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#1661 | |
Dama
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Citazione:
"Signore" dissi facendo un passa in avanti "sono Llamrei e come potete notare indosso un abito religioso. Gli uomini che sono qui con me sono persone fidate alle quali ho chiesto aiuto in una impresa alquanto difficile da compiere. Ho necessità di avere a disposizione un carro e delle vettovaglie, il necessario per giungere fino a Capomazda. Spero non mi negerete questo favore" |
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#1662 |
Cittadino di Camelot
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Residenza: Un paese invisibile ad occhi umani...
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Lascai le mani di Talia e mi allontanai, permettendo ad Icarius di avvicinarsi. Ma Talia non parlò, non fece nulla.
Layla si stava prendendo gioco di noi. "Nobile Taddei, temo che vostra moglie sia stata incantata. Non è forse così, Layla?" la fissai, i suoi occhi erano più gelidi del ghiaccio. Non c'è altro modo... però non l'ho mai fatto, ma devo. Mi allontanai ancora di qualche passo, chiusi gli occhi e mi concentrai. Anche ad occhi chiusi, vedevo Layla, davanti a me. La luce azzurrina gli avvolse completamente la testa, cercando di trovare uno spiraglio, per tuffarsi nei suoi ricordi. Ma non ci riuscì. Sentii un urlo straziante, mi portai le mani sulle orecchie, ma non cessò. Aprii gli occhi di scatto e guardai Layla, che sorrideva malefica. Mi ha sentita... Ha delle forti barriere innalzate attorno alla sua mente. Tutti stavano ancora guardando Talia, nessuno si era accorto di ciò che era successo; tranne Luna. Ormai avevo capito che solo di sua spontanea volontà Layla ci avrebbe detto cosa le aveva fatto, così decisi di rimanere al gioco. "Allora, mia Signora, non ci accogliete nel vostro sontuoso palazzo? Sapete, il viaggio è stato lungo e spossante. Le saremmo grati infinitamente se potessimo stare qui qualche giorno, per recuperare le forze..." Guardai Icarius e Lho per trovare la loro approvazione. Magari alloggiando qui, riuscirò a capire cosa ha fatto a Lady Talia, ma se non lo scoprirò entro tre giorni... me ne andrò via da qui. Non posso fermarmi più a lungo. Dovrò informare Icarius...
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"La Morte non è una punizione, ma una liberazione" Dragon Heart. ![]() |
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#1663 | ||
Cittadino di Camelot
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La mia mente era sempre più confusa e incerta, faticavo a mettere ordine tra le idee perché tutto accadeva troppo in fretta...
Parole, voci, l’eco di ricordi fuggevoli... tutto si accalcava e si confondeva nella mia mente nebbiosa. Poi il cavaliere si avvicinò a me e la sua sola vicinanza bastò perché la mia anima tremasse con tanta forza da stordirmi... Citazione:
Ancora quel nome... Talia... La voce del cavaliere salì di tono, c’era rabbia in essa e mi parve di cogliervi anche paura... Capomazda, aveva detto... la luna di Capomazda... Una lontana eco attraversò per un istante la mia mente... Un giardino, il tenue chiarore lunare, un profumo intenso di primavera... Stelle... Una sensazione di benessere, una quieta e intensa felicità... Fu un attimo soltanto, così chiusi in fretta gli occhi, nel tentativo di tenere quel breve lampo dentro di me ancora per qualche momento... volevo rammentare, volevo scavare in esso e vedere di più... Ma non lo feci: le loro parole mi interruppero... Citazione:
Per ultimo il mio sguardo si posò sul giovane cavaliere, che era rimasto il più vicino a me... Osservai i suoi occhi ancora per un momento e di nuovo un lampo solcò la mia mente alla velocità della luce. Quegli occhi così belli, ma freddi come il ghiaccio... Uno sguardo sprezzante nell’azzurro cristallino... Quello stesso azzurro intenso che sapeva essere così brillante e luminoso... Occhi capaci di trasmettere la gioia per viva e vibrante... Occhi luminosi come l’alba... Un violente capogiro mi colse... barcollai un istante, abbassai lo sguardo e mi portai una mano alla fronte... Continuavo a vedere immagini... confuse, sconnesse, caotiche, fuggevoli... Cosa rappresentavano quelle immagini? Presi un profondo respiro, poi sollevai di nuovo i miei occhi in quelli del cavaliere... “Io purtroppo non ricordo niente, mio signore...” mormorai “Non ricordavo il mio nome, né niente di me. Non ricordo neppure come sono giunta in questo giardino. So soltanto ciò che Layla mi ha detto: ella mi ha parlato della mia malattia e della convalescenza. Ma la mia mente è fitta di nebbia, milord... una nebbia dalla quale non traspaiono che immagini confuse e che io non sono capace di decifrare.”
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** Talia ** ![]() "Essere profondamente amati ci rende forti. Amare profondamente ci rende coraggiosi." ![]() |
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#1664 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Mai stata in un bordello? Vorrei vedere!” Disse Guisgard a Melisendra con un lieve sorriso. “Però non mi tornano i conti…” mormorò “… vi vedo un pò troppo accondiscendente nei miei confronti… ed anche stranamente docile…” sorseggiò un pò di quel liquore “… e comunque non credo che voi siate poi così terribile, ma solo guardinga… anche se non vedo il motivo per il quale continuare ad esserlo… del resto avete un grande vantaggio su di me, milady, visto che potete leggere nei miei pensieri… perciò, converrete, dovrei essere io a stare in guardia e non voi…”
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#1665 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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A quelle parole di Talia, Icarius sentì il suo cuore come fermarsi e la terra sotto i suoi piedi franare.
Layla sorrise di nuovo. Un sorriso di soddisfazione unita ad astio, disprezzo, forse addirittura odio. Un odio profondo che sembrava provenire da lontano. Molto lontano. Allora Icarius cercò lo sguardo dei suoi amici. Soprattutto quello di Sayla. “Ora vi prego di seguirmi, miei signori…” disse Layla “… che non si dica, come ha già insinuato qualcuno, che qui non vi sia degna ospitalità.” Fissò per un attimo Sayla con un sorriso sprezzante. Li condusse così nel suo palazzo. Per giungervi attraversarono il cortile, fiancheggiando il magnifico verziere. Videro ovunque musici e giovani dame, fanciulli e superbi molossi, valletti ed esotiche odalische. Uno scenario tanto fiabesco da risultare irreale. Furono condotti in una grande anticamera, con mobilia di raffinatissimo gusto e meravigliosi ritratti alle pareti. Armi e statue abbellivano quel luogo, mentre sul grande tavolo al centro vi erano vassoi colmi di frutta di ogni genere ed elisir di tutti i colori conosciuti. “Guarda quella frutta…” indicò Lho a Sayla “… non può esserci in questa stagione dell’anno…” Ad un tratto apparve loro Shezan. “Avete ordini per me, mia signora?” Chiese a Layla. “Si, puoi servire la frutta ai nostri ospiti.” Così i nuovi arrivati poterono mangiare e bere dopo le fatiche di quel lungo viaggio. Icarius per tutta la sera non tolse mai lo sguardo da Talia. I suoi modi, il suo atteggiamento, persino ogni sua più piccola ed impercettibile espressione erano quelle che lui conosceva di lei. E lui le conosceva tutte. Come accade con il proprio quadro o libro preferito. Come di una poesia letta sin da piccoli e rivisitata ogni qualvolta il cuore ricerca quelle sensazioni sopite fra i suoi versi. Icarius conosceva quel volto perché lo aveva sognato ogni notte. Dopo quel pasto, gli ospiti furono fatti accomodare sulla bellissima terrazza che si apriva al primo piano del sontuoso palazzo. La quiete della sera avvolgeva ogni cosa, mentre il canto dei grilli, celati tra i cespugli fioriti, accompagnava l’incanto di quell’idilliaco scenario. “Che luogo è questo?” Chiese Lho a Shezan. “In quale dominio ci troviamo? Chi è il signore di queste terre?” Ma l’eunuco non rispose. “Cosa c’è? Puoi parlare solo quando te ne da il permesso la tua padrona?” “Si, mio buon guardiano.” Disse all’improvviso Layla che proprio in quel momento, accompagnata da Talia, li raggiunse sulla terrazza. “Guardiano?” Ripeté Lho. “Si, guardiano del vostro signore.” Rispose lei. “Non lo siete forse?” “Avete fatto bene a rammentarlo, mia signora.” Annuendo Lho. “E lo sarò fino alla morte.” Layla piegò lievemente il capo in segno di approvazione. “Perché avete voluto che giungessimo qui?” Chiese Icarius. “Perché, se non ricordo male, mi dovevate un fiore, milord.” “E voi mia moglie.” “Non è colpa mia se ella non ha atteso il vostro ritorno.” Rispose lei. “E voi sapete meglio di me che in amore le forzature e le costrizioni non servono a nulla.” “Vorrei parlare da solo con mia moglie.” Layla lo fissò. “Vorrei parlare da solo con lei…” fece Icarius, quasi correggendosi, indicando Talia “… per favore, milady…” “E sia.” Acconsentì Layla. “Ma solo in mia presenza.” “Vi ringrazio. Milady…” rivolgendosi poi a Talia “… vorrei mostrarvi una cosa… potreste seguirmi?”
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#1666 |
Cittadino di Camelot
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Non ascoltai Lho, non ascoltai nessuno. Camminai, con lo sguardo chino a terra; non riuscivo nemmeno a pensare con tutto quel trambusto dentro di me.
Theenar si era risvegliato e una voglia irrefrenabile di sangue si stava impossessando di me, no anzi, stava solo riemergendo da dove l'avevo sepolta. Quando Layla ci fece accomodare sulla terrazza, esplosi, il più silenziosamente possibile. Mi alzai di scatto dalla sedia sulla quale ero seduta e afferrai saldamente il polso di Luna, che si trovava in piedi davanti a me. "Devo tornare alla Tana, Luna! Theenar mi reclama! Il Signore del Sangue non può aspettare, devo andare!" bisbigliai. Stavo davvero male. Sentìuna sensazione di calore e di pace infondersi dentro di me e, anche se solo per poco, Theenar si placò. Grazie, Luna... Sto perdendo la testa, ormai... Nel frattempo Lho aveva avuto un' accesa discussione con un uomo che ci stava "sorvegliando". Poi arrivarono Layla e Talia. Icarius chiese alla misteriosa donna, di poter parlare con la moglie in privato, ma ella acconsentì solo alla condizione che anche lei fosse presente. Mi irritai. "Ha chiesto in privato, se voi sarete lì, tanto vale che si parlino qui davanti a tutti..." dissi, furiosa. "Non le pare, mia Signora?" aggiunsi sprezzante. In quel momento avrei tanto voluto prendere il mio pugnale e conficcarlo nel collo di quella donna, chiunque fosse. Mi stava davvero facendo arrabbiare. Sto perdendo davvero troppo tempo. Tre giorni, non di più...
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#1667 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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Residenza: Dalla terra più nobile che sorge sotto il cielo
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“Sei giovanissima” disse Layla voltandosi con sdegno verso Sayla “eppure mostri già la stessa irriverenza tipica di quelle sciocche dame di corte!”
Shezan fece un passo verso Sayla con aria alquanto minacciosa. “Resta indietro tu.” Fece Icarius, ponendosi fra lui e la ragazzina, mentre Lho aveva già portato la mano sulla spada. “Grazie, Shezan, ma resta al tuo posto.” Annuendo Layla. “Vi ricordo che siete ospiti qui, milord.” Rivolgendosi a Icarius. “E riterrò voi responsabile per ogni atto di scortesia da parte dei vostri compagni.” Nishuru allora prese per una mano Sayla e la condusse via da quel battibecco. I due raggiunsero il parapetto della terrazza. “Placa la lingua, o finirai col mettere nei guai il tuo Arciduca.” Mormorò sottovoce a Sayla. “Non conosci nulla di questo luogo ed ignori quale sia il reale ruolo di quella donna… sii dunque cauta…”
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#1668 |
Cittadino di Camelot
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Residenza: Dai boschi nebbiosi
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"Pensate davvero che possa leggere nei vostri pensieri? In tal caso, se fossi in voi, starei molto attento..." sorrisi furbescamente. Poi scoppiai a ridere. "No, davvero... non posso leggervi nella mente, ho solo qualche intuizione, un po' come quando voi guardate il volto di qualcuno e capite se è triste o allegro... percepisco le emozioni, ma non posso strapparvi i vostri segreti, quindi smettete di preoccuparvi."
Posai il bicchiere. Quel vino era delizioso, ma già lo sentivo inebriarmi. "Questo luogo è molto interessante... soprattutto per quello che sento, come una sottile ragnatela di energie. Il desiderio è la miglior fonte di nutrimento per noi... c'è una leggenda che parla di come siamo nate. Ve la racconterò..." Mi sistemai più comodamente sui cuscini e incominciai. "C'era una donna mortale, molto bella, di nome Aifa. Ed era sposata a un marito geloso, che la teneva nascosta agli occhi del mondo, chiusa in un palazzo circondato da alte mura. Lei era spesso da sola e il suo sposo non era gentile con lei. La ragazza si struggeva, passava le ore a rimpiangere il suo triste destino, condannata a non provare mai quei sentimenti d'amore che aveva tanto spesso ascoltato nelle ballate. Aifa passeggiava in giardino tutte le sere, poteva farlo solo dopo il crepuscolo, quando anche la luce del giorno avrebbe nascosto la sua bellezza. Una notte gli spiriti la videro e il suo bel volto triste li mosse a compassione, iniziarono a sussurrarle dolci parole e bellissime melodie nel vento. Ogni notte usciva e mostrava il suo volto alla luce delle stelle. Gli spiriti divennero sempre più audaci, più stavano insieme e più lei tornava a sorridere, se ne innamorarono e lei li amò a sua volta, così intensamente che quel desiderio crebbe tanto da trasformrsi in realtà. E quando gli spiriti, accorsi in gran numero e follemente innamorati, si insinurono nella sua camera e lei li accolse. La giovane Aifa era felice ma, con sua grande sorpresa, scoprì che ciò che era successo non era stato privo di conseguenze. Quel desiderio era germogliato dentro di lei. Si disperò, pensando che il suo sposo l'avrebbe uccisa. Ma lui non lo scoprì mai, perchè gli spiriti la liberarono dalla sua prigione e la donna fuggì con loro... fin qui sembra una bella storia." Bevvi un sorso dal mio calice e continuai. "Però gli dei si adirarono molto: gli spiriti avevano fatto qualcosa di proibito. Quindi li chiusero nella loro solitudine e per ristabilire l'equilibrio condannarono anche la stirpe della donna. Il desiderio di cui bruciava Aifa era diventato una bambina, una bellissima figlia capace di suscitare tempeste nel cuore degli uomini... ma loro stabilirono che tutte le sue discendenti non avrebbero mai avuto pace, perché proprio ciò che amavano, era ciò che avrebbero dovuto distruggere per sopravvivere. Non avrebbero mai potuto amare gli uomini, solo nutrirsene. E quei baci che Aifa aveva tanto desiderato, sarebbero diventati il prezzo da pagare... per questo i nostri baci possono essere mortali." Tacqui per un attimo, pensando che non ricordavo esattamente chi me l'avesse raccontata. Era come un ricordo frammentario nella mia memoria. "Credo me la raccontasse mia madre... non ne sono certa..." Tamburellai con le dita. "E ora ditemi qualcosa voi... qualcosa che non so." Lo guardai con curiosità.
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#1669 |
Cavaliere della Tavola Rotonda
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“Stasera vedo che avete voglia di parlare…” disse Guisgard sorseggiando il suo vino liquoroso “… sarà il vino, questo posto o la magia della notte di Capomazda?” Sorrise. “Molto bella quella storia… io non credo che sia triste… Aifa ha amato gli spiriti e dall’amore non può mai nascere il male… ma so già cosa state pensando!” La fissò divertito. “Sono un sognatore ed un romantico, vero? Beh, forse lo siamo un pò tutti, no? Tutti sogniamo… io, comunque, avrei fatto la stessa cosa degli spiriti…” fissandola senza più quel suo sorriso vagamente irriverente “… avrei atteso la notte per poterla vedere e poter parlare con lei…” finì il suo bicchiere di vino.
“Qualcosa di me…” aggiunse sdraiandosi sui variopinti cuscini sui quali erano seduti “… qualcosa che il vostro magico intuito non può sapere… vediamo… beh, potrei raccontarvi anche io una storia… una vecchia storia… di una donna follemente innamorata… che poi si ritrovò da sola ad allevare un bambino che gli ricordava ogni giorno ciò non poteva mai più avere… la Gioia… non so quante volte ho udito questa parola al mio arrivo a Capomazda… sembra un’ossessione… la Gioia…” restò un attimo in silenzio “… mia madre adorava i miei occhi… diceva che erano gli stessi di quelli di mio padre… forse per questo io invece li detesto…” ![]()
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#1670 |
Cittadino di Camelot
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"La Gioia... sì, ho sentito qualche storia sulla Gioia... parlavano di una maledizione...", cercai di ricordare. Presi un acino d'uva e lo portai alla bocca. Dolce e asprigno.
"Forse quello che non perdoniamo ai nostri padri è proprio di non essere riusciti a liberarci da quelle colpe antiche... dimenticando che anche loro non erano altro che semplici anelli della catena e che devono aver provato questo stesso senso di impotenza." Lo guardai negli occhi e sorrisi. Profondi occhi nocciola. "Non dovreste odiare i vostri occhi... non vedo niente di male in essi. Sono occhi gentili." Sorrisi nuovamente e tornai a rimirare i riflessi dorati del vino nel mio calice. Quel colore mi affascinava, specialmente il suo riflesso alla luce delle candele. "Non dovreste odiare nessuno... l'odio è per l'animo ciò che il sale è per la terra. Me lo ripeto spesso, per non perdere me stessa." Mi schiarii la voce, come a voler cambiare argomento. "Forse avete ragione, questa sera sono particolarmente loquace... dovreste approfittarne!" accennai a un sorriso.
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