03-01-2010, 20.13.33 | #1 |
Cittadino di Camelot
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Caccia al traditore
Mordred si caccia nei guai! E ne paga le conseguenze!
Un tentativo di comicità forse andato male XD SLASH. Tanto slash. Anche threesome, eh! Caccia al traditore Mordred era sicuro di ciò che stava facendo. La regina tradiva il re e non vi erano dubbi. Ginevra era solita sparire nelle ampie stanze del castello per ore e così faceva Lancillotto. No, nessun dubbio: Lancillotto e Ginevra erano amanti. E svelare il loro misfatto avrebbe vendicato l'onta all'onore di suo padre, decise Mordred, con un bel po' di gloria ed onore per se stesso. "Molto bene," sorrise il giovane figlio illegittimo di Artù, meditando al disastro che il tradimento di Ginevra avrebbe provocato al regno. Il re si sarebbe dovuto per forza appoggiare a lui, l'unico figlio. Con passo aggraziato e quasi saltellante di gioia, Mordred raggiunse le stanze di lettura, nelle quali Ginevra spesso si ritirava, e si nascose dietro uno dei pesanti drappi decorativi. Avrebbe aspettato come una serpe e poi avrebbe colpito! Si batté le mani per congratularsi di se stesso e della propria intelligenza. Trattenne il respiro quando la porta si aprì ed entrò Dinadan. Oh, Dinadan, non se lo aspettava certo. Non si aspettava che la regina tradisse il re con quel cavaliere buffone. Ma un tradimento era un tradimento. Attese con ansia e sussultò, quasi svelando il proprio nascondiglio, quando fu Tristano, il noto amante di Isotta, e non la regina a raggiungere Dinadan. Forse aveva sbagliato tempo, forse se ne sarebbero andati e poi sarebbe giunta Ginevra. Aprì la bocca sconvolto quando Dinadan, ridendo per una battuta che aveva detto lui stesso, si avvicinò baldanzoso a Tristano. "Fate più piano, sir Dinadan," sussurrò Tristano, guardandosi attorno preoccupato. "Paura che Isotta lo venga a sapere? Chissà, potrebbe anche volersi unire a noi." Senza altre parole, Dinadan prese il volto di Tristano e cominciò a baciarlo. Un gelido stupore avvolse Mordred. Dei del cielo! Erano- erano due cavalieri, erano due uomini, erano entrambi sposati e, quel che era peggio, non erano Lancillotto e Ginevra. I due uomini continuarono a baciarsi e caddero, con un sonoro tonfo, a terra, facendo cadere delle carte da un tavolo. Quando Dinadan iniziò ad aprire la casacca di Tristano (e Tristano iniziò a fare cose innominabili con la sua mano sinistra) Mordred decise che i due erano troppo impegnati per vederlo sgattaiolare fuori e, seguendo la via dei tendaggi, strisciando e sussultando ad ogni gemito che proveniva dalla stanza, Mordred scappò. "Sacri numi, dei del cielo, i miei occhi sanguinano!" Corse fino al cortile interno del castello e si fermò ansimante. "Sir Mordred," lo salutò Galahad. Mordred alzò una mano, come per indicargli di attendere che recuperasse il respiro, ed infine bofonchiò un "Non ho tempo." "State bene?" "Cerco- cerco la regina," decise di provare Mordred. Galahad era così ingenuo che non avrebbe sospettato nulla. "Penso fosse nelle stanze del re." L'astuzia, l'intelligenza e l'autostima negli occhi di Mordred si illuminarono nuovamente, splendenti di speranza. Ma certo! Il re era fuori a caccia, o così aveva detto, e quindi la regina credeva di compiere l'adulterio nel letto nuziale del sovrano! "Sir Mordred!" urlò Galahad ma ormai il giovane era corso via. Il figlio di Artù raggiunse a grandi passi le stanze del re e scacciò le guardie grazie all'autorità che Artù gli aveva concesso come figlio-bastardo-in-realtò-non-riconosciuto-ma-ricolmo-di-doni-a-causa-di-sensi-di-colpa-regali. Era utile a volte essere stato quasi annegato per un editto del re all'età di un anno. Ora solo, il giovane si appoggiò alla pesante porta e sentì proprio ciò che sperava. Una voce femminile ridacchiava allegra e le rispondeva una voce maschile. "Ora siete in pugno!" gridò Mordred, aprendo di scatto la porta, lasciata maldestramente aperta. Purtroppo nella stanza non vi era né la regina né Lancillotto. Suo fratello Agravaine, vestito da damigella (ommiodio! pensò Mordred, non riuscirò mai più a dimenticarlo!) stava amoreggiando con dama Laurel, vestita da re. "C-c-cosa-" balbettò Mordred, sconvolto. "Si chiama gioco di ruolo, sciocco stolto ingenuo!" urlò Laurel, lanciandogli contro la corona di metallo. La corona lo colpì in pieno ed il mondo diventò buio. Quando si risvegliò vide davanti a sé un volto circondato da una deliziosa aureola di capelli biondi. "San Pietro, davvero, non volevo dipingere il granaio di rosa. Avrei preferito un blu," mormorò Mordred, con aria supplicante. "Sono Galahad." "Oh. Ecco. Il rosa andava benissimo in realtà." E, come se un fulmine l'avesse colpito, si alzò violentemente a sedere, "Dove sono? Dov'è Agravaine?!" "Agravaine? Io vi ho trovato svenuto in mezzo al corridoio." "Maledetto!" "Sentite, forse dovreste-" "Non mi interessa!" esclamò Mordred, alzandosi in piedi dal letto in cui sir Galahad l'aveva portato. Si trovava nelle proprie stanze. Con un gesto imperioso prese il proprio mantello, appoggiato sulla sedia davanti a lui, ed uscì dalla stanza. Tentò, perché sbatté confuso contro la porta chiusa e cadde a terra. Sir Galahad, come un vero santo, lo aiutò ad alzarsi. "Faccio da solo, lasciatemi, ho un'importante missione." "Lo immagino e so di cosa si tratta ma, sir Mordred, vi assicuro che-" Mordred non lo lasciò continuare, aprì la porta (ancora rosso di vergogna per la figuraccia) ed uscì come una furia. Quel Lancillotto era abile, molto abile. Ma di certo non poteva che trovarsi nelle proprie stanze. La regina aveva sicuramente delle damigelle ma il quartiere di Lancillotto era abbastanza isolato. Per riuscire ad entrare nella stanza di Lancillotto gli ci volle tutta la propria brillante autoritarietà. "Devo entrare." L'uomo di guardia, un certo Gwyn, lo osservò, impassibile. "Ti dico che devo entrare! Ordini del principe!" La guardia inarcò un sopracciglio. "Quale principe?" Mordred boccheggiò, sconvolto. "Io sono il principe!" "Non mi risulta che Artù abbia un figlio." La guardia non sapeva a cosa stava andando incontro ma, da quel giorno, avrebbe per sempre imparato a riconoscere con rispetto il principe Mordred. Qualsiasi cosa pur di evitare la tortura che seguiva sempre la frase 'Artù non ha figli' o simili. Mordred sussultò, come prima cosa, i suoi occhi si allargarono facendolo sembrare molto più giovane dei suoi vent'anni. Le mani iniziarono a tremare. "Io sono il principe," dichiarò, con voce quasi impercettibile, "ma Artù non mi può riconoscere." A quel punto gli sfuggì un singhiozzo strappalacrime. "Perché mi ha avuto da sua sorella Morgause! O dei, perché mi avete fatto questo?" Le gambe gli cedettero per il tremore e cadde a terra davanti alla guardia che, allarmata, si chinò a sostenerlo. Un'ora dopo il povero Gwyn si ritrovò con un singhiozzante principe di Camelot fra le braccia e terribili racconti dell'infanzia con Morgause nella testa. Il giovane Mordred, vedendo come divenne malleabile Gwyn dopo avergli mostrato una terribile cicatrice sul polso (che si era fatto cadendo da un albero) ed aver raccontato di come Morgause lo aveva legato ad un cavallo portandolo a spasso (a questo punto la guardia aveva singhiozzato con lui), decise di utilizzare il metodo del 'principe maltrattato' anche in futuro. E, non per fare anacronistiche anticipazioni, ma fu proprio quel metodo che il principe Mordred utilizzò per ottenere seguaci nella successiva ribellione. Ma torniamo al momento di cui stavamo narrando. Quando Mordred smise di singhiozzare, Gwyn (forse per compassione o per evitare un altro pianto) lo lasciò entrare di buon grado nelle stanze di Lancillotto. Una volta dentro, il principe trovò un buon rifugio sotto alla scrivania ricoperta da una lunga tovaglia rossa. Da lì riusciva a vedere perfettamente la porta ed il letto e nessuno l'avrebbe trovato. Aspettò con pazienza una buona mezz'ora. Non accadde nulla. Aspettò un'altra ora e ancora non entrò nessuno. E, proprio mentre iniziava a sospettare che Gwyn l'avesse tradito, si addormentò. Si risvegliò, fresco e riposato, quasi due ore dopo perché un forte rumore aveva interrotto il suo sonno. Si stropicciò gli occhi e si mise a sedere, sbattendo la testa contro il tavolo. Fortunatamente il rumore non venne notato. Gli ci volle qualche minuto per riprendersi dal forte colpo ma quando fu nuovamente lucido si accucciò con grazia e si guardò intorno. Una voce esclamò: "Non ci troverà nessuno, dai, non facciamo nulla di male." Il cuore di Mordred gioì: era la voce di Lancillotto! Tentò di vedere meglio ciò che accadeva nella stanza... e desiderò non averlo mai fatto. Non solo Lancillotto non era con Ginevra ma, sorprese delle sorprese, sembrava essere con un misterioso uomo dai capelli rossi. "Certo, perché siete un idiota incosciente," replicò l'altro uomo ora non più sconosciuto: si trattava infatti di sir Kay. "Quindi ribadisco che il cavaliere migliore sono io!" disse una terza voce che, senza pensarci molto, Mordred riconobbe all'istante. "Vero, Lancillotto? Sono o non sono il migliore di tutti?" continuò questa nuova voce. No, non c'erano dubbi. Mordred chiuse gli occhi e li tenne fermamente chiusi perché la terza voce apparteneva proprio al suo fratellastro maggiore Gawain. "Migliore forse ma decisamente non più resistente di me," sussurrò suadente la voce di Lancillotto. "Cosa? E' assolutamente falso," ribatté Gawain. Lancillotto sembrò ridere o qualcosa di simile. Mordred tentò di coprirsi le orecchie per non sentire. "Non dovrei essere io a decidere?" domandò Kay. "Sir Kay, siete audace questo pomeriggio," ridacchiò Gawain. Seguì un suono impronunciabile. In una vera e propria fuga, Mordred strisciò via dal tavolo, sempre ad occhi chiusi, sperando di finire almeno addosso alla porta e capitombolare fuori da quella stanza. Purtroppo finì realmente addosso alla porta, con un vero e proprio frastuono e ormai visto da tutti. "Mordred!" lo riconobbe subito Gawain. Tieni gli occhi chiusi! si ammonì da solo il giovane principe. "Cosa fate lì per terra?" sibilò furioso il siniscalco del regno. "Volete unirvi a noi?" propose con gioia sir Lancillotto e dei passi si avvicinarono al principe. "No-no! Me ne stavo andando, in realtà!" urlò quasi il giovane Mordred, alzandosi e raggiungendo la maniglia della porta a tentoni. Purtroppo era chiusa a chiave e dovette aspettare fin troppo tempo (sempre ad occhi chiusi) perché Gawain ritrovasse la chiave e lo facesse fuggire. Perché Mordred fuggì e non se ne sentì minimamente disonorato. Corse e continuò a correre. Sembrava che quel giorno non avesse fatto altro che correre. Si fermò per riposarsi ed ansimò ragionando. Evidentemente Lancillotto non era l'amante della regina. Maledizione. Ma questo non toglieva il fatto che la regina si comportasse in maniera sospetta e scomparisse sempre nei momenti più improbabili. Sicuramente aveva un altro amante e lui lo avrebbe scoperto. Questa volta avrebbe agito con una linea diretta. Si sarebbe nascosto nelle stanze di Ginevra, a costo di farsi esiliare da Camelot per comportamento indecente. Raggiunse ben presto la zona del castello riservata alla regina e con qualche civetteria e qualche cicatrice mostrata ("Questa cicatrice sul polso mi è stata fatta da un terribile gigante della Scozia!") Mordred riuscì a corrompere il cuore di due giovani damigelle. Le fanciulle lo lasciarono entrare, sapendolo comunque innocuo, con la promessa che lui avrebbe narrato loro altre avventure. Una volta giunto nei quartieri della regina camminò piano fino alla stanza della donna. Fortunatamente non trovò altre damigelle e la cosa lo insospettì. Se Ginevra non aveva altre donne con lei significava che stava facendo qualcosa di torbido! Muovendosi con la grazia di un gatto, Mordred raggiunse la porta e vi appoggiò l'orecchio. "No no, dovete essere più lento nei movimenti, ecco," esclamò brillante la voce della bella Ginevra. Il principe non riuscì a cogliere la risposta ma riconobbe un tono maschile. Sorrise di soddisfazione. "Siete superbo, ed ora stringete qui." Ah, non solo la donna si era presa un amante ma gli stava anche insegnando le proprie diaboliche arti da adultera. Ginevra sembrò gemere. "Scusate! Vi ho fatto male?" chiese preoccupata la voce maschile. Era Galahad. Non c'erano dubbi. Si trattava della voce di Galahad. Galahad e la regina? Qualcosa sembrò morire nel cuore di Mordred ed il suo stomaco decise che era il momento giusto per mettersi a brontolare per la fame. "No, state andando bene." "Grazie, Ginevra." No, non poteva essere Galahad. Non lui! Lui che era sempre gentile con tutti e che non si lasciava mai impietosire dalle sue storie inventate (e per questo lo odiava terribilmente!). Galahad che sapeva che le sue storie di battaglie valorose erano tutte fasulle ma così non era per i racconti su Morgause. Galahad che gli portava la cena nelle stanze quando non aveva voglia di alzarsi dal letto. E che lo veniva a cercare e stava con lui volontariamente e non perché Artù gli ordinava di tenerlo d'occhio. Sentì uno strano bruciore liquido al margine degli occhi quando la voce di Galahad rise, nella stanza con la regina. Retrocedette di un passo, pronto a fuggire e dimenticare anche quello ma una voce femminile dietro di sé si mise ad urlare. Mordred si voltò in tempo per vedere lady Brusenide, una delle dame più anziane della regina, che gli lanciava una caraffa di ceramica piena di acqua. E tutto divenne buio. Ancora una volta. Quando rinvenne sentì solo un forte mal di testa. La stanza era ricolma di luce e si trovava su un comodo divanetto verde che non aveva mai visto. "Si è svegliato," sussurrò lady Brusenide, con un sospiro di gioia. Mordred ricordò immediatamente che era stata lei a colpirlo. Le scoccò un'occhiata feroce ma subito la sua attenzione venne colta dal volto della regina. Lady Ginevra, con i suoi capelli arancio sempre lunghi e morbidi e gli intelligenti occhi verdi, lo stava guardando con divertita curiosità. "Sir Mordred, come vi sentite?" "Bene, mia regina," riuscì a balbettare il principe, tentando di alzarsi. Si accorse che la risposta era uscita con una strana intonatura nasale e quasi incrociò gli occhi pur di vedere lo stato del proprio naso. "Non temete, non è rotto ma ha sanguinato un po'." "Mia regina io-" Ginevra prese un panno umido e gli tamponò il naso, facendo nuovamente stendere Mordred. "Mi dicono che oggi per voi è una giornataccia," continuò la donna. "Perché è un impiccione che non sa ascoltare," intervenne Galahad. Mordred spostò lo sguardo su di lui e lo trovò seduto ai piedi del divanetto. Gli occhi azzurri, per la prima volta, mandavano scintille irate. Gli venne in mente tutto. Le voci di Galahad e Ginevra nella stanza, i due amanti, e lui che origliava e veniva per questo quasi ucciso. "Volevate uccidermi per salvare il vostro segreto!" "Cosa?" esclamarono Galahad e Ginevra, in coro. "Perché siete- siete- amanti, ecco," ribatté, con voce tremante. Era più difficile di ciò che pensava. Non solo perché era in loro balia e avrebbero davvero potuto ucciderlo ma anche perché l'idea di Galahad e della regina (o di chiunque altro, maledizione) che amoreggiavano lo turbava particolarmente. Contro tutte le previsioni di Mordred, Ginevra iniziò a ridere. Rise di gusto, grugnendo ogni tanto con il naso come era solita fare quando giungevano a corte i comici più abili. Infine si lasciò scivolare a terra e lì continuò a ridere. "L'avete uccisa!" urlò Brusenide, chinandosi sulla propria padrona e tentando di farla smettere. "Santo cielo, Mordred, come vi è venuta in mente una cosa simile?" gli chiese Galahad, alzandosi e venendo a prendere il posto della regina (che stava sonoramente riprendendo fiato). "Vi ho sentiti, io ho sentito cosa dicevate... e la regina, con tutto rispetto maestà, è sospetta quando Artù non è a corte e- maledetto gallo francese! Come avete potuto!" Galahad inarcò le sopracciglia, confuso. "Potuto fare cosa?" "Andare con qualcuno, insomma, avete capito!" "Adoro gli uomini gelosi," sospirò Ginevra, completamente ripresa dall'attacco di risa. "Oh," annuì Galahad, leggermente arrossito. Ma non perse il cipiglio severo. "E quindi, ditemi se ho interpretato bene. Siete andato in giro tutta la mattina a cercare di scoprire chi fosse l'amante della regina. Premettendo che avete presupposto che lei avesse un amante solo perché non gironzolava tutto il tempo dove la potevate vedere." Mordred provò a protestare ma Galahad alzò una mano per fermarlo. "E," continuò il figlio di Lancillotto, "siete poi giunto nelle stanze della regina, avete sentito una conversazione di due persone, che stavano ballando, e avete presupposto che fossero amanti. Siete caduto, avete battuto la testa e ora mi accusate di tradirvi quando io e voi non siamo mai stati niente." "No io-" "E' così?" "No!" "E' così." "Non sono caduto! Lady Brusenide mi ha tirato addosso una caraffa." Ginevra scivolò di nuovo a terra e ricominciò a ridere. Mordred aprì la bocca per aggiungere qualcosa ma si bloccò subito. "Avete detto ballare?" domandò poco dopo. "Sì. Ginevra mi stava insegnando a ballare." "Oh." "Già, oh." "Perché?" "Per il ballo del mese prossimo. Il ballo che Ginevra sta organizzando per il compleanno di Artù. Per questo è sempre occupata." "Ah." "Già, ah. E volete sapere una cosa? Ginevra farà un ballo in maschera dando il permesso a chiunque di ballare con chiunque." "Ah sì?" "Ed io stavo imparando a ballare per voi, maledetto idiota! E mi fate anche ingiuriare. Dio, ti prego, perdonami," aggiunse infine Galahad, sinceramente, con gli occhi verso l'alto. "Sono sicura che vi perdonerà," esclamò Ginevra, di nuovo in sé. "Per me?" domandò timidamente Mordred, sentendosi, per una volta, un vero imbecille (Morgause non saprà MAI di questa storia, si promise). Galahad annuì. "Siete arrabbiato?" "Sono sconvolto per il modo disonorevole in cui vi siete comportato." "Volete ancora ballare con me alla festa?" domandò Mordred, tentando di guardare ovunque ma non verso Galahad. "Sì, perché sono troppo buono." "Sì, siete troppo buono," ripeté Mordred, tentando di addolcirlo con dei complimenti. "Posso chiedervi un'altra cosa?" "Sì, potete," concesse Galahad. "Posso imparare anch'io a ballare?" Il figlio di Lancillotto lo osservò sorpreso. "Pensavo foste cresciuto in un castello." Sì, Mordred era cresciuto in un castello pieno di possibilità per feste e festini mentre Galahad era nato e cresciuto in un un tetro monastero. Ma Morgause non aveva mai insegnato nulla a Mordred. "Sì, sono cresciuto nel castello di re Lot. Ma ad ogni festa finivo rinchiuso in una delle stanze di Morgause e mi facevano uscire solo finito il ballo." Galahad lo osservò seriamente e Mordred capì che aveva capito. Quella non era una delle sue tante menzogne senza senso. Ginevra lo interrogò con lo sguardo. "Lot e Morgause non volevano che la gente notasse la mia somiglianza con Artù," spiegò il principe. "Ma voi siete più brutto di Artù," commentò ingenuamente la regina. "Ehi! Questo è il genere di crudeltà che mi porterà nella tomba," si compianse il povero Mordred. Ginevra lo prese per mano e lo fece quindi alzare immediatamente. "Tacete e non lamentatevi, insegnerò a ballare anche a voi!" Purtroppo Mordred, che non si era ancora ripreso dal colpo ricevuto, cade a terra ancora svenuto. Fu così che Mordred imparò a ballare. Imparò anche che raccontare storie strappalacrime sulla propria infanzia era un buon metodo per far fare agli altri ciò che voleva, escluso Galahad che non era facilmente malleabile. Conobbe anche il senso della frase 'scheletri dell'armadio' e da quel giorno evitò sempre di entrare in stanze senza prima aver bussato. Non riuscì più a guardare negli occhi i suoi fratelli ed arrossì ogni volta che vide Kay o Lancillotto. Ma quello che scrisse nel suo libro degli eventi quella sera fu: Oggi, venerdì 2 gennaio, ho fatto arrabbiare Galahad (un ottimo traguardo!) e mi sono innamorato di lui.
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