siete un giudice” rispose Icaro fissando l’uomo che gli stava davanti “non un boia. Eppure ne avete le sembianze…”
“Presto scoprirete” disse il giudice “la differenza che corre tra un giudice ed un boia, non temete!”
Si alzò in piedi ed aggiunse:
“Ma prima farò fino in fondo il mio compito e vi mostrerò le prove che vi condannano davanti alla vostra città… siete stato trovato a prestare aiuto ad un traditore della causa imperiale. Siete quindi suo complice e ne condividerete la sorte!”
“Il mio Dio” rispose con un filo di voce Icaro “mi ha insegnato ad avere compassione dei miei simili… ad amarli come amo me stesso… a dare la vita per loro, se necessario… sono un cristiano e non lascerei morire mai un uomo in mezzo ad una strada…”
“Parlate di Dio…” disse il giudice ritornando al suo posto “… ingrato compito è quello di un giudice… condannare altri uomini, in nome di un valore ed un ideale più grandi… questo impone il mio ruolo… e lo assolverò, per ingrato che possa essere…”
“A quale triste destino è destinata questa nostra città” rispose amaramente Icaro abbassando il capo “se permette a uomini come voi di amministrare la sua giustizia… che Dio possa avere pietà della sua sorte…”
“Studiati i fatti e le prove portate in questo processo…” cominciò a parlare a tutti il giudice “… questa corte condanna i prigionieri all’esilio perenne da questa città. I condannati sconteranno i tristi giorni che restano loro come schiavi presso le miniere di Re Giacomo d’Aragona. Possa Iddio Onnipotente avere pietà e misericordia delle vostre anime.”
A quelle parole, Icaro pianse amaramente, maledicendo se stesso e la sorte che l’aveva abbandonato.
Il terzo giorno da quella condanna, una nave partì dalle coste toscane alla volta della Spagna, portando con sé quel triste carico di miseria e dolore.


(Continua...)
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Vecchio 04-08-2010, 20.52.18   #27
Talia
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'Addio monti, sorgenti dall'acque ed elevati al cielo...'
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"Essere profondamente amati ci rende forti.
Amare profondamente ci rende coraggiosi."

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Vecchio 04-08-2010, 21.12.51   #28
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esilio? .........no...
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Vecchio 05-08-2010, 03.39.12   #29
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Citazione:
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'Addio monti, sorgenti dall'acque ed elevati al cielo...'
Citazione appropriata; speriamo che la Divina Provvidenza aiuti il nostro Icaro, come avvenne con Lucia ed il suo promesso sposo
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Ultima modifica di Guisgard : 05-08-2010 alle ore 19.56.15.
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Vecchio 05-08-2010, 21.10.47   #30
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VII

La nave aveva da poco preso il mare e le vele erano ormai ben tese sotto il vigore dei venti.
Nella stiva faceva caldo.
Tanto caldo.
Un caldo opprimente, ossessivo, sporco.
Il cattivo odore ed i topi rendevano quella prigione simile ad un riflesso dell’Ade.
Alcuni di quei prigionieri erano feriti, a causa degli scontri che li avevano condotti in quella situazione, e la cancrena o altre infezioni cominciavano già a mietere le prime vittime.
Forse non sarebbero giunti vivi in Spagna, cominciò a pensare qualcuno di quei condannati.
I cadaveri in decomposizione avrebbero appestato tutto quell’ingrato ambiente, rendendo ancora più insopportabili le sue pene.
Come un grottesco ed assurdo girone infernale, la stiva di quella nave li aveva accolti tutti, infliggendo loro supplizi e tormenti, come un’anticipazione di quell’Inferno a cui i loro simili li avevano condannati.
L’odore del sangue e della carne putrida attirava insetti e topi, dando a quello scenario l’immagine di una grande tomba galleggiante.
Vi era una piccola apertura, grande quanto il volto di un uomo, che dava la possibilità di guardare fuori.
Icaro da lì si affacciava e guardare la terra scomparire, pian piano, alle loro spalle.
Lo faceva continuamente.
Di tanto in tanto vi infilava la mano, come a voler saggiare l’aria libera che soffiava da fuori.
Ed a quell’avvilente situazione, si aggiunse anche una crisi di disperazione, quando il giovane vide un insetto poggiato sul bordo di quell’apertura.
Lo fissò con gli occhi spalancati e quando lo vide volare via libero, lanciò un grido lacerante, come se avesse voluto squartarsi il petto e lasciare la propria anima libera di andare via.
Ma nessuno colse quel grido.
Vi era già troppo dolore, troppa paura e troppo pianto in quella Babele, per raccogliere la disperazione di Icaro.
Ed intanto, da quell’apertura, la terra si allontanava sempre più, fino a sparire come un miraggio dissolto nel deserto della vita.
Era il suo mondo che svaniva.
I suoi sogni, i suoi desideri, le sue ambizioni, la sua felicità.
Tutto sembrava sfocare, come la foschia all’alba.
In un attimo qualcosa l’aveva scaraventato via dalla sua vita.
Tutto questo gli appariva come un incubo.
Un immenso incubo che sembrava non avere mai fine.
Ogni notte sognava la sua casa, la sua nonna, i suoi amici.
E sopratutto lei, Gaia, la gioia della sua vita.
I suoi occhi, il suo sorriso, il battito del suo cuore, era tutto ciò che lui aveva chiesto alla vita.
Non aveva neppure potuto dirle addio.
Guardarla un’ultima volta.
Quando ripensava a quel pomeriggio trascorso con lei, alla cappella di San Michele, allora sentiva di impazzire.
Quel pomeriggio, avvolto nell’eco di Semifonte, era stata l’ultima gioia che la vita gli aveva regalato.
Aveva salutato Gaia come ogni giorno ed invece quello erra stato li loro ultimo giorno.
Si, perché ormai Icaro sentiva la morte vicina.
Quella morte tanto invocata, quella liberazione tanto sognata.
“Almeno questo” pensava “la sorte non potrà negarmelo.”
E quando all’improvviso un boato si diffuse nell’aria, annunciando una forte tempesta, allora ad Icaro sembrò davvero che finalmente quella morte si stesse facendo annunciare.
Tutti cominciarono a gridare, sia l’equipaggio che i prigionieri.
Il mare in un momento si gonfiò e cominciò a scuotere con violenza la nave.
Il vento arrivò a soffiare così forte da spezzare uno degli alberi.
L’acqua picchiava con vigore sullo scafo, penetrando in ogni falla ed appesantendone l’interno.
In brevissimo tempo l’intero equipaggio fu costretto a gettare in mare l’acqua che si riversava continuamente sulla nave, trascurando ogni altra mansione in quella drammatica situazione.
La stiva dove si trovavano i prigionieri era ormai quasi tutta ricolma d’acqua.
“Moriremo tutti se non ci aiutano!” Gridò Icaro mentre cercava di dare una mano ai feriti. “Presto, lassù!” Gridava poi a chi era sul ponte. “Non potete farci morire qui sotto! Siamo uomini, non animali!”
Ma proprio in quel momento, una colossale onda si abbatté sulla nave, capovolgendola.
Allora la furia del mare riuscì finalmente a rompere il già danneggiato scheletro dell’imbarcazione, spezzando praticamente in due nave.
Un attimo dopo l’acqua giunse ovunque, portandosi via ogni cosa.
E mentre questa cieca furia del mare, come un castigo divino, si abbatteva su quegli sciagurati, in lontananza apparve una piccola isola.
E dal suo punto più alto, una misteriosa figura osservava quella drammatica scena, mentre il vento gonfiava il suo lungo ed austero mantello.
“Il Signore Dio disse ad Abramo…” cominciò a recitare quella figura con la sua anziana voce “… se ci fosse anche un solo giusto a Sodoma, Io la risparmierò…”
E la sua voce sembrò echeggiare nella furia del vento, come se volesse ammansirne l’ardore.


(Continua...)
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