10-02-2013, 17.43.02 | #341 |
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Il tempo si è come fermato.
Le vostre parole racchiudono una bellezza e una saggezza che da molto tempo ha abbandonato questa povera terra. Vi ringrazio immensamente, per le emozioni che mi avete donato in questa calda domenica d'inverno. Vi porgo i miei omaggi, Messer Drusus, e i miei più vivi complimenti per gli splendidi versi racchiusi in questo angolo di Camelot. Non essendovi mai capitata, non ho potuto fare a meno di tornare indietro e leggere le vostre poesie dei tempi passati. E ognuna di esse mi ha donato un'emozione nuova, un brivido, un battito di cuore, un sorriso. E, di nuovo, per ognuna di queste emozioni, vi ringrazio. |
10-02-2013, 17.53.42 | #342 | |
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Non posso far almeno di scrivere, quando ho l'ispirazione, in quella lingua ch'ora tutti dicono esser desueta,ma essa è nel mio animo e la esterno scrivendo ciò che provo e soffro. Grazie vivamente Clio per i Vostri dolci omaggi :) |
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10-02-2013, 18.01.13 | #343 |
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Vi auguro che sia sempre così!
Non cessate di farvi trovare pronto quando l'ispirazione arriva.. poichè ciò che create è davvero degno di essere letto.. so bene quanto le parole non trovino pace se non vengano impresse su carta.. Quante emozioni si perderebbero, se non ci si facesse trovare pronti al richiamo dell'ispirazione! Vi auguro, dunque, che quella voce sia sempre limpida e chiara nella vostra mente e nel vostro cuore. (... e ovviamente di leggere ancora i vostri componimenti.. ) |
12-02-2013, 01.52.59 | #344 |
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Drusus, amico mio, sono lieto e onorato di vedere la vostra arte giunta di nuovo nella nostra Camelot.
Si, questo componimento è alquanto ombroso verso il più nobile dei sentimenti, ma lungi da me discutere sui dardi di messer Amore, che sono spesso indecifrabili per noi comuni mortali. E non posso non restare ammirato da come, ancora una volta, riuscite a piegare ogni argomento alla vostra maestria. Voi siete poeta vero, messer Drusus. E lo dico davvero
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AMICO TI SARO' E SOLO QUELLO... E' UN SACRO PATTO DA FRATELLO A FRATELLO |
13-02-2013, 18.42.50 | #345 | |
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18-02-2013, 15.49.08 | #346 |
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LA BASILICA DI SAN PIETRO
Tu, de marmo vestuta ed elegante Che t’alzi in su nel ciel celeste e fino, Di pace eppur di sangue gran garante In terra la magion del tron divino. Dell’ omo a l’occhi lo splendore innante Ma il credo more e domina il quattrino, Che se Gesù tornasse ancora a retro Farebbe stalle indove c’ è San Pietro !! |
17-03-2013, 18.27.02 | #347 |
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Complimenti sir Drusus..come sempre
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[I][COLOR="Indigo"]Follow Your Heart But Don't Lose Your Head[/COLOR][/I] |
17-03-2013, 18.52.41 | #348 |
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17-03-2013, 22.22.03 | #349 |
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i miei saluti caro amico Drusus,
è molto che non ci allietate con una delle vostre belle poesie e mi auguro di leggerne presto.
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"Coloro che sognano di giorno sanno molte cose che sfuggono a chi sogna soltanto di notte". E.A.Poe "Ci sono andata apposta nel bosco. Volevo incontrare il lupo per dirgli di stare attento agli esseri umani"...cit. "I am mine" - Eddie Vedder (Pearl Jam) "La mia Anima selvaggia, buia e raminga vola tra Antico e Moderno..tra Buio e Luce...pregando sulla Sacra Tomba immolo la mia vita a questo Angelo freddo aspettando la tua Redenzione come Immortale Cavaliere." Altea |
05-06-2013, 18.16.44 | #350 |
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EPITAFFIO ( 1° versione )
Tanto in codesta vita s’ è penato Ch’ ora la morte stringe me qual manza: E rido che lo verme ha qua pranzato Assaporando a pieno questa panza. Sono contento che hai di me gustato, Mi spiace sol per l’ osso: quello avanza! Ma poco male, afferma il verme corto: Pur sanza l’ osso i’ campo, tu sei morto EPITAFFIO ( 2° versione ) Tanto in codesta vita s’ è penato Ch’ ora la morte stringe me qual manza: E rido che lo verme ha qua pranzato Assaporando a pieno questa panza. Sono contento che hai di me gustato, Mi spiace sol per l’ osso: quello avanza! Ma poco male, afferma qua lo verme: Pur sanza l’ osso i’ campo, tu sei inerme 2) LA MORTE NON SI PUO’ CANGIARE Tutto se può cangiare Nella nostrana vita: Da chi se vòle amare Alla donna appassita. Ma attenzione a bramare, Che poi la dipartita Verrà per reclamare Il fin della partita: Oprirà queste porte Che credevam serrate; Vòte saran le sporte De monete dorate, E pagherà la morte L’ orazione del frate. 3) CHE DANNO E’ QUESTO AMORE Che danno è questo amore Che malo ogn’ or mi fu; Del cuor mio predatore Me pose in servitù. Più d’ esso, dice il core, Saria meglio laggiù: Là dove regna il male, Che più d’ esso è leale. 4) QUESTO MIO AMOR PER LEI E’ MAGGIOR CHE PRIA Questo mio amor per lei è maggior che pria Che misero ogne dì me dolgo ancora, E non passa minuto, e non passa ora, Ch’ il cuor si strugge, plora e ancor desia. D’ ella sì tutto agogno quel che sia Che del suo volto privo il cuor mio plora, E par manco la pace qua m’ indora D’ allor che quello guardo poi sen gìa. Ella a me l’ è solinga e cara in cuore E graziose fanciulle più non bramo: Fossero il più bel trono del calore O dell’ istesso amore il bel richiamo; Ma nullo apparirebbe il lor bagliore Che fortemente il grido: amor mio, t’ amo!! 5) ED OR DI PIU’ M’ ARDE ‘L DESIO Ad omo miglior qual ventura Che l’ occhi tuoi lieti incontrare? Ad omo qual tetra sventura Ch’ i tuoi occhi dover poi lassare? Non dico: pensar l’ è già dura Che ancora odo forte l’ amare; E sento or che m’ arde ‘l desio Gli stracci del cuor nell’ oblio! 6) PERCHE’ DI PACE IL VOLTO MIO SI PINGA Perché di pace il volto mio si pinga E se pote la mossa alma chetare, Questa mia voce non più sia solinga E risa, vista cupa qual giullare: Spero in un riso che rider non finga E dello spirto il mal non fosse amare; Che sospiro un amor ch’ a se mi cinga Ma troppo è lo pavento di tremare. Costì nell’ agognar sol io rimango Bramando sì rifulga meco il sole: Ma quando veggio innante lo mio rango M’ avvedo che neppure il sol me vòle, Ch’ esso l’ è meco cupo più del fango, Per questo cuor che sanza luce dole! 7) LA SAGGEZZA DEL DEFUNTO Or qua sovra me il sudario Che non pòto più levare. Chiuso il sasso, solitario Con il fosco vo a giocare. Il tormento ed il calvario Or non tengo da penare; Ma sicuro l’ è primario Il silenzio e meditare: Mirra e spezie qua spalmate Su quel volto vivo un dì, E monete poi adagiate Su chi il viver poi patì. Le mie morte ossa lavate, E l’ odor ch’ in me morì; Di quest’ arte donne armate Sì che pria non mi servì. Mai da tutti ben voluto, Han riguardi su me tutti; Ma dovevo esser moruto Per d’ amor aver li frutti? Sempre il bene fu taciuto: Rido avendolo ne’ lutti. 8) IGNOTA Io non so poi chi tu sia, Ma conosco il tuo bel nome: Il tuo nome è leggiadria, E beltade per cognome. De lo volto l’ armonia Ed i gigli tra le chiome: Il mio cuore sento alliso Quando scorgo il tuo sorriso. 9) S’ I’ QUEGLI ANNI POTESSI FAR TORNARE S’ i’ quegli anni potessi far tornare, Vedrei dalla tua dolce finestrella Quel tuo volto benigno già spuntare: I dolci occhi, la voce assai monella, E quelle labbra infanti a me sì care E splendenti ove tacque la favella. S’ i’ quegli anni potessi riportare, Vedrei ancor te, carissima mia stella. 9) S’I’ QUEGLI ANNI POTESSI FAR TORNARE - (seconda versione) Qualor l’ anni potessi far tornare, Io vedrei dalla dolce finestrella Il volto tuo benigno poi spuntare: Quella fanciulla voce assai monella, E quelle labbra infanti a me sì care E splendenti ove tacque la favella. Qualor il sol potessi riportare, Vedrei ancor te, carissima mia stella. 10) AMORE LONTANO Amore lontano Ancora ti chiamo, Ti chiedo la mano, Amandoci andiamo! Il cuore profano Dichiara che t’ amo: Amore perduto, E’ tutto taciuto. 11) A POLISSENA Sei ancor il mio miraggio, Il mio sogno or disfatto: Lama del mio coraggio, Cagion di farmi matto. Sei lo pavento ch’ aggio Per esto amor non atto; Ma te d’ amar non dutto In esto amor in lutto. 12) QUIETE Qua cammino tra fusti d’ ulivi E fra resti di amabili zolle, Impalmando giocondo i bei clivi Dallo grande allo piccolo colle: L’ indorato silenzio ch’ è quivi E il bagnato terreno poi molle; Io qua veggio il disegno di Dio: Della pace si sente il fruscio. 13) L’ AURORA IN MONTAGNA Il dolce freschetto al mattino Abbraccia le valli innevate, La legna qua asciutta al camino In dolci casette assonnate. Al fiume sorride un gran pino, Le lupe e le lor cucciolate; Solingo qua a braccia conserte: I monti mi fan da coperte! 14) IL RISVEGLIO D’ AUTUNNO Or cadon d’ autunno le foglie E veste di giallo il terreno; Il vento lo gelo raccoglie E fa capoccella il sereno: E’ grato ch’ il cuor non si doglie, Di gioia trabocca sì pieno: E canta l’ augel mattiniero Il dolce sorriso più mero. 15) IL VENTO SUL COLLE Sull’ altura fredda il vento Mi carezza il cuor solingo; Posa il cielo qua un accento Sovra il cuore mio ramingo. Le vocette odo montane: Sì graziose e assai lontane. 16) ER FINE URTIMO Se po’ vive da re oppur nella stalla E de sicuro a l’ omo questo cambia; Ma prima o dòppo tutti uscìmo a spalla E solamente er verme ce guadambia. Semo qua vivi e mò nun ce penzamo: Passe er tempo e de sotto se n’ annamo. 17) ER GATTO DE ROMA Lo sai chi drento Roma è fortunato? E’ chi sta ne li Fori da padrone: Lo vedi sempre lì spaparacchiato, Da prima de l’ incendio de Nerone: Sta là steso sur coccio ed abbacchiato, O fa le poste sotto a un ber portone; E poi tranquillo, doppo aver magnato, Su li cocci s’ addorme qual pigrone! Ce metterei le mano sovra er foco, Ma si ce sto a penzà nun me va affatto: Sto qua pe’ vive ar monno pur co’ poco Ma nun me sto a magnà de certo er ratto. Do er sorcio a chi l’ accoppa sì pe’ gioco Tra chiese e cocci: lasso tutto ar gatto! 18) FATTA L’ ITALIA, OR FAMO ‘STI ITALIANI Me ricordo che quanno annavo a scola E se sentiva di’ “Risorgimento”, L’ inzegnante narrava sì qual fola E foga dell’ immane avvenimento: De Mazzini e Morelli fu de Nola, E d’ Azeglio, che poscia quer momento, Nun volenno lassà l’ Italia sola Disse co’ vanto e puro assai tormento: “Fatta l’ Italia or famo ‘sti italiani !”. E de certo ciaveva poi raggione, Ma chi comanna mò so’ ciarlatani E venneno l’ Italia ar ppiù’ riccone. Or l’ onore è fuggito de’ romani: Qua ce divide puro un zol pallone! 19) L’ ORIGINE DEI ROMANI D’ OGGI Se sente di’ da gente assai romana Ch’ er sangue cianno puro, e sì divino, Ch’ è la loro la mejo alma italiana, E chi è d’ un antro posto è sol burino. Dicheno che provengheno da Diana, Poi dall’ Augusto Imperatòr Macrino, Ma nun lo sanno: Roma è ‘na puttana E chi se dice “puro “ è sol cretino: Sì perché della gloria ormai passata, De quei Volsci, Sabini e de Romani, Quant’ acqua sotto i ponti è poi cascata? Dovrebbero esse nani marsicani E de Fiuggi e Subiaco la parlata: Ma ora so’ mezzi bionni qual Germani, Cianno d’ ogni reggione la calata E puro l’ ignoranza de li cani. Je verebbe da ride a Romoletto, Si mo vedesse er bullo tutto fico Che penza de discenne dar suo tetto. Difatti bel romano, caro amico, Tante matrone schiusero ner letto Le cosce ar fusto bionno d’ Alarico. L’ ORIGINE DEI ROMANI D’ OGGI ( sec.versione ) Se sente di’ da gente assai romana Ch’ er sangue cianno puro e sì divino, Ch’ è la loro la mejo alma italiana, E chi è d’ un antro posto è sol burino. Dicheno che provengheno da Diana, Poi dall’ Augusto Imperatòr Macrino, Ma nun lo sanno: Roma è ‘na puttana E chi se dice “puro “ è sol cretino: Sì perché della gloria ormai passata, De quei Sabini, Volsci e de Romani, Quant’ acqua sotto i ponti è poi cascata? Dovrebbero esse ometti marsicani E de Subiaco e Fiuggi la parlata: Ma ora so’ mezzi bionni qual Germani, Cianno d’ ogni reggione la calata E puro l’ ignoranza de li cani. C’avrebbe assai da ride Romoletto, S’ ora vedesse er bullo tutto fico Che penza de discenne dar suo tetto. Difatti bel romano, caro amico, Tante matrone schiusero ner letto Le cosce ar cazzo bionno d’ Alarico. 20) DRENTO ALLA CHIESA Proprio adesso all’ inizio settimana, Dietro Piazza Navona, lì vicino, Hanno svejato er boss della Magliana Seporto nella chiesa: Renatino. La cosa fu sicuro un poco strana: Mette drento alla chiesa un assassino, Però la cosa arquanto, molto arcana, E’ che morì pulito qual bambino. Difatti nelle chiese, cardinali E papi cianno avuto seportura Essenno ommini forti oppur banali, Speranno nella grazia imperitura. Ma la grazia nun bacia i criminali Puro si cianno sordi e assai curtura. 21) OH AMOR, AMOR MAI ABBRACCIATO Amor, seppur sereno mai abbracciato Che de lo cuor il riso fai soffrire! Amore, mai felice dimostrato Che nel cingerti lento andai a morire; Dolce ora il sole mòre qua adagiato Per me solo nel lieto suo imbrunire, Ma ne lo tramontare ei sì guardato Te, amore mio, guardarmi già partire. Dolce amore, a me ancor assai piacente Che questo cuor non posso più domare, Perdona me, fanciullo ora incosciente Ch’ il viso tuo vorrà giammai lassare; Che se il fo non saria d’ amor valente Di questo dir che voglio sol te amare! 22) DI NOVEMBRE RICORDO LA BRUMA Di novembre ricordo la bruma Ove alfine poi tacquero i cuori, E veder dell’ amor quella piuma Adagiarsi su nuovi rossori. Ora il vento d’amor non profuma E gremiti di dolo gli allori; Ma la voce tua ancor sento calda Nello core e nell’ alma mia balda. 23) L’ AMOR QUAL USBERGO Guardo negli anni tergo E dolce s’ erge il volto: Dolce, dal lieto gergo, Che fece me uno stolto; Eppur fu qual usbergo Nel cuor d’ amore folto: Ma l’ usbergo non resse E morte mi concesse. 24) UN SOLDATO SUL PIAVE A morir per la Patria son andato, Di certo la parola ho mantenuto: Son pastorello e fanciullino armato Che sogna ritornar vivo o caduto! Questo mio volto spento è sol tornato, Il mio sangue alle zolle ho qua ceduto; Sotterra son vivente sanza pianti: Bimbi vedemmo il sol, morimmo fanti! 25) IL SOLDATO DELL’ ISONZO “Ghirba e la mia bisaccia, Giovine il cor in petto; Imberbe questa faccia E pioggia m’ è da tetto. Son de la morte caccia Nell’ indossar l’ elmetto!” Dissi quel dì di maggio Nel morir con coraggio! 26) DESIO D’ AMORE Sei ‘l più bel sorriso, Sei ‘l più cupo pianto. Sei ‘l più bello viso, Il più bello incanto. Sei ‘l cuore mio liso, Sei ‘l tristo mio canto. Mi desto pensante: Perisco all’ istante. 27) A CARPINO NELLA DAUNIA Boschi d’ ulivi e verde il bello manto, Col sol che lento bacia la laguna, E par che sia maggior più d’ un incanto Quando poi vien la sera: e ad una ad una, Le case pingon rosso i lor muretti. Resto qui fermo e guardo in su la luna: E par ch’ il tutto sian dei bei quadretti Che mai veder si puote e si potrà. Veggio poi l’ alba sovra i bianchi tetti Splendere pria che poscia appassirà. 28) PRIA CH’ UN DI’ L’ AMOR TRAMUTI Era lieto il calor dello sfiorarsi Tra l’ arbusti del gelido invernale, E gli occhi dolci e ardenti nel guardarsi Sorridono all’ amore: di lor male. Là, dal verde protetti, colmi ed arsi Dal caldo e quieto bacio forestale, E poi del nostro amor fiati cosparsi; Amor che l’ alma avrà destìn ferale. Il venticello sfiora li capelli Dei nostri cuor omai d’ amor perduti: S’ ode il canterellare degli augelli Prïa ch’ un giorno il dolce amor tramuti, E canteranno ancora i menestrelli Prïa ch’ i nostri guardi andran perduti 29) LA VITA In suso a la candela vive il foco Ch’ è certo il suo dovere dar calore: Il suo danzar lo veggio quale gioco, Che pur alfin giocando si fa orrore. Penso, sicuramente, che fra poco Cadrà quel suo rovente e vivo ardore: Mesto e tremante il veggio corto e fioco Ma forte e ardito avanza il suo tremore. Com’ egli è pur la vita: arde sì tanto Quando la gioventù cavalca fiera; Niuna mestizia, colma assai di vanto; Eppur anch’ essa alfine giunge a sera Ch’ allor ci dona oscuro il grande pianto: E come la candela si fa cera. 30) AMORE, PURO E MECO MAI ABBRACCIATO Amore, puro e meco mai abbracciato Che de lo cuor il riso fai soffrire! Amore, mai felice dimostrato Che nel cingerti andai lento a morire; Dolce ora il sole muore qua adagiato Per me solo nel dolce suo imbrunire, Ma ne lo tramontare ei sì guardato Te, amore mio, guardarmi già partire. Dolce amore, a me ancor assai piacente Che lo mio cuor non posso più domare, Perdona me, fanciullo ora incosciente Ch’ il viso tuo vorrà giammai lassare; Che se il fo non saria d’ amor valente Del mio dir che ti voglio sempre amare! 31) UN RAGAZZO DEL ‘99 Novantanove: vado, m’ han chiamato, Ti stringo mesto al petto madre mia! Sì pria fanciullo, or giovine ed armato Per l’ asburgico fier respinger via ! Se poi c’ avranno al fronte massacrato, Dite vi prego a mamma, a chicchessia: Che qui morimmo arditi, fieri e stretti Lasciando il cuor e giovani gli elmetti! 32) LA GUERRA La guerra: tanti e tanti contadini In pace coltivanti il lor terreno; Per secoli arrangiati ad assassini Senza nessun perché, sanza alcun freno. Niuno mai dica “ eran sol dei cretini ” : Lor valevan sì niente, se non meno, Per chi gli comandava bona morte Nel mentre si ballava nella corte 33 ) LA FOGLIA Or d’ autunno tra le foglie Fra le tante una è diversa: Come l’ altre poi si toglie Da lo ramo e in terra versa. Una lacrima essa coglie Che ora par nell’ ombra immersa: Trista siede sulle spoglie Della sua alma quiete e tersa. L’ omo passa e poi non vede Che col piè l’ ha calpestata; Giace quieta tra le prede D’ una vita mal sbocciata: Ma nessun di noi s’ avvede Ch’ ella giace abbandonata. LA FOGLIA ( 2° versione, sonetto ) Ora d’ autunno tra le belle foglie Fra tutte quante sol una è diversa: Come l’ altre essa cade e poi si toglie Dal bel suo ramicello e in terra versa. Essa una lacrima solinga coglie E par che sia nell’ ombra tutta immersa: Siede silente e trista sulle spoglie Di quella sua alma bona, quiete e tersa. Un omo passa e di sicur non vede Che con l’ umano piè l’ ha calpestata; Quieta ella giace tra l’ immense prede D’ un’ acre vita mala e mal sbocciata: Ma nel passar nessun di noi s’ avvede Ch’ ella nel freddo giace abbandonata. 34) DESIO NELL’ ALMA AMOR GENTILE E FINO Desio nell’ alma amor gentile e fino Che nella vita il cuor non ha saggiato: Rosso qual sangue vivo e puro vino Da versare sul cuore abbandonato. Spero in un dolce amore sopraffino Ch’ i’ possa benedire d’ esser nato; E se dovria morir un dì vicino I’ priego Iddio di farlo innamorato. Ecco che priego cento, mille e tante Fiate per poi trovare quel ch’ è danno, Per poi guardar, sebben per un istante Il più ferale e immenso gran tiranno: Colui ch’ io bramo e sogno sia galante Ma anco che sia letizia e non inganno 35) IL TRAPASSO D’ UN POETA Il trapasso d’ un poeta E’ deserto di fanfara: E’ dolenza che s’ accheta Per chi dorme nella bara. Ma Caronte è prediletto Se un poeta è maledetto. 36) A POLISSENA Chioma dal bel castano, ancor io sento Il tuo aroma volar tra l’ alma e core, Riso che lungi scaccia ogni tormento, Che più del sole scalda e tien bellore. Poi quella voce: ammanta pure il vento Sfiorando ogne beltade e lindo fiore, Ed essa è dell’ amore il bel accento Ch’ acceca pur le stelle dal bagliore. In questo bel pensiero ancor ti miro Andar per ermi prati sempre amena, Tanto da far tacere a Dio il respiro E fare più gentil la terra piena, Onde tu passi e giocondo sospiro Ch’ un dì saremo Achille e Polissena. 37) SI MUORE SOLI Fra tante molteplici genti Son ito a morir osannato: I miei anni non giungon a venti Ma il cuor di baldanza è forgiato. Son dolci de’ monti li vènti Seppur il mio sangue è gelato, E niuno poi sente quel duolo: Disteso qua in terra sei solo. 38) ALL’ ANFITEATRO FLAVIO. Or t’ innalzi solingo e silenzioso Nell’ indorato cuor d’ esta città; Tu, per cagion di morte assai glorioso, Sola per Vero e Prisco libertà. Di folte risa e sangue rigoglioso Ne lo mentre la vita qua sen va, Per il desio del volgo sì bramoso D’ atroce morte, dolo e crudeltà. Per il divino Imperatòr il riso, Ch’ era serioso e cupo ai gladiatori Ch’ a te porgevano tremanti il viso: Liberi o schiavi ma di morte attori, Atti scultori del tuo marmo intriso D’ odio, di sangue mesto e di dolori. 39) SOLITUDINE Ho sicur la compagnia D’ un arbusto nel Sahara, D’ un piangente in birreria, D’ un defunto nella bara; Solo in cuor qual poesia Dallo viver resa amara, Qual infante nero gatto, Come un sano detto matto. 40) A DIO Oh Divino, qua sospiro La munifica tua voce, Che tu doni a me il respiro Che Gesù non ebbe in croce. Oh Divino, ch’ io ti miro Co’ nemici sempre atroce: Baldanzoso nella grazia Per lo spirito in disgrazia. 41) SU MORTE AVANZA! Su morte avanza! Veggio i passi scuri. Avanti, vieni al lume, fatti audace! Veggio nei cupi abbracci i miei futuri, Odo nelle favella la mia pace. Il tuo manto sorride ai morituri, Il tuo velo c’ ammanta sempr’ edace E quella scure, amica veritiera, Mi sarà della vita più leggera 42) LETTERA DI ACHILLE A CHIRONE Son su lo mare d’ Ilio a te scrivente Poscia per la spartana aver pugnato; Vola da navi Argive la mia mente A te pensar, figliòl di Crono amato! Il tuo parlar desio ora assai possente, E del Pelio l’ odor più profumato; Il tuo dir d’ esser rude ma clemente E la tua gran bontà che m’ ha curato. Ed ecco: il mar di sangue, ma troiano, Colora di scarlatto gli schinieri De li soldati Argivi, e questa mano, Adatta fra cantori e li guerrieri, Farà sperar le mogli d’ Ilio invano Per te che m’ insegnasti volentieri. 43) LA CROCEROSSINA Con voi vissuta, chiamata “sorella”: Mai così tanto amor ebbi sperato! Certo l’ Italia volle me qual stella Tra lo feràl terrore a noi donato. Per quei fieri visetti, io, vostr’ ancella, Oh quanti valorosi ei qui salvato! Ma poscia abbandonai me nella guerra Ed ora vi sorrido da sotterra. 44) PILGRIMAGE OF GRACE Quella verde distesa infinita E quei corpi dal capo reclino, Ogne spirto chiedente a Dio aita Ma silente risponde il divino. La baldanza del cuore è smarrita Ma ugualmente verrà dato il vino; Or la croce si stende morente In quel prato tradito e dolente 45) LA CAR – BONA – RA Nel nome contiene sì “bona” Ma parla non della padrona, Ma questa sì tiene un bel lato Ch’ il Giotto ha sicur poi baciato, Ch’ ancor a venir qua ce sprona! 46) ALLO SCRIVERE Nel mentre io scrivo, forte ancor mi doglio Ch’ il viso ratto a lacrimar s’ appresta, Ed io m’ avveggio ch’ una penna resta La mia solinga amante ed il mio scoglio: E’ dessa il solo abbraccio nel cordoglio, La rosa bella e amata mai funesta, La mia fanciulla cara, dolce e onesta Che meco geme trista sovra il foglio. Dolce ti guardo ch’ a scriver m’ accingo E d’ amarezza tutta faccio usanza: La man s’ avviva e alfine amor dipingo Che sovra un foglio veggio ancor speranza. Ma al terminar lo scritto vo solingo E in cuor afflitto che la vita avanza. 47) BUONANOTTE Del bosco s' addormon i fiumi E i lupi s' accucciano accanto, Si smorzano flebili i lumi E i bimbi zittiscono il pianto. S' acquetano giochi d' infanti, Facezie e sorrisi del giorno, I guardi amorosi o distanti Che son dell' amore il contorno. Le lacrime e i volti affannati, Le mani pulite o corrotte, Sognando son tutti bëati E cantano al suon della notte; E cantano i cieli stellati Un canto che fa: “buonanotte”. 48) IL VINO Con noi banchetta, bianco oppur rosato, Dolce o no eppur adatto in ogne guisa, Ch’ aitar dovrïa poscia aver mangiato Lo gran ruttare e gioconde le risa: Da li Romani e Greci ha accompagnato I tempi, povera o nobil divisa; Sola cagion del vero e barcollato, Frate d’ ogne alma dallo mondo ancisa. Läude al bianco: bono assiem al pesce Che sì gioconda fa cantar la panza, E poscia aver cantato il tònoˇesce In sua beltade che sì forte avanza! Läude al rosso, ch’ ogne riso cresce E già s’ oscura la mesta gueglianza: E quando allegro l’ oste il tutto mesce Il cuore ancide l’ afflitta dottanza. Ora eleviamo su in alto i bicchieri Che ne lo ber ci sentiremo uniti; Fra noi pöeti mesti e puttanieri Posti dal mondo a merde ed infiacchiti. Ed ecco giungon tosto li coppieri E bagnati dal vin saremo arditi 49) LA BREVE PARTITA Si sta giocando breve una partita Ma in esto gioco bèn non sono adatto; In essa veggo ovunque la sortita Ma ancor non opro quella porta affatto: Un dì la morte strapperà la vita Dicendo a noi pedine “scacco matto!” E vi saranno i lieti e gli scontenti Tutti in egual misura, re e serventi. 50) L’ AMOR TACIUTO Resto qua fermo e soffro, e son malato Ch’ il vento più non dona i dolci abbracci, E sono servo eppur innamorato Di te ch’ omai sei lungi e in cuor mi scacci, Di quei soavi baci ove ho vissuto Tanto ma tanto amor, ora taciuto. 51) SATIRA Fratello italiano Di laghi e di monti, Di sangue romano Non vedi gli affronti? Tu paghi, ma invano, Le tasse e i tuoi conti, Ma guarda il coniglio Che siede in Consiglio: Fa bona figura A suon di parole: “L’Italia l’ è dura!” Or dice a gran mole; Ma cosa sicura Ch’ il popolo dole, Ma il ricco, lui pranza E gode de panza. 52) AMOR CHE SEI FELLONE Dolce Amore, bel fellone, Sempre fuggi la mia pace, Sei maestro e sei timone Dello viver dolce e face: Giammai lieto ma burlone, Di virtute più mordace, Con la morte alla tenzone Ma più d’ ella sei mendace! Te ch’ il cuore mi donasti E dolermi fu beltà! Sempre amarla mi lasciasti Sorseggiando ilarità. Il mio sogno poi calcasti Sempre fida alla viltà. 53) DEL CUL LA LIBERAZIONE La supposta ha ora conquiso Il mio culo mal tappato E d’ antica merda anciso! Ride lindo poi stappato: Di letizia tutto intriso Ora poscia aver pugnato! Sante l’ armi della pugna: Gran supposta con la prugna. 54) IL DESIO In cuor mi veggio fra un bicchier di vino E gran risate, sanza pien la sacca, A goder d’ un amico a me vicino E del sollazzo d’ una gran baldracca. In cuor mi veggio gaio su un triclino Molto a goder lo fiore d’ una vacca, Ma poi mi desto nel mio mondo amaro Perdendo il sogno e il fiore tanto caro. 55) L’ ADDIO Ecco, come promisi sono andato Lasciando in terra il pìcciolo d’ un fiore, I canti al vento che nessuna ha amato E quegli spasmi che donò l’ amore. Fido il pugnale che mi fe’ beato Pur se nell’ atto colsi il gran tremore, Ma poi il desio di divenir passato Mi fe’ sì gaio che spaccommi il cuore. Or basta, vi saluto e dico Addio, Ch’ il mio posto nell’ Ade non sia preso Nell' andar io m’ accingo a modo mio: Vestito bene, afflitto in cuore e in volto Per aver su pietade o no da Dio, Tolgo ‘l disturbo d’ audace ma stolto. 56) DOLCE RECORDANZA Sento quel bacio andato ch’ or favella Al cuor dolente e fortemente è il pianto. Tocco la dolce bocca tenerella E la bimbetta chioma quale incanto; Mi dòle ancor la voce allegra e bella E poi il suo guardo, pria bòno, poi affranto, Or più non da al mio spirto quella pace Ch’ un dì scaldommi il cuore, ma ch’ or tace. 57) IL MIO CUORE Oh morto giovinetto, Oh quieto fanciullino, Dell’ alma lo mio tetto, D’ amore il mio camino. Sì, parlo del mio cuore, Mio solo dittatore 58) A FAUSTO Ridente il volto gentile e canuto, L’ inceder calmo, flebile e arrancante, Incorniciato da un sorriso arguto Sedendosi poi lasso ma elegante. Sì tanto ha amato, ben certo ha vissuto: Favella con sorriso assai galante Ch’ alle graziose dame mai è taciuto! E’ de lo viver poeta e cantante. D’ età vetusta e amica bastone Arriva salutando più e più volte; Ei ch’ assaggiò li giorni di Ghïone, Di genti misere e di genti colte. Sì tanto buòn dal volto assai burlone, Le sue facezie son di vita folte Che de lo male tòlgon ‘l magone, E dentro i cuor sicuro stanno avvolte. Poi dalla sedia s’ alza pian pianino Che quel suo orloggio gli dice d’ andar: Lento saluta, e quieto ‘l suo cammino Lo porta alla magione a strimpellar; E poi, pria di dormir, fa l’ occhiolino E lieto incede quel che fu a sognar. 59) IL POETA Questo il poeta: candida colomba Fra un nero stormo di brutali corvi, Unico fiore sulla tetra tomba, Deriso accento nei discorsi torvi. Grazioso canto in uno smorto coro Che nell’ esser solingo ha il suo tesoro. 60) VADO SOVENTE E GODO NEL PECCATO Vado sovente e godo nel peccato, Che di sicur saria maggior delitto Sfogar solingo a mano il cazzo dritto, Per poi lasciar lo seme ripudiato. Vado sovente e di sicur m’ è grato Dal godimento immondo esser trafitto, E nel baciar sentire il gelo fitto Di quello smorto fiore lacerato. M’ ergo giocondo e vispo nella tana E quel che dico è tutto tràn che lazzo: Che quella sia animista oppur cristiana Giammai ne cale al cuor nel mio sollazzo. A grato godo forte la puttana Ma l’ alma trema pur gode il cazzo 61) LA NOTTE Silente il male e grida forte il bene: Ora s’ innalza il sogno fin la luna, S’ acquetano rancori e grandi pene E chiudon le finestre ad una ad una. Riposa il sole, i raggi e le sue lene E chi pacato sogna nella cuna. Abbracciamo il silenzio calmo e bello Ch’ all’ alba tosto sorgerà l’ avello. 62) L’AMOR QUAL DONNA Meraviglia: zampilla dolce e pura Che ne vediam lo fondo ed è sincera, Un dono per li cuori e per natura Ch’ essa è beltà per l’occhi e terra intera. Ma ben di guardia state bòn signori, Che qual se fosse pioggia passeggera Pòte passare forte negli ardori Per poi finir nel fango e nella fogna; Quindi ponete usbergo negli amori, Ch’in essi v’è purezza e v’è menzogna. Per terminar il dico a tutti quanti: Chi ci donò l’amor ci diè la gogna. 63) LA BASILICA DI SAN PIETRO Tu, de marmo vestuta ed elegante Che t’alzi in su nel ciel celeste e fino, Di pace eppur di sangue gran garante In terra la magion del tron divino. Dell’ omo a l’occhi lo splendore innante Ma il credo more e domina il quattrino, Che se Gesù tornasse ancora a retro Farebbe stalle indove c’ è San Pietro !! 64) DEL CUL LA LIBERAZIONE La supposta or ha conquiso Il mio culo mal tappato E d’ antica merda anciso! Qua sorride ch’è stappato: Di letizia tutto intriso Ora poscia aver pugnato! Sante l’ armi della pugna: Gran supposta con la prugna. ( Dedicata alla liberazione dalla stitichezza ) 65) L'ORA DE PRANZA' E' l'una e mezza e coce già la pasta: Aggiungo un po' di sale, giusto un dito, Ed allo favellare dico "Basta!" E' l'ora de magnà, buon appetito! 66) SE STAMANE SARIA LO GIORNO APPRESSO Se stamane saria lo giorno appresso Sicur saria contento più dell' ora, Che d'oggi il favellar non è lo stesso Di quello di domàn alla controra. E pur s'oggi è miglior del ier decesso, Ove chiedeo: - domàn saròˇancora? - Sarò domani afflitto più d'adesso, Quando, pensando a ciò che m'addolora, Benedirò lo giorno già passato (Che l'è quest'oggi, indove ancor respiro) Ove tenea la voce nel creato Ma anco incerto,tremante e con deliro, Chiedëo e chiedo: - l'oggi è ben andato, Vivrò domàn la festa od il martìro? 67) SE NE DOVEVA ANDA’ Se ne doveva andà Ora, vecchietto e stanco. Ma lui sta ancora quà Per questo Stato ranco. Mò che ce sto a penzà: P' imbrogli sotto banco Dimo che bravo è stato: Ma va a morì ammazzato!! 68) SACRO EPPUR PROFANO Si drento Roma vòi trovà puttane Esperte e bone, nun annà lontano, Nun te imbarcà de fora: le profane, Ma le migliori, stanno ov’ è Cristiano. Nulla è sicur mancante alle mondane, Là se sta bene: cianno er sacrestano, Er prete, er Cardinàl che porta er pane E puro er falegname d’òr romano, Che ringrazianno tutti pe’ l’offerte, Da padre va donando in piena notte Er da campà da sotto le coperte. “Daje una màn dovemmio, so’ corrotte. Aitar dobbiamo quelle cosce aperte Eliminando il male in belle potte” 69) DOPPO PRANZO Se semo sbafacchiati er tavolino Co’ tanto de vinello e coratella. E’ l’ora che se famo un zonnellino Che a Roma noi chiamamo “pennichella” . |
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